VI DI AVVENTO Domenica dell’Incarnazione o della Divina Maternità della beata Vergine Maria - Lc 1, 26-38a
Succede anche a Dio di essere strattonato di qua e di là. Lo conosciamo dalla storia e lo vediamo nella cronaca dei nostri tempi, partiti e governi, individui e gruppi, ma anche movimenti estremisti si servono della religione e di Dio come collante, come scintilla per accendere gli animi e talvolta anche le armi.
Quando sentiamo l’angelo rivolgere a Maria quelle parole che hanno di fatto cambiato la sua vita: il Signore è con te! Un poco ci spaventano perché a quel grido gli eserciti cristiani nella storia hanno compiuto cose non proprio evangeliche, così come non le dimentichiamo incise sui cinturoni delle SS, parole che hanno cancellato milioni di vite umane.
È ancora possibile per noi pronunciare quelle parole oggi? Che senso hanno in questo momento storico? Credo che un particolare non ci debba sfuggire: a pronunciarle fu un angelo di Dio. Quando nella storia a pronunciarle sono stati gli uomini allora sono cominciati i guai.
Ma se possiamo conoscere bene la voce degli uomini di potere e dei capipopolo, possiamo forse dire di sapere che voce ha un angelo? Con quale tono di voce potrà mai aver parlato al cuore di Maria l’inviato di Dio, Gabriele?
Una domanda analoga se la posero i maestri d’Israele commentando l’esperienza di Mosè al roveto ardente. Una volta attirata l’attenzione di Mosè, l’Eterno non sapeva come comunicare con lui, ed era preoccupato, dicono i maestri d’Israele, perché temeva di spaventarlo, dato che Mosè non era abituato al rapporto diretto con Dio.
Allora Dio pensò: Se gli parlo con una voce tonante, si spaventerà, ne resterà terrorizzato. D’altra parte se gli parlo con una voce troppo bassa, con tono sommesso, avrà poco riguardo, non gli darà il giusto peso… Dopo qualche attimo di esitazione Dio disse tra sé: Mi rivolgerò a lui con la voce di suo padre, così ne sentirà contemporaneamente l’autorità e l’affetto.
I Padri della chiesa orientale rileggendo il mistero della maternità di Maria narrato da Luca, hanno detto: ecco il roveto ardente. Così infatti Efrem il Siro (+ 373) parlando del grembo di Maria come del roveto nel quale discende il fuoco divino di Dio, scrive: «Chi mai ha visto il fuoco avvolgere sé stesso in fasce? Tale è la misura alla quale Dio ha abbassato sé stesso, per amore».
Ora, Maria di Nazaret ha ascoltato la voce dell’angelo di Dio, non sappiamo quale sia stato il timbro di voce se quello di suo padre o quello di sua madre, sappiamo però che non le disse: “Armati, difendi la vera fede dai pagani romani…”. Ma non le ha detto nemmeno: “Mettiti in ginocchio, fai un po’ di penitenza, vai a fare un pellegrinaggio, dì le preghiere… fai questo, fai quello”. Semplicemente: Rallegrati! Gioisci, sii felice. Non temere.
L’Eterno si rivolge a Maria con il linguaggio della gioia, quasi un imperativo: «Kaire, gioisci»! Questa è la prima parola. Una parola di gioia.
Una gioia che non viene dall’essere pieni di successi, di risultati e di soddisfazioni, ma dall’essere piena di grazia come le dice l’angelo Gabriele. E questa è una parola nuova, non era mai stata sentita prima in tutta la Scrittura. Sei piena dell’amore gratuito di Dio. Dio si è dato a te e tu ne sei traboccante. Sei amata. Piena di grazia dice l’angelo.
Non è piena di grazia perché ha detto «sì» a Dio, non lo ha ancora pronunciato, ma perché Dio ha detto «sì» a lei prima ancora della sua risposta.
Dicevamo domenica scorsa come dalla radice della parola grazia (charis) possiamo far derivare «caro, cara, carezza…», termini che nella nostra lingua dicono molto dell’affetto e del sentimento e per questo pensiamo alla grazia come carezza di Dio.
Parole che sono carezze, sono annuncio di gioia, gioia che non viene dalle cose, dagli oggetti, dall’avere l’ultimo iPhone… ma dalla consapevolezza profonda di essere nella tenerezza e nell’amore di Dio.
Siamo amati.
Sembra una cosa evidente, ma ci vuole qualcuno che lo dica, che ce lo dica. Ci vogliono angeli dalla voce credibile che arrivino dentro al cuore a ricordare la bellezza di essere avvolti da un amore gratuito.
