VI DEL TEMPO ORDINARIO - Mt 5, 17-37
(Mt 5, 17-37)
Si sa che tutte le religioni hanno un loro codice di comportamento, così come alcune professioni umane nel corso della storia si sono date un codice etico per orientare le scelte e le azioni nella complessità della vita quotidiana. Analogamente Gesù poteva consegnarci, come aveva già fatto Mosè, un elenco di cose giuste da fare, magari semplificando quell’elenco di 613 comandamenti che erano una sorta di precisazione dei comandamenti dati a Mosè. Infatti al tempo di Gsù erano ben 613 i precetti da osservare. Di questi 365, corrispondenti ai giorni dell’anno solare, erano ngeativi e 248 affermativi e corrispondevano al numero delle membra del corpo umano (Talmud di Babilonia).
Come a dire: agisci così che sei gradito a Dio, comportati seguendo questa casistica che potrai dire di essere a posto. Onestamente poteva essere sufficiente questo. Magari Gesù avrebbe potuto farne una sintesi, una semplificazione … e tale poteva essere il vangelo di oggi. Ma non avremmo più potuto chiamarlo “vangelo”, sarebbe stato per l’appunto riproporre un codice di comportamento, una carta etica, cosa lodevole e buona – a cui Gesù notate non toglie nemmeno una virgola! -.
Ma è proprio vero che quando uno arriva a dire: non ho ammazzato, non ho rubato, non faccio niente di male … è felice? Non è vero piuttosto che diventa facilmente ipocrita perché vivendo “ai minimi termini” tradisce la propria vocazione di uomo e di donna? Quando Gesù proclama le Beatitudini annuncia il Vangelo del Regno va oltre la legge, le regole, le norme, i comandamenti, non li abolisce perché sono sempre validi, ma ci apre a una libertà inaudita perché la nostra vita non può avere come orizzonte la legge, il nostro orizzonte è l’immagine di Dio che l’Eterno ha messo nel nostro cuore. La legge sono i binari sui quali la nostra vita corre, ma la direzione della vita viene e va verso l’Eterno.
In questa luce possiamo comprendere i quattro esempi che abbiamo ascoltato dalle parole di Gesù e che ci introducono in una dimensione altra, più vera e profonda, quella nella quale anche i comandamenti trovano il loro senso.
Il comandamento dice che non devi uccidere, e questo rimane sempre vero. Ma Gesù dice: non solo non devi uccidere, anzi l’altro sia per te un riflesso di Dio, impara a vedere in lui un figlio amato e quindi da sostenere, perdonare perché è figlio come te. Gesù va oltre la regola, sia pure importante e che permane nel suo valore, e dice che il fratello non si riduce al suo errore, al suo sbaglio.
Cosa che invece ci è più famigliare che mai. Non definiamo uno che ruba, un “ladro”? Uno che usa violenza, un “violento”? Uno che dipende da sostanze stupefacenti, un “drogato”? Riducendo tutta la vita di una persona ad un suo comportamento sbagliato compiamo un’operazione ingiusta e iniqua: cancelliamo l’immagine di Dio che è in lui. Questo non significa non distinguere più il bene dal male, ma distinguere il peccato dal peccatore, perché l’uomo per quanto si allontani da Dio, non cancella l’amore che Dio ha per lui.
Allora è importante non generalizzare il giudizio sul comportamento dell’altro e ridurlo tout court al suo errore: ecco il vangelo, la buona notizia. Dio ha sempre accolto il desiderio di cambiamento espresso anche dal peccatore più incallito. Se tu non coltivi sentimenti di misericordia e di amore, se tu accetti in qualche modo di uccidere il fratello con una parola, con un sentimento, per te è come se fosse già morto. L’omicidio non nasce per caso. L’interpretazione minimalista è che solo gli atti e non le intenzioni, sono perseguibili dal tribunale umano, ma se tu non curi il tuo cuore, se non sradichi dall’intimo tuoi sentimenti di cattiveria e non togli dalla tua bocca parole offensive, in qualche modo ti sei già messo sulla strada dell’omicidio.
Il secondo e il terzo esempio citati dal Signore riguardano il rapporto uomo-donna. Già la legge aveva la preoccupazione di proteggere una questione tanto bella, quanto fragile e delicata. Ma Gesù volendo continuare la linea del compimento della Torah, va alla radice dei comportamenti che possono attentare a questo disegno d’amore. Se lo sguardo sull’altro diventa possessivo, la relazione non sarà di amore e di dono, ma vivrà secondo una logica di possesso e di sfruttamento dell’altro. Quando coltivi un pensiero possessivo non è necessario compiere l’adulterio, perché questo è già avvenuto nel cuore.
In che senso possiamo accogliere le parole così radicali del Signore, al punto che suggerisce di cavare l’occhio e tagliare la mano? Il linguaggio è volutamente provocatorio: occorre agire e intervenire sui desideri possessivi fin dal loro sorgere, fin da subito, perché il rischio di cedere e di confondere il male con il bene può condurre facilmente e senza che uno se ne renda conto, a cercare relazioni in cui non si vede più il volto dell’altro, ma solo un corpo da sfruttare.
È nauseante quanto siamo oggi soggiogati dalla seduzione dell’immagine nella quale sopratutto la donna è ridotta a oggetto, oppure a strumento di persuasione per incentivare gli acquisti e i consumi. È una mentalità nella quale i nostri figli crescono senza che possano incontrare chi annunci loro la bellezza del disegno d’amore di Dio, una bellezza che esige la capacità di una disciplina dei desideri per poter realizzare l’opera d’arte che il Signore ha iscritto nei nostri cuori.
Infine abbiamo ascoltato un quarto esempio di come il vangelo non cancelli i comandamenti, ma vada in profondità: la verità nel parlare. Il decalogo comanda che non si pronunzi il nome del Signore invano, il che equivale a non giurare il falso nel nome dell’Eterno. E questo è bello, ma se ben ci pensate, implicitamente si avalla l’idea che quando si parla al di fuori del giuramento, la parola pronunciata senza il vincolo di giuramento possa anche non essere veritiera!
C’è una legge che sembra dire: per alcune cose mantieni il giuramento, per le altre fa’ come credi. Gesù dice: non devi avere bisogno di giurare; così che alcune volte devi essere vero e altre no. Sii sempre vero e autentico al punto da non aver bisogno di appoggiarti a giuramenti di alcun tipo.
In sostanza non si tratta di cancellare i comandamenti, ma nemmeno ci basta poter dire di non aver rubato, di non aver ucciso … (di questi tempi sarebbe già una gran cosa). Non ci accontentiamo di un’osservanza che spesso scivola nell’ipocrisia, ma chiediamo all’Eterno di agire e di pensare, in una parola di vivere avendo sempre la sua Parola come riferimento ultimo e vero. Di vivere appunto “diversamente” , nello spirito delle Beatitudini.