TUTTI I SANTI - Mt 5, 1-12


Con questa pagina il Signore viene ad aprire il nostro cuore, a dilatare il respiro e ad allargare i confini della nostra la mente.

Il Signore viene ad aprire il cuore perché mentre scorriamo le varie situazioni indicate da Gesù: i poveri, coloro che piangono, i miti, gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore e gli operatori di pace…. Viene da pensare a quanti oggi sono in queste condizioni, a chi nelle nostre case è malato e triste, a chi piange. Viene da pensare anche a chi dall’altra parte del mondo o qui vicino a noi non sa cosa mangerà lui e i suoi figli questa sera… A chi subisce violenza, guerra. Vorremmo avere un cuore come quello di Gesù capace di abbracciare tutto il dolore del mondo, quello di ogni povero, di ogni persona che piange o che non ha nemmeno più lacrime per il troppo dolore.

Al tempo stesso però le parole di Gesù sono come una boccata di ossigeno! Come una ventata di aria pulita, fresca come quella che entra nelle nostre case quando apriamo le finestre per far cambiare aria. Le Beatitudini non si prestano a facili strumentalizzazioni. Di fronte alle parole di Gesù i nazionalismi religiosi, le identità ottuse mettono in evidenza il loro fiato corto, le loro chiusure, la facile strumentalizzazione politica… e irrompono in questo mondo pseudo religioso portando una ventata d’aria pulita, fresca. Beati voi perché… c’è sempre un futuro, la beatitudine è oltre i confini, fuori dai recinti. Oltre. Aprite le finestre dell’anima. Spalancate e respirate la bellezza di queste parole.

Come ci viene in mente di pensare che invece si possa vivere chiusi dentro? Recintati con licenza di sparare a vista?

Le parole di Gesù ci aiutano ad allargare la mente e i confini su tutta l’umanità, non solo sui credenti, non solo sui “nostri”… perché è assai ingenuo, ma anche pericoloso, assecondare questo rigurgito di chiusura, di nazionalismi. Come si può continuare a credere che una Nazione sia sovrana e sufficiente a se stessa? Sovrana su che cosa?

Basta guardare la pioggia di questi giorni con tutti i danni che fa: ci viene a ricordare che non basta che il comune sulla foce del fiume abbia cura di canalizzare le acque se a monte gli altri comuni e l’intera regione non hanno cura del bosco, degli scarichi e dell’uso intelligente delle risorse.

In tanti oggi credono nel mito nazionalista che dice loro che il problema della società sono gli immigrati. E le masse stanno ascoltando questo canto delle sirene che, anziché dare spiegazioni vere, non fa altro che confondere le carte in tavola. Perché la vera causa è l’ingiustizia che vede concentrate nelle mani di pochi la ricchezza del mondo.

Ci sono persone che dovrebbero vivere duecento anni e più e spendere un milione di dollari al giorno e così consumare tutto quello che hanno accumulato nel corso della loro vita! Ma anche in questo modo non riuscirebbero perché pur con un tasso basso di interesse del 2-3% annuo quello che hanno accumulato produrrebbe comunque tre o quattro milioni di dollari al giorno.

Ci sono paesi che pensano di essere molto forti, ma avranno la forza delle macerie se non saranno in grado di creare una cultura capace di pensare a tutta l’umanità.

La festa dei santi viene a ricordarci che la santità delle Beatitudini è una santità a servizio dell’umanità. Ovvero la nostra vita di credenti, di discepoli e non parliamo al singolare, ma al plurale, come corpus ecclesiale, come comunità di fede e come comunità umana, ha come vocazione quella di continuare il corteo della moltitudine di coloro che nella lettura dell’Apocalisse, seguono l’Agnello.

Chi sono costoro? Sono coloro che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello. L’immagine è impegnativa, ha del paradossale perché anzitutto siamo più inclini a seguire i forti, i duri, i lupi… e questo vuol dire fare i conti con i nostri desideri primitivi e sbagliati perché vanno nella direzione della prevaricazione, del dominio.

E poi non è che immergendo le vesti bianche nel sangue queste diventano candide, anzi! È quasi un an dare contro la logica, eppure questa è la veste del Risorto, di Gesù che ha dato la sua vita.

L’Agnello come cifra ermeneutica della storia, della vita, del mondo.