Mi sembra di sentire la reazione di qualcuno di noi, che è stata in parte anche quella di Maria, che dicono: Ma vedi te se Dio mi vuole bene così come sono, con tutti i miei limiti, i miei errori… sono così ‘sbagliato’!
Maria non dice proprio così, rimane molto turbata. La sua prima parola è un’obiezione: Come è possibile? Maria sta davanti a Dio con tutta la sua dignità umana, con la sua maturità di donna, con il suo bisogno di capire.
Quando siamo davanti all’impossibile, quando non sappiamo prevedere che la ripetizione del passato, quando non sappiamo generare futuro, apriamo il cuore, entriamo nel silenzio dove poter ascoltare la voce dell’angelo di Dio capace di annunciare una promessa, come dice Gabriele a Maria: Avrai un Figlio, verrà chiamato figlio dell’Altissimo… e poi aggiunge: il suo regno non avrà fine.
Se Maria si fosse chiusa nell’orizzonte del suo futuro personale, dei suoi interessi, se non avesse avuto amore per il suo popolo, se Maria non avesse ascoltato il grido dei poveri che saliva dalla sua gente, avrebbe potuto rispondere: Guarda ho già tante cose per la testa, ho tanto a cui pensare, lascia perdere che devo organizzare il mio matrimonio, trova qualcun altro. In cuor suo avrà anche pensato che poteva toccare ad altri!
Maria si rende conto che occorre fare qualcosa per il suo popolo, per un’umanità che attende liberazione, giustizia, pace…. Occorreva che lei si mettesse in gioco non con l’esercizio del dominio e della violenza, ma mettendosi al servizio: Ecco la serva del Signore!
Ed è questa la differenza: anche i violenti si mettono al servizio dell’idea che gli è stata inculcata, anche i fondamentalisti si credono al servizio di un progetto di cambiamento del mondo… non basta fare della nostra vita un mettersi “a disposizione di”, occorre sapere chi vogliamo servire.
Se serviamo il Signore o serviamo i vari signori del mondo.
Trovo che la differenza stia in una consonante, sì, una consonante per cui un angelo, aggiungendovi la consonante “v” diventa Vangelo. Maria dopo aver ascoltato l’angelo, si mette al servizio del Vangelo.
Chi non ascolta l’angelo di Dio, ascolta sé stesso e il proprio bisogno di potere. Alla fin fine serve sé stesso.
Quando uno ascolta l’angelo di Dio, non può che mettere la propria vita al servizio del Vangelo. Maria lo fa fino a dare carne al Vangelo, dare la consistenza umana al Figlio dell’Altissimo, che si fa bassissimo!
L’incarnazione nel grembo di Maria ci dice che la via aperta da Dio è quella dell’abbassarsi, dello scendere e condividere che a ben pensare è anche una verità storica: non è forse vero che i processi di cambiamento democratico esigono una presa di coscienza collettiva, una dedizione e una disponibilità ad assumersi ognuno per la propria parte, le proprie responsabilità e i propri rischi?
In questo senso il suo regno non finirà mai. Non finirà mai la necessità di servire, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di mettere la nostra vita a disposizione, di viverla come dono.
«Un mondo che guarda al futuro senza sguardo materno è miope. Aumenterà pure i profitti, ma non saprà più vedere negli uomini dei figli. Ci saranno guadagni, ma non saranno per tutti. Abiteremo la stessa casa, ma non da fratelli. La famiglia umana si fonda sulle madri. Un mondo nel quale la tenerezza materna è relegata a mero sentimento potrà essere ricco di cose, ma non ricco di domani» (Francesco, 1 gennaio 2019).
La tenerezza materna non è mero sentimento, è la tenerezza delle madri che prendono per mano i figli e li introducono con amore nella vita.
Non vogliamo essere di quei figli che volendo andare per conto proprio, perdono la direzione; credendosi forti, si smarriscono; pensando di essere liberi, diventano schiavi.
Lo vediamo in coloro che nel momento in cui dimenticano l’affetto materno vivono arrabbiati con sé stessi e indifferenti a tutto.
Reagiscono a tutto e a tutti con veleno e cattiveria, convinti che mostrarsi cattivi possa sembrare persino sintomo di fortezza. Ma è solo debolezza.
Abbiamo bisogno di imparare dalle madri che la grandezza sta nel donarsi, la fortezza nell’aver tenerezza.
Ci basti considerare il fatto che se Dio non ha fatto a meno della Madre, a maggior ragione ne abbiamo bisogno noi, per imparare da Maria ad ascoltare l’angelo di Dio e a farlo diventare Vangelo.
La consonante è decisiva.
(Lc 1,26-38)