CIRCONCISIONE DEL SIGNORE - Lc 2, 18-21


Ciascuno di noi all’inizio di questo nuovo anno civile  – e voglio sperare che sia davvero tale e questo sarebbe già un augurio di un certo peso – è percorso da desideri, da pensieri e anche da qualche sogno che vorrebbe vedere realizzarsi nel futuro che ci sta davanti.

Tuttavia abbiamo raggiunto anche una sapiente relativizzazione di queste misurazioni del tempo piuttosto formali e convenzionali, perché sappiamo che c’è un altro tempo che è quello delle stagioni dell’anima, più profondo e difficilmente misurabile con l’andamento dei mesi e dei giorni e che consideriamo come il più vero, forse anche il più importante e significativo per le nostre vite, per la vita di chi ci sta vicino e a cui vogliamo bene.

Certo è che comunque questo passaggio di anno, che chiude anche il primo decennio dell’anno duemila, per un verso ci sospinge a compiere un bilancio sui dodici mesi trascorsi a partire dalle aspettative che avevamo esattamente un anno fa, e al tempo stesso ci fa sperare che questi nuovi dodici mesi che il Signore ci dona di vivere siano migliori, o per usare il linguaggio biblico, siano benedetti da Dio.

Oggi siamo qui a pregare perché lungo questo nuovo anno il Signore faccia risplendere il suo volto su di noi, come diceva la benedizione di Aronne della prima lettura, o come abbiamo ripetuto al salmo: Dio ci benedica con la luce del suo volto.

Cosa significa che il volto di Dio risplenda su di noi, o come dice nella terza frase, “il Signore rivolga a te il suo volto”?

Dio ha un volto? Qual è il volto di Dio?

E poi perché dovrebbe rivolgere il suo volto su di noi e non su tutta la nostra umanità che si lascia alle spalle non solo un anno, ma direi un primo decennio del secondo millennio, con le ossa rotte?

Infatti come scriveva un editoriale di ieri: «La lista degli avvenimenti funesti è impressionante: la guerra afghana, la guerra irachena, la guerra libanese, la guerra georgiana, la guerra di Gaza, le guerre africane, i massacri del Darfur, una lunga serie di attentati terroristici … e una serie non meno importante di repressioni poliziesche in Birmania, nel Tibet, nello Xinjiang, in Iran.

Il catalogo delle crisi economiche e finanziarie non è meno lungo, da quella del petrolio e del gas a quella dell’industria, da quella americana dei mutui a quella delle banche delle assicurazioni … e l’Europa ha impegnato otto anni per approvare una costituzione, che non è più una costituzione ma un Trattato».

In sintesi verrebbe da domandarci se siamo alla fine di questo tunnel, se da qui possiamo rialzarci o dobbiamo ancora toccare il fondo?

Nessuno di noi può prevedere cosa ci attende, ma in questa condizione del mondo e nella condizione del nostro paese, della nostra città, della nostra famiglia, di ciascuno di noi … possiamo domandarci: cosa significa invocare il volto di Dio?

Dio rivolge ancora il suo volto sull’umanità?

Ecco mi piace iniziare l’anno trasmettendovi una sana inquietudine, domandando gli uni per gli altri il coraggio di porci delle domande, di interrogarci seriamente.

La prima benedizione è inquieta: chiedo per ciascuno di noi e per la nostra comunità un buon grado di pensosità, appunto di inquietudine nel saperci porre delle domande vere, di senso.

La fede non è l’accettazione di un pacchetto teologico che la Chiesa ci consegna, sottoscritto il quale, avremo la salvezza.

Sarebbe come quando da bambini la mamma ci chiedeva di chiudere gli occhi e di aprire la bocca prima di darci la medicina. Questa non è fede, questa è alienazione.

La fede è tenuta viva da una sana inquietudine da non confondere con l’irrequietezza che invece sembra attraversare il cuore di tanti.

C’è una distinzione fondamentale tra persone inquiete e persone irrequiete.

Gli inquieti sono persone in ricerca, che si interrogano, si mettono in ricerca e persone così si trovano sia nelle chiese che al di fuori, perché sono uomini e donne, giovani e adulti che avvertono l’esigenza del rigore del pensiero e sono alla ricerca della più alta verità della vita.

