I DI QUARESIMA o Domenica all’Inizio di Quaresima - Mt 4, 1-11


(1Cor 5, 18-6,2; Mt 4, 1-11)

Ascoltando l’esperienza delle tentazioni di Gesù, viene da ripensare alle nostre tentazioni, a tutte le volte che siamo caduti, alle volte che ci siamo lasciati andare e a tutte le volte in cui invece abbiamo vinto e superato la tentazione e la prova. Nel linguaggio biblico il termine «tentazione» significa anche prova. La tentazione è una prova. La prova è un momento preciso della vita, è il momento in cui possiamo andare avanti o tornare indietro. È l’occasione per andare «oltre» oppure per ritornare sui propri passi.

Non solo, ma quando nel cuore è seminato il dubbio, improvvisamente tutto diventa incerto e quello che facciamo ci pare senza senso; quando si risveglia il ricordo dei peccati commessi nel passato come se fossero stati commessi oggi; quando il nostro cuore è pervaso da una profonda tristezza perché nonostante le tante quaresime ci pare di essere sempre allo stesso punto… ecco l’ora della tentazione, del buio, del sentirci in balìa del tentatore senza possibilità di difesa. Questa è la prova più dura, perché non sono semplicemente messe alla prova le nostre forze, ma è proprio quando perdiamo tutte le nostre forze e siamo alla mercé del Satana, del tentatore senza alcuna speranza. Ci manca la speranza di farcela, di non soccombere e allora la vita ci scorre via senza gusto, senza gioia.

L’austero segno delle ceneri che abbiamo ricevuto sul capo ci rimanda a questa dimensione esistenziale. La cenere era un candeggiante un po’ particolare: lo usavano le nostre bisnonne quando andavano al fiume o al lavatoio per sciacquare i panni. In quei tempi quando si imponevano le ceneri ci si sentiva dire: Polvere sei e polvere tornerai! Cosa vera ma solo in parte, perché noi siamo più che polvere! Siamo figli amati da Dio. Infatti oggi ci siamo sentiti dire: Convertitevi e credete al Vangelo. Che è un invito, un imperativo a tornare non alla polvere, ma al Vangelo!

La quaresima è l’occasione come diceva Paolo per «riconciliarci con Dio», per non avere paura di lui, ma riconciliarci come figli, perché questo è il dono che abbiamo in Gesù. La questione è che questo non è un dono statico, come nessun figlio è fermo a un’età della vita, ma è sempre in crescita, in divenire. Così anche il nostro essere figli di Dio non è una cosa che possediamo come se fosse un pacchetto ben confezionato, ma è un seme che dobbiamo far crescere lungo tutto il cammino della nostra vita – ecco appunto i quaranta giorni di Gesù, i quarant’anni del popolo ebraico nel deserto -, tutta una vita come un grande cammino di liberazione, per passare dalla schiavitù alla dignità di figli.

Il figlio adolescente cosa vuole per emanciparsi? Vuole la libertà, vuol le chiavi di casa, tornare a casa all’ora che vuole… poi lungo gli anni si rende conto che libertà è altra cosa e che ciò che contestava negli adulti se lo ritrova in se stesso, e allora capirà che la libertà è un’astrazione perché – come ci dice la parola di Dio – non esiste la libertà in assoluto. Piuttosto la nostra vita è un cammino continuo di liberazione dalla nostra pochezza, dalla nostra povertà, dalla nostra cenere appunto, scendiamo fino in fondo con Gesù dentro la notte del venerdì santo, ma non per rimanere polvere, bensì per emergere con lui come figli nella Pasqua di liberazione.

Se vogliamo crescere nella libertà dei figli di Dio dobbiamo lottare e non c’è vita cristiana che non sia lotta, ma non lotta contro gli altri, contro i non credenti, contro i nemici della fede… perché è una lotta anzitutto intima, interiore, di cui le tentazioni di Gesù sono il paradigma. Gesù viene tentato, messo alla prova proprio subito dopo il battesimo nel Giordano. Questo significa che viene tentato come figlio di Dio per dire anche a noi che c’è modo e modo di essere figlio di Dio.

La prima tentazione dice che Gesù poteva essere un figlio di Dio che badava a se stesso, nel senso che poteva mettere al di sopra di tutto e di tutti i «suoi» desideri, i «suoi» bisogni: Se sei figlio di Dio dì che queste pietre diventino pane! Trasforma le cose per te, riempi la tua vita di cose e tratta le persone come cose, come cose da mangiare, da divorare. Riempi la vita di beni, di roba… Il tentatore vorrebbe far credere all’uomo che si possa vivere anche senza la parola di Dio.

