PASQUA - nel giorno - Gv 20, 11-18


audio 9 apr 2023

Alla morte di Cesare Pavese venne trovata una raccolta di dieci poesie (scritte tra l’11 marzo e l’11 aprile 1950) dal titolo drammatico: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Nella poesia del 22 marzo scrisse: Per tutti la morte ha uno sguardo. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Una delusione d’amore fa sprofondare l’uomo in un abisso di desolazione e di morte.

Anche Maria di Magdala avrebbe potuto sottoscrivere quelle parole: la delusione per un amore sottratto dalla morte, poteva farla scivolare nella disperazione.

Non perché è Pasqua oggi che dimentichiamo la croce e spariscono magicamente tutte le croci del mondo. Anche oggi c’è chi muore e piange, chi fa festa e chi si trascina della disperazione. Anzi per alcune persone le feste sono proprio i giorni peggiori da far finire in fretta.

La sequenza temporale dei tre giorni pasquali è per noi l’occasione di ritualizzare la vita in schemi celebrativi, ma la vita è un continuo impasto di vita e di morte, di gioia e di dolore. Di amore e di delusione.

La stessa vita del Cristo è stata un continuo incontrare dolore e fare festa, guarire malati e camminare per le colline della Galilea… essere circondato da amici e sopportare le critiche degli avversari… fino a quello che ci pare essere l’esito finale e definitivo, la morte in croce.

Che invece definitivo non è, perché Gesù è risorto, è il Vivente. Questa è la grande notizia di Pasqua: Cristo il crocifisso è risorto, è vivente.

Come è risorto? Non lo sappiamo, sappiamo che Maria di Magdala e le altre, le uniche che sono state fedeli a lui dall’inizio alla fine, anche sotto la croce, hanno visto il sepolcro vuoto e questo è un dato oggettivo.

Sarà che la fede per molti di noi è arrivata grazie alle nostre mamme, alle nonne… comunque grazie alle donne e anche la notizia di Gesù risorto non è stata data subito a Pietro, il capo, né a Giovanni, l’amico… ma prima di tutto alle donne.

E sorge spontanea la domanda: perché? perché Gesù affida l’annuncio più rivoluzionario che sia mai esistito nella storia delle religioni alle donne e non ai ben più credibili, anche se meno affidabili, Pietro, Giovanni, Giacomo… perché?

Non perché avessero una preparazione migliore, le donne in Luca si domandavano che senso avesse tutto questo (vale a dire il sepolcro vuoto), Maria di Magdala non si aspettava minimamente di poterlo incontrare di nuovo e lo confonde col giardiniere…

È forse indagando sul ruolo delle donne nella risurrezione di Cristo che possiamo comprendere qualcosa di più di questo orizzonte così incredibile, veramente difficile da credere.

Se è vero che gli uomini chiamati ad essere discepoli hanno dovuto abbandonare tutto per seguire Gesù, Maria di Magdala non aveva niente da perdere, lei poteva solo guadagnare tutto.

La sua era una fede d’amore, una fede innamorata, nel senso che in fondo noi esseri umani richiediamo ad ogni amore di darci stabilità e sicurezza in termini assoluti. E come vacilliamo quando questo non accade!

Eppure sappiamo che nessuno può donarci questo assoluto in amore, perché siamo tutti nella stessa condizione, tutti viviamo una sete d’amore e di vita che si scontra con la delusione, il tradimento, la morte.

Maria di Magdala il mattino di Pasqua incontra Gesù come l’assoluto del suo amore e della sua volontà di vivere. L’assoluto d’amore ci è dato in Cristo che vince la morte non evitandola, ma passandoci in mezzo. Dio non salva dalla notte, ma salva nella notte.

Di fronte all’inatteso, all’inaspettato Gesù non ci ha portato una strategia che ripara dai problemi, ma ha trasformato i problemi in luoghi di incontro con lui e i sepolcri in punti di partenza.

Con Cristo non si sopravvive, si risorge. La vita umana di chi segue il Signore non è più uno slalom per scansare i problemi, ma ogni realtà è un grembo da cui nasce vita nuova.

Parafrasando la poesia di Pavese, possiamo dire: Verrà la vita e avrà i tuoi occhi. Viene la vita ed è già qui, la vita che non muore, che ha il tuo sguardo, gli occhi di chi non smette mai di essere accanto.

Per questa grazia Maria di Magdala diventa l’apostola degli apostoli. Anche se come abbiamo sentito nelle parole di Paolo subito è sceso il silenzio sulle donne: il kerygma per Paolo è tutto al maschile! Apparve a Cefa, ai Dodici, a cinquecento fratelli… subito vengono rimosse le donne, eppure se ne conoscono bene i nomi ed è grazie a loro che il mattino di Pasqua profuma di vita e di luce.

Allora volendo restituire un po’ di quanto è stato tolto alle donne, ricordo le parole di una ragazza ebrea morta ad Auschwitz, Etty Hillesum, che il 3 luglio 1943 da un lager olandese, così scriveva ai suoi amici: «Lasciatemi essere il cuore pensante di questa baracca. Vorrei essere il cuore pensante di un intero campo di concentramento. Volevo solo dire questo: la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, alla sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore s’innalza sempre una voce, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere».

La Pasqua ci renda responsabili di risurrezione ogni giorno: a ogni nuovo orrore e a ogni violenza, che non mancano nemmeno ai nostri tempi, vogliamo opporre un frammento d’amore.

Di fronte a ogni bruttura e a ogni discriminazione vogliamo essere il cuore pensante della baracca.

Come a Maria di Magdala, il profumo di Pasqua stordisca il tuo cuore.

La luce del Risorto folgori i tuoi pensieri e il vento di Pasqua accarezzi i tuoi sogni!

Perché viene la vita e ha i tuoi occhi. Buona Pasqua!

(Gv 20,11-18)