EPIFANIA DEL SIGNORE - Mt 2, 1-12
La festa dell’epifania, la festa della manifestazione di Gesù ai Magi, ai cercatori che vengono da oriente (Mt 2, 1-12), non è un’appendice secondaria al Natale, anzi nella storia liturgica è una festa che precede il 25 dicembre e in antico teneva addirittura il posto del Natale.
E questo perché era viva nelle prime generazioni cristiane la consapevolezza e l’urgenza di dire che la nascita di Gesù, del Figlio di Dio, non riguarda solo il popolo eletto, ma si irradia oltre i confini d’Israele per coinvolgere i pagani, i non credenti. È una festa che apre gli orizzonti della fede e si sporge sui secoli, sui popoli, sui cercatori di Dio che nella storia del mondo passata e futura non smettono di interrogarsi.
Come diceva Paolo nella lettera a Tito (2,11-3,2), la tradizione cristiana ha sempre sostenuto che Dio vuole la salvezza di tutti gli esseri umani. Gesù, il Dio che salva, vuole farsi conoscere da tutti, uomini e donne di ogni tempo e di ogni luogo. È questa dimensione di vastità, di apertura dell’amore di Dio che celebriamo oggi. Mentre noi tendiamo a chiudere, a limitare e a circoscrivere, Dio apre, dischiude, allarga gli orizzonti, fa voto di vastità! Perché, come disse papa Francesco, Dio non è cattolico, non esiste un Dio cattolico, nel senso che non possiamo rinchiudere Dio nelle nostre categorie, nelle impalcature del nostro pensiero. Dio è Dio. Che cosa ha sospinto la coscienza e il cuore di questi personaggi sconosciuti, non legati all’alleanza di Abramo, da dove è venuta loro l’ispirazione che li ha messi in cammino?
Quella stessa ispirazione che ha spinto Isaia a dire, come abbiamo ascoltato nella prima lettura: Cammineranno le genti alla tua luce! (60, 1-6). L’ispirazione è l’accendersi di una luce, di una stella e che fa guardare al cammino dei popoli, delle culture, delle religioni nella storia del mondo come a un grande fiume che va a sfociare nell’oceano di Dio.
Ma che cos’è l’ispirazione? L’ispirazione (= spirare dentro) è qualcosa che parte dal di dentro, dal cuore e «spira» dentro il cuore, che è il luogo proprio intimo del dialogo tra Dio e l’uomo, il centro dell’essere dove lo Spirito agisce con tutti gli uomini e le donne della terra.
Diversa è la suggestione (= sub gerere), come dice il termine stesso significa «essere sotto la gestione» di un altro, nel senso che c’è qualcosa o qualcuno che mi costringe ad agire. Quando uno è suggestionato, non è più libero, ma è costretto e questo senso di costrizione normalmente si intreccia con i sensi di colpa e nasconde anche una certa superbia che consiste nell’imbarcarsi in cose che non sono nostre.
L’ispirazione è una proposta, non impone niente. La suggestione invece costringe. Ci sono pensieri di un bene che viene proposto al nostro cuore, a un tratto vedo dentro di me qualcosa che mi istruisce verso qualcosa di positivo, questa cosa mi lascia libero e io capisco che mi indica un cambiamento. Ma io posso dire di no pur sentendola profondamente vera. Lo spirito santo secondo i maestri spirituali non conosce il dovere, ma apre una possibilità.
Sotto la suggestione si parla e si comunica in maniera superba e aggressiva. Nella ispirazione si parla in modo calmo e pacato. Se a uno suggestionato si chiede: «perché devi fare questa cosa?» La risposta non sarà mai semplice e chiara, ma complessa e arzigogolata. Invece dall’altra parte se interroghi uno ispirato, parlerà chiaramente e semplicemente. Le cose nell’ispirazione dello Spirito sono lineari, nella suggestione del maligno sono cervellotiche perché lo spirito propone, il maligno impone.
