CIRCONCISIONE DEL SIGNORE - Lc 2, 18-21
Nella prospettiva di ciò che stiamo vivendo, ovvero il passaggio da un anno a un altro anno, in questo scorrere del tempo, ascoltare il vangelo del nome di Gesù è già una benedizione. Le cose vanno e vengono, ogni anno cerchiamo di tirare le somme di un tempo vissuto faticosamente e ci auguriamo che l’anno che ci sta innanzi possa portare un miglioramento, possa portare serenità… Su questo scandire del tempo, il vangelo ci annuncia che il bambino nato a Betlemme è una benedizione per noi.
È una benedizione almeno per due motivi: il primo è perché Gesù viene circonciso. Non è importante in sé questa cosa, infatti dopo Gesù non sarà più necessaria, ma per il suo significato, perché assumendo anche questo segno su di sé, Gesù partecipa a pieno titolo del suo popolo, si immerge in tutto e per tutto nell’alleanza fatta ad Abramo, perché questo era il significato della circoncisione del patriarca e della sua discendenza.
Ed è importante che anche lui venga sottoposto a questo segno di appartenenza, anche se dopo di lui non sarà più necessario, perché non sarà più qualche goccia di sangue a segnare un’appartenenza, ma sarà una vita intera, una vita donata a segnare l’appartenenza a Dio di tutta l’umanità.
E poi l’altro motivo è dato dal fatto che Gesù nell’ottavo giorno riceve il nome con cui sarà poi sempre identificato, ed è un nome che dice la sua missione, il suo compito nel mondo e nella storia dell’umanità, Gesù significa appunto Dio salva. E di fronte a questo nome, come scrive Paolo, che è al di sopra di ogni altro nome, anche noi ci inginocchiamo, stiamo in silenzio, preghiamo, cantiamo e chiediamo di essere salvati.
È vero però che quando noi pronunciamo un nome in genere abbiamo in mente una persona, un volto. Ogni nome nella nostra mente e nel nostro cuore si associa a una persona, a un volto. E questo con Dio non era stato possibile, anzi era proprio proibito fare una qualsiasi immagine di Dio. Potremmo dire che la benedizione di Aronne era rimasta un poco incompleta perché il testo della benedizione insiste nell’invocare Dio affinché faccia risplendere il suo volto, perché rivolga il suo volto su di noi… ma quale volto? di quale volto appunto parliamo, se non quello di Gesù? È nel nome di Gesù che anche noi attraversiamo il tempo, con la benedizione che viene da lui, il Benedetto.
Ed è ciò che abbiamo pregato insieme nel salmo 66: Dio ci benedica con la luce del suo volto. Il volto visibile di Colui che è da sempre invisibile è quello di Gesù, è quello del bambino di Betlemme. È bello iniziare l’anno appunto sapendo che Dio in Gesù rivolge su di noi il suo volto, non gli siamo indifferenti, lo sguardo del Signore si posa su di noi.
Se qualcuno rivolge a noi il suo volto, se ci guarda con simpatia, se lo sguardo incrocia il nostro è perché gli stiamo a cuore, perché la nostra vita è importante per lui. Allora è importante invocare il nome di Gesù, perché questo nome dice che Dio ci vuole salvi. L’abbiamo ripetuto nelle diverse celebrazioni di questi giorni, Gesù ci salva dalla paura, dall’angoscia, dal peccato, dal non senso… ma di fronte a un nuovo anno da che cosa chiediamo al Signore di essere salvati?
Ce lo suggerisce Papa Francesco che, nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace, ci invita a chiedere di essere liberati dalle schiavitù.
Ma noi siamo liberi, non dobbiamo nemmeno più fare la circoncisione! È evidente che in confronto a tante situazioni nel mondo, noi godiamo di una maggiore libertà, ma non possiamo negare che di fronte al nuovo anno potremmo chiedere al Signore di essere liberati anche noi dalle nostre schiavitù piccole o grandi che siano.
Ognuno di noi potrebbe, raccogliendo qualche riflessione alla fine di un anno, cercare di identificare da che cosa chiedere al Signore di essere liberato. Basterebbe guardarci intorno per vedere quanta gente soffre, sta male, è semplicemente insoddisfatta perché le cose non vanno come vorrebbe, perché la vita presenta sfide e questioni che non si sarebbe aspettata. Cos’è questa cosa se non una sorta di schiavitù degli schemi mentali che uno si costruisce su come debba essere la vita. Tantissima gente soffre perché vive con un’astrazione dal reale che fa male. Tante volte uno soffre perché si è fissato un’idea impraticabile.
Non siamo mai contenti e allora vorremmo un’altra vita, vorremmo le cose diversamente… ma se mi lascio lusingare per altre vite, vuol dire che rifiuto la vita che ho. Uno vuole un altro corpo ma così facendo smette di benedire il corpo che ha, mentre Dio ti ha benedetto così.
Il problema è quando imponiamo degli schemi sulla vita e sulle persone, e allora non percepiamo la benedizione. Proviamo a osservare uno scultore che lavora il legno: ha in mente un’idea, ma poi deve obbedire alle venature del legno e se vuole fare una cosa e lì incontra un nodo, deve obbedire al legno.
Anche gli scultori di marmo devono assecondare le recondite venature di un materiale che ha una sua conformazione complicata.
Noi siamo benedetti da Dio esattamente come siamo. Quanta gente è triste, infelice perché sforzata, costretta in schemi cui deve costringere la vita. Bisogna obbedire alla realtà. Se il tempo presenta queste difficoltà, non posso vivere lamentandomi in continuazione che le cose dovrebbero andare diversamente, perché anche quel tempo non sarà benedetto.
Occorre che viviamo obbedendo alle potenzialità della realtà assecondando quello che la vita ci dà. Non entriamo nel tempo che ci sta innanzi con superstizione, ma nell’obbedienza alla benedizione di Dio che c’è già su di noi.
Papa Francesco poi ci invita ad allargare lo sguardo e a vedere come ancora oggi sono molteplici i volti della schiavitù: tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori; molti immigrati che sono soggetti al «lavoro schiavo», le schiave e gli schiavi sessuali; i minori e gli adulti fatti oggetto di traffico per l’espianto di organi, arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali; coloro che vengono rapiti e asserviti dai gruppi terroristici… tutte persone che non sono più percepite «come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine».
Di fronte a queste situazioni complesse, papa Francesco, chiede come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, chiudono un occhio.
«Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà».
Ponendoci sotto il volto e il nome di Gesù chiediamo a Lui di aiutarci a iniziare un anno benedetto, ci sostenga nell’impegno di vincere quelle schiavitù che impediscono a noi stessi anzitutto di essere felici e tutte quelle che impediscono all’umanità di diventare una vera fraternità.
(Nm 6, 22-27; Fil 2, 5-11; Lc 2, 18-21)