X DOPO PENTECOSTE - Mc 12, 41-44
Prima ancora che dalle parole che dice o anche dai gesti che compie, dovremmo imparare ad osservare gli atteggiamenti di Gesù, il suo sguardo, la sua postura… che generalmente passano inosservati, per la fretta o per la superficialità con cui ascoltiamo il Vangelo, ma se vogliamo comprendere un po’ di più il suo modo di pensare, di comprendere e di interpretare ciò che accade, dobbiamo entrare nella scena, entrare nel racconto e infatti oggi ci fa intuire una cosa che me lo fa amare ancora di più.
Dopo aver letto questi pochi versetti potremmo facilmente dedurre che Gesù oggi ci insegni la generosità della povera vedova e questo è quanto mai evidente, oserei dire, ovvio. Senonché Marco introduce il racconto con queste parole: Seduto di fronte al tesoro il Signore osservava come la folla vi gettava monete. Gesù non vede solo la generosità della vedova, ma seduto al tesoro del tempio, osserva con attenzione il comportamento della gente.
Certamente nell’osservare il gesto squisito e delicato della vedova povera che getta due spiccioli, Gesù riconosce che ciò che agli occhi dei più è un’inezia, per lei è stato uno sforzo enorme: vi ha gettato tutto quello che aveva. La traduzione dice: tutto quanto aveva per vivere, letteralmente tutta la sua vita, che dice meglio il senso del pensiero di Gesù.
La povera vedova con quelle due monetine non poteva nemmeno comprarsi una pagnotta, ce ne volevano almeno dieci di quegli spiccioli per comprarsene una. Ma a pensarla in termini economici, poteva donare sì uno spicciolo, ma almeno tenersi l’altro… no, dona tutta la sua vita.
Il Signore però vede anche altro e, anche se fare i confronti è sempre un poco antipatico, talvolta è necessario e lui non si sottrae, anzi incisivo come un bisturi constata che tutti hanno gettato del loro superfluo, tutti danno quel qualcosa in più che non gli cambia la vita.
Non mi pare sia intenzione di Gesù misurare la generosità della gente, immaginate se a uno come lui, che ormai è sulla soglia dell’ultima settimana della sua vita gli possa importare di stare a controllare quanto dona la gente, se il 5 o l’8 per mille!
Questo passo è collocato in una cornice interessante perché subito dopo per Gesù inizia la settimana santa, mentre poche righe appena sopra Gesù senza messe parole ammoniva i suoi discepoli: Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti, guardatevi da coloro che cercano di interpretare le parole di Dio nel nome di Dio, state attenti a chi cerca i saluti nelle piazze, a chi cerca i primi posti sempre… State attenti.
Questo è quello che vede Gesù, ma non lo vede una volta sola, lo registra spesso, quasi sempre in coloro che si riempiono la bocca di Dio, in quelli parlano su Dio e di Dio, che alla fin fine vada perduto, guarda caso, proprio Dio.
Per questo come in contrappunto anziché rivolgere i nostri occhi a chi indossa lunghe vesti e a chi cerca i primi posti, in genere tutti uomini, che amano mettersi in mostra, Gesù suggerisce di volgere lo sguardo a una donna, a una povera vedova. È un invito a saper vedere ciò che non attira facilmente il nostro sguardo e quindi la nostra considerazione. Sono i particolari, le piccole cose, quelle che appaiono insignificanti che spesso invece hanno un dono, il dono di illuminare il cuore e la mente. Nonostante noi siamo sempre a inseguire quello che luccica, che brilla…
Perché anche la religione, dice Gesù, corre sempre il rischio di degenerare in un’attività volta alla propria sussistenza, un po’ come quando dei falsari si mettono all’opera per far circolare la loro moneta falsa che, a vedersi, è molto simile alle banconote autentiche e proprio per questo la si confonde con quelle vere e passa inosservata per parecchio tempo prima che venga smascherata.