L’ispirazione che viene da dentro, ad esempio, mi sollecita a prendere del tempo di silenzio, per stare con me stesso, con Dio, per pregare. La suggestione cosa fa? subito mi distoglie dall’ispirazione che ho avuto e quindi dalla preghiera perché ho una cosa urgente da fare e quindi mi metto subito a fare altro. Questo è il potere delle suggestioni.
I Magi sono stati spinti da un’ispirazione o da una suggestione? Se guardiamo i criteri di semplicità, di libertà e di autenticità, dobbiamo dire che hanno accolto un’ispirazione che veniva da Dio e si sono messi in cammino, e in loro vediamo tutti i popoli che sono come «fiumi che scorrono verso lo stesso oceano».
Le varie religioni, i tanti e diversi cercatori di Dio, sono come altrettanti fiumi che, seguendo l’ispirazione che viene da Dio, scorrono verso lo stesso oceano, tendono allo stesso mistero divino. Le vie differiscono, ma il fine ultimo è comune a tutte.
Come questo avvenga non ci è dato di sapere, non possiamo descriverlo a priori, appunto perché Dio è Dio. Ci è chiesto un atteggiamento di umiltà, quella stessa umiltà che il Vaticano II con un atto solenne e umile al tempo professò nella GS e nella LG: «Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (GS 22) [1]. Il modo in cui Dio salva chi non condivide la fede e non appartiene alla Chiesa avviene «modo Deo cognito», in un modo che Dio conosce.
La stella che guida i Magi da Gesù, ricorda a noi che lo Spirito di Dio ispira i cuori e le menti degli uomini e delle donne di ogni tempo in modi diversi, per sentieri a noi sconosciuti, nel modo che Dio conosce.
Ma anche rimanendo vicino a noi, nelle nostre case, nei confronti dei nostri figli che sono distaccati dalla Chiesa, dalla pratica religiosa… non pensiamo che siano lontani anche da Dio, magari sono lontani dalla nostra idea di Dio, dalla pratica religiosa. Chissà come il Signore li sta guidando, li sta accompagnando nella loro storia di vita?
E poi guardiamo alle tante persone che nella nostra città vengono da svariate parti del mondo e che appartengono a religioni diverse: sappiamo riconoscere in loro l’ispirazione che viene da Dio? Non dimentichiamo che è «attraverso la pratica di ciò che è buono nelle loro proprie tradizione religiose e seguendo la loro coscienza che i seguaci di altre religioni rispondono all’invito di Dio e ricevono la salvezza in Cristo Gesù, anche se non lo riconoscono come il loro Salvatore» (Pontificio Consiglio per il dialogo, 19.5.1991).
La festa di oggi ci dovrebbe aiutare a invocare di più lo Spirito santo, ce ne ricordiamo quasi solo a Pentecoste, eppure se è il dono che invochiamo perché capace di ispirare la pagina della Scrittura in parola di Dio, perché capace di santificare il pane e il vino in corpo e sangue di Gesù, non potrà continuare a ispirare, come la stella che guida i Magi, il cuore e la mente di tante donne e tanti uomini che a noi sembra impossibile possano essere raggiunti da Dio?
Il rischio di diventare a nostra volta integralisti, fondamentalisti – perché c’è anche un pensiero cristiano fondamentalista – ci rende refrattari a vedere nelle altre tradizioni religiose validi «sentieri», «vie» attraverso cui sia possibile giungere alla meta dell’unione con il Dio di Gesù Cristo, o se volete, detto più rigorosamente, attraverso i quali il Dio di Gesù Cristo comunica e partecipa la sua propria vita ai seguaci di tali tradizioni.
Dio è incredibile, nel senso letterale di «inaudito, inaspettato», non finisce mai di stupirci, e noi invece sempre lì a discutere la sterile dialettica tra credenti e non credenti… ma che lo Spirito ci doni di diventare anche noi un poco incredibili!
[1] Dice il Concilio: «Il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non e neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita». (LG 16).