V DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE - Mt 22, 34-40


audio 1 ott 2023

A noi cristiani di antica data, questa parola di Gesù sull’amore pare sia la prima, la più importante. Ma non confondiamo le cose: questa parola pur essendo sicuramente importante non è la prima di Gesù, arriva al cap.22, Gesù è entrato in Gerusalemme in maniera solenne, l’ora si è fatta più stretta… questa parola del comandamento dell’amore arriva proprio alla fine, appena prima del discorso sul giudizio finale e del racconto della passione.

Questo mi insegna anzitutto che forse di amore parliamo troppo facilmente… sembra proprio che quando meno ce n’è, più se ne parli. È merce rara in questi tempi intrisi di odio e di violenza, o nel migliore dei casi, di indifferenza e menefreghismo.

Gesù ne parla quando sa che è pronto ad andare fino in fondo, pronto a trarne e a pagarne le conseguenze.

Oggi non gli chiederemmo quale comandamento sia più grande, non ci appartiene questa sensibilità religiosa, probabilmente verrebbe più facile la domanda: ma tu per che cosa vivi? Voi per che cosa vivete? Qual è lo scopo della vostra vita?

La risposta di Gesù è duplice, tiene insieme l’amore per Dio e l’amore per l’altro, amore che implica quello per se stessi. Le parole di Cristo ci evitano di scivolare nelle assolutizzazioni in cui ci capita di incorrere: c’è chi dice di amare Dio, solo Dio… e questo può essere un problema, perché non ci basta Dio! abbiamo bisogno di abbracciare, di sentire le persone che amiamo.

C’è chi ama solo se stesso, diventando il tiranno della propria vita, schiavo dei propri capricci, autocentrato, autoriferito, narcisista.

Ma anche ci dice di amare solo gli altri, vivrà alle dipendenze del loro consenso, della loro approvazione…

Insomma a tenere insieme queste tre relazioni, con Dio, con gli altri e con se stessi è l’amore che per essere tale in quanto è la sete che ci abita, vive tendendo alla pienezza giorno per giorno. Non assolutizziamo mai un amore perché inganneremmo noi stessi, falsificheremmo tutta una vita, vivremmo relazioni tossiche (pensiamo ai femminicidi…).

Più che fare i conti con le nostre inevitabili insufficienze, fissiamo lo sguardo su Gesù, perché anche lui ha saputo tendere all’amore tenendo insieme l’amore per Dio, un amore intenso, profondo, appassionato; l’amore per gli altri: sappiamo quanta cura ha avuto Gesù per le persone, per quelli che più difficilmente venivano amati. A suo modo Gesù ha amato anche scribi e farisei, sommi sacerdoti e erodiani, rimandandoli alla loro ipocrisia, mettendoli in condizione di ripensare i loro atteggiamenti.

Ma Gesù ha amato anche se stesso. Come? Gesù non ha costruito una famiglia, non ha amato una donna come moglie, ma se leggiamo in maniera diacronica la sua breve vita, riconosciamo che si è preso del tempo per se, ha coltivato amicizie profonde, non ha mai rinunciato alle sue convinzioni, non ha cercato il consenso ad ogni costo, ma ha amato se stesso.

Ecco guardiamo da qui, da questa prospettiva l’amore, l’amore cristiano, nel senso che si ispira all’amore così come lo ha vissuto Gesù.

È un amore per così dire ‘squilibrato’, nel senso che Gesù non ha cercato di costruire un equilibrio tra le tre dimensioni, una eventuale, se mai possibile, armonia tra amore di Dio, del prossimo e di se stesso. Non mi sembra che Gesù abbia cercato l’equilibrio. Anzi, se c’è stato un amore squilibrato è proprio quello di Gesù. Chi gliel’ha fatto fare di trascorrere notti intere a pregare il Padre? Se consideriamo qualche giornata trascorsa a Cafarnao lo vedremmo tirato a destra e a sinistra da una folla che non lo molla mai.

Ora domandiamoci se anche noi siamo un poco squilibrati, davvero. Ci sono momenti della vita, situazioni in cui dobbiamo esporci, uscire allo scoperto con tutto l’amore di cui siamo capaci. Ma squilibrati in amore. Se diventiamo squilibrati in amore faremo cose che non avremmo mai immaginato di fare.

Se siamo squilibrati in dottrina diventiamo fondamentalisti e pericolosi. Se diventiamo squilibrati in religione, rischiamo la deriva superstiziosa e magica.

Dovremmo fare un patto di silenzio su Dio: fino a quando un povero continua ad affogare in mare o a morire sulle nostre frontiere, non possiamo dire di amare Dio. Non cediamo alla lusinga di avvolgerci nella comoda coperta della fedeltà alle nostre tradizioni, perché se questa fedeltà significa indifferenza verso gli altri, allora siamo fedeli a tutto fuorché all’uomo e alla donna.

Oggi questo è ancor più grave perché non si tratta di un caso, di una negligenza… ma di un principio organizzativo e programmatico.

Diventiamo, ogni tanto, squilibrati in amore! Dell’amore di Cristo s’intende, non dei sentimenti e delle emozioni che travolgono il cuore. Di quell’amore che come per Gesù arriva più avanti nella vita, quando le delusioni e le esperienze negative ci potrebbero far rinchiudere in noi stessi, quando potremmo sentirci disincantati e cinici. Allora possiamo comprendere di quale amore ci ama Cristo, e di quale amore ha bisogno oggi il mondo.

(Mt 22, 34-40)