Gli irrequieti invece sono alla ricerca di emozioni, di sensazioni anche religiose.

Ma la sensazione, lo vediamo quotidianamente intorno a noi, ha una legge irresistibile: è la legge della droga, una droga che può essere chimica, psichica o religiosa.

L’irrequieto ha bisogno di sollecitare in continuazione la sua emotività, necessita di sensazioni nuove, sempre più intense e accentuate.

Anche nell’ambito religioso ci sono manifestazioni di questo genere che creano un clima di emozioni artificiose, drogate appunto.

Il primo augurio dunque è che iniziamo questo nuovo anno non alla ricerca di sensazioni più forti, di emozioni più intense, ma di verità più profonde.

Che è l’atteggiamento di Maria come ce lo ha consegnato il vangelo di oggi: Maria da parte sua custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

E poi, in secondo luogo, vorrei chiedere al Signore di riaccendere in noi la speranza che è possibile cambiare, nonostante ci rendiamo conto della fatica che facciamo per migliorare il mondo e la nostra società.

«Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti», così abbiamo pregato con il salmo 66.

Il salmo ci chiede di aprire i nostri orizzonti e di essere abitati dall’ anelito, che è l’anelito di Dio, affinché la terra conosca la via di Dio, tutta la terra e tutte le genti conoscano la sua via.

E la via di Dio è la via che ha percorso Gesù a partire da Betlemme, dal monte delle Beatitudini … e che chiede a noi il coraggio e l’ostinazione di credere che quell’uomo Gesù ha iniziato un modo nuovo, diverso di stare al mondo e che questo modo è possibile, è praticabile.

Invocare il nome di Gesù, come la liturgia di oggi ci ricorda, inginocchiarsi nel nome di Gesù, come dice Paolo, significa per noi fare nostra la sua via, ripercorrere i suoi sentieri e rivivere i suoi sentimenti e i suoi pensieri oggi.

Non basta il Battesimo, non basta l’appartenenza a una chiesa, non basta essere figli di Abramo … Come può la luce del volto di Gesù riflettere sulla nostra terra se la nostra fede non diventa pratica, concreta, fatta di gesti e di comportamenti evangelici? Se non crediamo nel perdono per le offese ricevute? Se non ci prendiamo cura di chi è nel bisogno? Se non crediamo nel disarmo di ogni inimicizia?

Piuttosto il Signore allontana da noi il suo volto quando i più deboli non trovano in chi è più forte, ricco e colto, un sostegno, un aiuto, ma trovano oppressione, rifiuto.

Vogliamo credere che sia possibile che i cuori dei padri ritornino verso quelli dei figli e che possa rinascere una certa solidarietà tra le generazioni e che possa cessare l’imbarbarimento dei rapporti quotidiani?

Vogliamo credere che nonostante i tentativi e i fallimenti degli organismi internazionali, possiamo cominciare noi oggi ad impegnarci per la custodia del creato, con stili di vita e modelli di consumo e di produzione rispettosi, come dice Benedetto XVI nel messaggio per la giornata mondiale della pace, e responsabili?

Vogliamo credere che è possibile il dialogo franco e autentico all’interno della chiesa e tra le chiese?

Vogliamo credere che ci si può ascoltare nel rispetto delle diverse convinzioni, indipendentemente dal credere o meno, senza considerare chi non la pensa come noi, come un nemico?

A questo vogliamo pensare scambiandoci gli auguri: non a un gesto formale e scaramantico, ma a una promessa di impegno e a un’assunzione di responsabilità.

Non a caso Francesco d’Assisi di fronte alla tristezza di frate Leone, suo segretario, che era scoraggiato e spaventato per la propria pochezza di fronte alla splendida santità del suo “padre e maestro”, gli diede una pergamena sulla prima facciata della quale scrisse le “Lodi all’Altissimo” e sul retro una benedizione le cui parole attinse dal testo di Aronne. Questa benedizione che frate Leone portò sempre con sé, diceva: Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace (FF 262). Ed è anche la mia preghiera in questa celebrazione e il mio augurio per ciascuno di voi.

(Nm 6, 22-27; Fil 2, 5-11; Lc 2, 18-21)