NATALE DEL SIGNORE - messa nel giorno - Lc 2, 1-14


Gloria a Dio e pace sulla terra. Non finiremo mai di cantare queste parole, perché esprimono bene la speranza di noi che siamo qui a celebrare il mistero della nascita di Gesù: tutti desideriamo che al Signore sia data gloria e che a noi sulla terra finalmente venga donata la pace.

Infatti è proprio perché questi doni ci mancano che ogni anno celebriamo il Natale, perché la gloria di Dio e la pace sulla terra ancora non si sono realizzate in pienezza. Siamo come il popolo descritto da Isaia che continua a camminare nelle tenebre. Siamo anche noi dentro questo fiume di umanità che, per un verso cammina, avanza e cresce su tanti fronti, pensiamo a quello della medicina, della scienza in genere, e poi della tecnologia e della conoscenza; ma d’altra parte questo fiume di umanità ci appare spesso fangoso, intorbidito dall’egoismo, annebbiato dall’indifferenza, dalla violenza, dallo sfruttamento e dall’ingiustizia.

E verrebbe spontaneo cominciare a dubitare dell’uomo, della sua umanità, della sua consistenza per arrivare facilmente alla conclusione rassegnata dell’incapacità a migliorarsi, perché in definitiva non siamo capaci di rendere più umana e vivibile la società, la terra e la nostra umanità. Il facile e scontato esito di questo atteggiamento sono la chiusura, il ripiegamento su di sé, la mancanza di prospettive e di futuro.

Per questo ci sosteniamo nel nostro cammino e ogni anno torniamo al cuore del mistero: la parola di Dio non è rimasta fragile voce affidata a pagine di libri, non si è arrestata ad una promessa fatta alla tribù di Giuda, ma ha condiviso la nostra condizione umana e il mistero del Natale ci fa contemplare l’Eterno che si è fatto bambino, uomo, uno di noi.

Sartre nel Natale del 1940 mentre si trovava in un campo di prigionia a Treviri, scrisse un Racconto di Natale per cristiani e non credenti (“Bariona o il figlio del tuono”), nel quale ad un certo punto pone sulle labbra di Maria che contempla il Bambino, queste parole:  Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia …. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive.

Sono parole che dicono bene l’umanità del nostro Dio, un’umanità per la quale questo stesso bambino, davanti al quale ci inginocchiamo, un giorno si metterà in ginocchio davanti ai suoi discepoli per lavare loro i piedi, questo piccolo, ora fragile e bisognoso di tutto, si farà spalla per la pecora smarrita, sarà  un abbraccio per il figlio che ritorna, una mano che sorregge chi fatica a camminare, diventerà anche lacrima che piange l’amico perduto, saliva per curare le disgrazie di un cieco, carne trafitta per amore, si farà pane.

Abbiamo bisogno di lasciare che questo mistero ci pervada e ci riempia il cuore e la mente, perché in questo mistero dell’incarnazione c’è tutto un progetto di uomo e di umanità in cui la gloria di Dio e la pace sulla terra coincidono!

Se non c’è ancora pace sulla terra, è anche perché la gloria di Dio è davvero diversa dalla gloria mondana e facciamo fatica ad accettarla, anzi il mondo vi oppone una certa resistenza. Anche il Natale si va svaporando del suo spirito autentico, per ridursi sempre più ad un’esibizione che impone di non sfigurare davanti ad amici e parenti con costosi regali. Anche di questi tempi pur avendo la coscienza che molte famiglie fanno fatica a far quadrare il bilancio del mese, si continua a spendere denaro pubblico e privato in maniera folle.

La grandezza di Dio non è la grandezza degli imperatori del mondo, di quelli che fanno i censimenti e costruiscono i monumenti.

Dio cosa fa?

Lo dice bene Efrem il Siro, uno scrittore cristiano del IV sec.: «Chi mai ha visto il fuoco avvolgere se stesso in fasce?Tale è la misura alla quale Dio ha abbassato se stesso, per amore». Dio è un fuoco avvolto in fasce!

Certo è più facile per noi capire la maestà, l’onnipotenza, la grandezza di Dio e la sua umiltà va oltre la nostra comprensione. Anche perché le fasce che avvolgono il Bambino Gesù – almeno nell’iconografia antica – rimandano alle bende che incontreremo a Pasqua nel sepolcro vuoto: è Gesù, fuoco avvolto in fasce, la luce per un mondo che cammina nelle tenebre, è lui il futuro per una società che ha i piedi inzaccherati di fango, è lui la vita che vince la morte.

Ma questo abbassamento il Signore lo compie anche attraverso persone umili come Maria, Giuseppe e i pastori. Tutti personaggi che in confronto ai giganti dell’impero sono “piccoli”, eppure sono loro a darsi da fare perché il fuoco dell’amore di Dio sia avvolto in fasce. Dio ama il mondo anche attraverso di loro.

E continua a mandare noi oggi per dire che ama il mondo e che prova ancora compassione per questa nostra umanità. Siamo noi che dobbiamo essere il suo amore e la sua compassione nel mondo di oggi, nel modo in cui noi tocchiamo le persone, nel modo in cui ci diamo agli altri, nel modo in cui ci ascoltiamo. La gloria in sintonia con quella dell’Eterno è la gloria dell’amore, del servizio, dell’umiltà, della giustizia, della fedeltà.

Allora se vogliamo continuare a farci gli auguri di Natale non accontentiamoci di parole vuote che sappiamo non essere vere, ma preghiamo gli uni per gli altri affinché possiamo essere sempre più chiesa che come fuoco avvolto in fasce, tiene vivo il Vangelo di Gesù quale antidoto alla seducente trasformazione di Dio in cifra retorica del senso, come se Dio fosse un semplice simbolo che dà da pensare, ma non ancora da vivere.

Quando la gloria di Dio abiterà i nostri cuori, allora anche la pace riempirà la nostra terra.