E Gesù risponde: «Non di solo pane vivrà l’uomo. L’uomo vive della parola che esce dalla bocca di Dio»!

E allora subito ecco che il tentatore prende alla lettera la risposta di Gesù e lo provoca: Gettati giù e vedrai che Dio ti salva, e cita il salmo 91: Non sta scritto: Ai tuoi angeli darà ordini a tuo riguardo…? Questa è la prova di chi vuole servirsi di Dio. Girava qualche tempo fa un video su youtube di un tizio aggrappato alla roccia su una parete a strapiombo che gridava: «Aiuto! Aiuto! Qualcuno mi sente? Non c’è nessuno?». E dopo un po’ ecco che si sente la voce fuori campo presumibilmente di Dio che gli risponde: «Lasciati andare e fidati che ti prendo io». E quello aggrappato alla roccia per tutta risposta: Beh, c’è qualcun altro che può ascoltarmi? Perché noi vogliamo il Dio che ci serve, cerchiamo il Dio che fa il miracolo. E Gesù che ci dice: Guarda di non mettere alla prova Dio. Cioè non tentare Dio! Non ribaltare le cose: non vinci la tua tentazione, tentando Dio, usando la parola di Dio!

E poi Gesù è tentato una terza volta nel dover essere il figlio di Dio come uno pieno di potere sugli altri: Se adori me, dice il tentatore, avrai potere su tutti i regni del mondo. È la tentazione che nei secoli si è vestita in tanti modi, ma è sempre la stessa: dominare sugli altri, comandare, controllare la libertà degli altri. Usare gli altri come sgabello per la propria gloria, il proprio successo. Calpestare la dignità degli altri figli di Dio e servirsene…

Le tre tentazioni del Cristo riguardano le tre dimensioni costitutive di ogni persona come figlio: la prima è la relazione con le cose, col creato; la seconda tentazione è nei confronti di Dio e la terza riguarda la relazione con gli altri. Ognuno di noi è immerso in queste tre relazioni che sono la trama della nostra vita: quotidianamente abbiamo rapporti con le cose, con gli altri e con Dio e quotidianamente siamo tentati di vivere queste relazioni non da figli liberi, ma da schiavi di noi stessi. E quando non avvertiamo più la tentazione, vuol dire che siamo già schiavi, Origene diceva che la tentazione è ciò che rende l’uomo o idolatra-schiavo o libero, se togli la tentazione, finisce la libertà. La scelta sta lì.

Allora la quaresima si presenta a noi come tempo per liberare le nostre tre relazioni fondamentali seguendo Gesù. Anzitutto, seguendo lui vogliamo entrare in una relazione più viva col Padre. In queste settimane la nostra preghiera si farà più silenziosa, capace di ascolto, docile alla sua Parola. Il Vangelo si consumi tra le nostre mani perché lo apriamo di frequente. La proposta della predicazione quaresimale del venerdì sera ci offrirà la possibilità di conoscere più profondamente la preghiera di Gesù, la preghiera del Padre nostro. Una preghiera che, riconosciamolo, è diventata talvolta una formula bistrattata, recitata di fretta… Ma la preghiera non è semplicemente «dire le preghiere», con Gesù vogliamo ritrovare la bellezza di una più intima e sincera relazione con Dio.

La quaresima è anche il momento opportuno per ritrovare la libertà del nostro rapporto con le cose e vivere con una certa austerità e essenzialità. Perché non scegliamo di vivere più sobriamente, magari rinunciando a qualcosa di superfluo, a qualche divertimento, a una qualche golosità? Oltre ad essere un’ecologia del cuore, il digiuno quaresimale diventa l’occasione per disciplinare i nostri bisogni, per correggere le nostre piccole o grandi dipendenze. Un sano digiuno può consistere anche nella rinuncia a qualche ora di televisione e ancor più in una coraggiosa disciplina nel nostro parlare. Specie quando si tratta di parlare degli altri, di spettegolare per mettere in evidenza i loro difetti. Facciamo digiuno dalle parole inutili, da quelle che feriscono.

Infine la Quaresima è l’occasione per ritrovare con gli altri, soprattutto con i poveri, una relazione di condivisione e di solidarietà. Il Satana solletica Gesù sul potere dei regni del mondo e Gesù ci libera il cuore e lo sguardo perché possiamo essere capaci di abbracciare la sofferenza e la precarietà di tante famiglie specie nei Paesi poveri.

Scrive papa Francesco: «Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene» (Evangelii gaudium 2). Prepariamoci alla lotta spirituale, viviamo la quaresima dunque come tempo favorevole per la preghiera, il digiuno e la solidarietà, così da giungere insieme con Gesù alla gioia e alla libertà di Pasqua.