Se è vero che nel mondo puoi riuscire a fare il falsario, con Dio però non riesci. Elogiando il dono della povera vedova Gesù non vuole fare i conti in tasca a nessuno, ripeto non è questione di generosità, ma palesa il pericolo della falsificazione della vita spirituale in religiosità che si serve di Dio, anziché servire Dio.
L’ostentazione degli scribi e dei capi religiosi mentre dichiarano al sacerdote incaricato di registrare l’offerta a voce alta quanto vanno deponendo nella cassetta, per mettersi in mostra, può far fare loro bella figura.
In effetti davanti alle tredici casse a forma di tromba con incisa la tipologia di offerta da riporvi che indicavano dove e cosa offrire, era facile assistere all’esibizione di quanto si era devoti a Dio, era l’occasione per mettersi in mostra. Ma in realtà solo la vecchina che non viene vista da nessuno mentre deposita i suoi due spiccioli, dice quanto fosse davvero innamorata di Dio e quindi ricca nella sua povertà.
Possiamo facilmente pensare che fosse anche angosciata perché non poteva che pensare di vivere di accattonaggio, ma la sua fiducia in Dio è ancora più grande. Ed è un particolare interessante che non incontri nemmeno il Cristo. È lui che la vede e la osserva: il suo silenzio nel mentre getta i due spiccioli è la voce ascoltata da Gesù.
E i discepoli devono imparare da lei. Il suo dono piccolo ma impressionante non ci aiuta a decidere quale sia la percentuale da devolvere ai poveri o alla chiesa, ma a fare verità nei nostri cuori, a non compiacerci delle lunghe vesti o delle parate… perché qui e ora è quanto mai urgente vivere il Vangelo. È questo ciò che ci manca più di ogni cosa, vivere, avere una vita che si spende per ciò in cui crediamo.
Abbiamo ridotto la fede a una dottrina, a un precetto, a una morale… ma la nostra vita per chi si spende?
Proprio oggi si sono celebrati in Brasile i funerali di dom Pedro Casaldaliga, vescovo in Amazzonia, morto a 92 anni che ha attraversato periodi molto difficili della storia del Brasile per aver dato voce ai poveri e agli indigeni.
Un vescovo che non amava le lunghe vesti, alla tonaca preferiva i pantaloni grezzi da contadino e gli stivali, come la gente del posto. E non ha esitato di scontrarsi più volte con la giunta militare e con il fronte più conservatore del Brasile. Lottò per i più poveri e i più vulnerabili, ma soprattutto per i contadini senza terra e per le tribù indigene che vivevano in Amazzonia.
Per questo fu più volte minacciato e subì anche un attentato dopo un incontro pacificatore con gli agrari e i proprietari terrieri. Si scontrò più volte anche con il Vaticano, soprattutto durante il pontificato di Giovanni Paolo II, che lo invitava a non solidarizzare con le decine di movimenti sociali particolarmente attivi negli anni ’80 del secolo scorso.
Non era l’ideologia a sostenerlo, non era la difesa del tempio e dei privilegi della chiesa ad animarlo, ciò che lo ispirava, la sorgente del suo impegno e che ci lascia in consegna è il suo essere stato appassionato di Cristo e dal suo modo di guardare la vita e le cose che lo ha reso capace di vedere i poveri, gli sfruttati, gli scartati. Così scriveva in una delle sue straordinarie poesie dal titolo: Gesù di Nazareth.
«Come lasciarti essere solo Te stesso,
senza ridurti, senza manipolarti?
Come, credendo in Te, non proclamarti
uguale, maggiore, migliore del Cristianesimo?
Mietitore di rischi e di dubbi,
vincitore di tutti i poteri,
la Tua carne e la Tua verità in croce, nude,
contraddizione e pace, sei colui che sei!
Gesù di Nazareth, figlio e fratello,
vivente in Dio e pane tra le nostre mani,
cammino e compagno di strada,
Liberatore totale delle nostre vite
che giungi, assieme al mare, con l’alba,
le braci e le piaghe ardenti»[1].
(Mc 12,41-44)
[1] Sonetos biblicos, precisamente. Edicion digital Koinonia