XII DOPO PENTECOSTE - Mt 11, 16-24


audio 20 ago 2023

Forse in questa estate abbiamo avuto anche noi tempo e modo di riflettere più di quanto non facciamo normalmente sullo stato dell’umanità, della società, della chiesa, della nostra stessa vita. Credo che nessuno di noi di fronte alla complessità del nostro mondo, possa fare a meno di fare discernimento per non accontentarsi delle reazioni di pancia o del ricorso ai luoghi comuni per capire il tempo che viviamo.

È curioso come il discernimento di Gesù passi attraverso la metafora del gioco, di un gioco che forse aveva fatto a sua volta da bambino o che aveva visto fare nella piazzetta di Nazaret: i bambini giocano a imitare ciò che fanno i grandi. Le squadre sono due: alcuni bambini stanno seduti ai bordi della piazza e comandano agli altri la parte che devono recitare, ma questi sia che si tratti di imitare le danze di festa di un matrimonio o di imitare i cortei con i lamenti tristi di un funerale, non ne vogliono sapere.

In sostanza, dice Gesù, è una generazione a cui non va mai bene niente. Non va bene Giovanni Battista perché è uno che non mangia e non beve. È ovviamente un’esagerazione retorica… ma il Battista è davvero un asceta, uno che non ama il lusso di corte, né ama indossare vesti morbide… eppure neanche quest’uomo va bene, non piace proprio, specie ai capi del popolo, al punto che gli hanno tagliato la testa.

Non va bene nemmeno il Figlio dell’uomo che mangia e beve. L’allusione concerne i banchetti di Gesù di cui spesso leggiamo nei vangeli. La caratteristica di Gesù, che gli procurava un largo seguito e interesse, era il suo non ritirarsi nel deserto a fare penitenza come il Battista, ma il suo entrare in casa di chiunque, accettando gli inviti a tavola, ovviamente non per gozzovigliare, ma per stare con persone con cui i benpensanti non osavano mangiare.

Eppure non va bene neanche questo. Non va bene una religiosità triste e penitenziale riservata a pochi; ma non va bene neanche che Gesù apra le porte per far festa con chiunque… E quindi?

La sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie. Una frase enigmatica, che potremmo rendere così: il regno di Dio va avanti perché la sapienza che è Gesù compie le sue opere, non sta a guardare chi vuole una cosa e chi vuole un’altra. L’importante sono le opere che sono quelle da lui sottolineate in Matteo 11,5: i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano e ai poveri è annunciata la buona novella.

Corazin, Betsaida e Cafarnao, le tre città del triangolo evangelico dove Gesù ha compiuto i segni più grandi, non hanno capito, non hanno voluto capire, ma Gesù è andato avanti per la sua strada.

Una generazione che come i bambini sulla piazza ha preferito fare i capricci: se faceva miracoli era un problema perché non ne avevano mai a sufficienza, se raccontava parabole si sentivano accusati, se andava a casa di qualcuno non era più affidabile… anche di fronte a Cristo c’è una generazione cui non va mai bene niente.

Chi è oggi questa generazione? Non pensiamo subito agli altri… siamo noi la generazione di cui parla Gesù, certo può essere la gente, la gente comune che ama tanto lamentarsi di quello che fanno gli altri, la gente cui non va mai bene niente di quello che fa un altro.

Ma anzitutto possiamo essere noi questa generazione. È come se Gesù volesse metterci in discussione, nel senso che il primo discernimento ci riguarda, perché forse sono io che non riesco a stare al gioco di Gesù, lo vorrei un po’ diverso, ciò che Gesù fa per me non mi va mai bene.

Non siamo forse una generazione lamentosa? Diciamo sempre: siamo pochi, sempre meno, sempre più vecchi… non facciamo altro che cadere nella lamentosità e non riconosciamo il venire avanti del regno di Dio. Anzi sono sicuro che se anche si dovesse ribaltare la situazione, non saremmo contenti lo stesso.

Non siamo forse una generazione ipercritica? Molte volte ci comportiamo come quei bambini capricciosi che invitati alle nozze dicono: non mi piace; se vengono invitati a giocare al funerale, dicono: non mi piace. Siamo ipercritici perché le circostanze non sono mai di nostro gusto. Abbiamo mille motivi per non accogliere la vita come ci si presenta, per accettare le persone come sono.

Proviamo a invertire questa postura e anziché essere sempre pronti a stilare l’elenco delle circostanze e delle persone che non vanno bene, che sono da cambiare…impariamo la sapienza di Gesù che continua a portare avanti le opere di Dio.

Chiediamo al Signore di avere occhi per un discernimento più attento, disposti ad accogliere il regno di Dio che viene secondo modi e strade che non siamo noi a stabilire, e non cadere nell’atteggiamento dei capi del popolo che pur di non cambiare una virgola del loro sistema, non sono contenti né del Battista né di Gesù.

Per noi è importante incontrare e accogliere Gesù, non i nostri sogni e le nostre fantasie su di lui. Se la sua venuta non è simile a quella che abbiamo immaginato, pazienza, anzi meglio così, perché i nostri sogni ci chiudono in noi stessi, mentre il Signore ci fa uscire da noi stessi per riconoscere e portare avanti le opere di Dio.

(Mt 11,16-24)