L’agnello è fragile, delicato, esposto alla violenza ma non saprebbe fare diversamente, non è che recita a fare l’agnellino e poi si trasforma in lupo… no, Gesù è colui che crede e vive nell’amore ed è totalmente innamorato dell’amore.

E noi, ricordando i santi, vogliamo entrare in questa moltitudine che è la chiesa dei santi, la chiesa di coloro che hanno fatto dell’Agnello il criterio di azione, di decisione, di orientamento della propria vita.

Provate a pensare se dovessimo prendere sul serio la beatitudine del v.5: Beati i miti. L’Agnello d’altronde è così: è mite, ma non debole, forte della forza della mitezza. Oggi molti nascondono le loro debolezze dietro alle urla, al discorso sempre segnato dall’ira, dalla rabbia… dall’aggressività proprio di chi ha bisogno di un nemico per poter dire qualcosa, perché d’altronde non saprebbe nemmeno cosa pensare.

Ma è la storia a dire la verità delle cose. Cosa diranno di noi e della nostra generazione tra qualche centinaio d’anni? Di che cosa saremo stati capaci: di urlare, di essere forti con i deboli? O saremo riusciti a mantenere viva questa umanità nel testimoniare l’amore inserendoci a pieno titolo nella moltitudine immensa dell’Apocalisse?

Quanto ha ragione Gesù: abbiamo bisogno di miti, di persone che sono all’opposto dei prepotenti, degli arroganti…. Cioè di coloro che hanno uno sguardo diverso sulla vita perché si fidano anzitutto di Dio. Il prepotente ancor prima di essere prevaricatore nei confronti degli altri, è ribelle nei confronti con Dio, non si fida di Dio.

Il mite cammina nella logica dell’Agnello dell’Apocalisse: è colui che nella difficoltà, nella tribolazione non risponde con prepotenza, senza chissà quale strategia o tattica, ma perché sa che Dio verrà incontro e darà la terra non ai prepotenti, ma a quelli che pongono fiducia in lui. Io ho fiducia in Dio, mi fido di Dio e conseguentemente sono mite verso gli altri.

C’è poi un’altra beatitudine che si impone oggi alla nostra attenzione, è quella al v.6 e che dice: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia.

Ma è di questo che abbiamo fame e sete, della giustizia? Non sembra essere questa nel mondo una fame diffusa. La fame e la sete che vanno per la maggiore sono quelle del consumo, del potere, del successo, della fama. Questa è una fame insaziabile. Vorremmo essere sempre più performanti, più visibili, più apprezzati, più famosi.

Eppure se seguiamo il pensiero di Gesù, nell’intimità di noi stessi ci rendiamo conto che abbiamo anche sete e fame di autenticità, di verità, di sincerità, di essere più umani.

Allora non vergognarti perché non hai i vestiti griffati e usi gli stessi vestiti, non vergognarti se non hai l’ultimo modello di cellulare… la vergogna è fingere di essere qualcuno che non si è.

Al v.10 Gesù dice che si può essere perseguitati anche per la giustizia, e questa beatitudine mi ha fatto pensare a un testimone laico del perseguitato per la giustizia: quanto vorrei ci fosse qui al mio posto a parlare Mimmo Lucano, il sindaco di Riace – lo chiamo ancora così- perché per quella giustizia che mette al centro l’umanità è perseguitato dalla stessa giustizia. Ma è normale essere razzisti? Si chiedeva l’altro giorno qui a Milano. Magari qualcuno mi citerà per istigazione di reato, ma non possiamo non riconoscere che in alcune situazioni oggi essere umani è un reato.

Eppure anche il Concilio così definisce i santi «nostri compagni di umanità trasformati a immagine di Cristo» (Lumen Gentium 50). I santi sono nostri fratelli in umanità, non perché sono impeccabili, perché sono perfetti, ma perché non hanno nascosto la loro umana fragilità e l’hanno vissuta fino in fondo facendola diventare il luogo della teofania di Dio.

“Non silhouette spirituali o anime devote, ma uomini e donne che con l’umile risolutezza che sgorga dalla consapevole accoglienza del dono di grazia, vivono la loro umanità in Cristo: questi i santi e le sante”.

Chiediamo dunque di essere umanamente santi, simili a colui che nella sua umanità ha narrato pienamente il volto di Dio.

(Ap 7,2-4.9-14; Mt 5, 1-12)