II DI QUARESIMA o Domenica della Samaritana - Gv 4, 5-42
Quella di scavare pozzi è sempre stata un’attività fondamentale per la sussistenza dei popoli. Ancora oggi in alcuni paesi africani non è facile trovare queste falde acquifere cui poter attingere acqua e si sa che ci sono alcuni rabdomanti che hanno la capacità di individuare l’acqua o addirittura i metalli nascosti sotto terra. Si trattava, e per molte popolazioni nel mondo appunto lo è ancora, di andare a sondare il terreno per intercettare una vena sotterranea cui poter attingere per se stessi, per la terra e per il bestiame.
Per contro se si doveva fare terra bruciata intorno a una tribù, cosa facevano tra l’altro i nemici per costringerli a cambiare area? Riempivano di terra i pozzi da essi scavati. Infatti Isacco quando si trova nella condizione di assicurare per sé e per i propri figli – tra cui Giacobbe – l’attraversamento di zone desertiche, comincia a riscavare i pozzi di suo padre Abramo che i Filistei avevano riempito di terra (Gen 26, 19).
Mi sembra che Gesù con questa donna di Samaria compia un’azione analoga: le sue parole sono come un lavoro progressivo di pulitura e di sgombero dei detriti dal pozzo del cuore di quella donna.
Gesù sembra richiamare i testi straordinari di Geremia, come quel passo che dice: due sono le colpe che ha commesso il mio popolo, dice il Signore: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe che non trattengono acqua (2, 13: vedi anche 17, 13).
Laddove noi leggiamo “acqua viva”, dovremmo leggere acqua corrente, cioè il contrario delle cisterne che perdono acqua, come dice il profeta.
È l’Eterno la sorgente d’acqua viva che i profeti vedevano sgorgare da Sion e che la rigenerano: Attingerete acqua con gioia alla sorgenti della salvezza (Is 12, 3).
Ecco mi sembra che Gesù aiuti a fare quel lavoro di ripulitura della sorgente d’acqua che nel cuore della donna di Samaria è coperta, soffocata, ingolfata e sporcata dai suoi sensi di colpa e di peccato.
Ma questa non è una donna qualsiasi, è una donna Samaritana.
Sappiamo bene che in ogni cultura, in ogni epoca ci sono dei gruppi di persone che vengono rifiutati. Sono il capro espiatorio, ieri erano i samaritani, oggi da noi sono i rom: è colpa loro se non c’è sicurezza. Non voglio che i miei figli giochino con loro! Non salgo sui mezzi pubblici perché sono pieni di immigrati!
Non solo, questa donna non è soltanto una samaritana, ma scopriamo anche che è una donna dalla morale “facile”: ha avuto cinque mariti e che quello con cui convive adesso non è suo marito.
Cosa avremmo fatto noi? Cosa facciamo noi?
L’ideologo avrebbe fondato un partito per la difesa della famiglia.
Il politico l’avrebbe presa a modello per un progetto di prostituzione a domicilio …
Il bigotto le avrebbe rinfacciato e fatto pesare il suo peccato.
Cosa fa Gesù? La guarda con amore e le dice: ho bisogno di te. Non dice subito: bisogna che tu cambi vita, sei cattiva, immorale … e se cambi vita smetterai anche di venire ad attingere al pozzo a mezzogiorno per la paura di incontrare qualcuno.
No, Gesù rivela il suo amore aiutando questa donna a scoprire che ha qualcosa di bello in sé. Tu sei capace di fare qualcosa per me: mi vuoi aiutare? Mi dai da bere?
Ecco Gesù ci insegna come incontrare le persone povere. Non con l’atteggiamento dall’alto di chi dice: io sono bravo e voi non valete niente. Gesù si mette in basso e dice a questa donna che è molto ferita e che probabilmente si sente in colpa: ho bisogno di te, ho fiducia in te.
A ben guardare credo che ciascuno di noi abbia avuto qualche esperienza simile, perché quando ci si sente poveri, quando ci si sente colpevoli, si perde fiducia in se stessi. Abbiamo l’impressione di non poter fare delle cose belle, perché siamo pieni di angoscia e di negatività.
Ci vuole qualcuno che ci dica: se tu conoscessi il dono di Dio!
Perché nessuno di noi è cosciente fino in fondo del dono di Dio che ci abita sepolto sotto una coltre di pregiudizi, tristezze e paure.
C’è un’acqua viva che scorre sotterranea, anche quando noi vediamo solo il fango e la poltiglia della superficie, ma dentro di noi c’è il dono di Dio, c’è l’acqua viva, lo Spirito di Dio.
E Gesù lo dice a lei e lo dice a ciascuno di noi: Se tu sapessi quanto sei amata! Se tu sapessi la tua vocazione di uomo, di donna, di discepolo!
Cosa ci succede quando ci accorgiamo che non siamo amati?
Chi non ha dei momenti durante i quali ci sentiamo isolati e proviamo angoscia?
Non è mai bello sentirsi soli e non amati. Subentrano angoscia, tristezza e qualche volta anche paura.
Ma c’è un’altra cosa che succede e che è molto difficile da sopportare: se io non sono una gioia per qualcuno, se non sono amato, se non sono amabile, vuole dire che sono cattivo e sono così anche oppresso dal senso di colpa.
Non ci capita forse di sentire persone avanti negli anni che dicono di non avere più un posto nel mondo, nella società, nella vita e si lamentano: Ma cosa sto al mondo a fare? E vivono gli anni della loro vecchiaia sopportando la vita perché si sentono colpevoli di esistere.
Ma anche molti giovani dicono: No, Dio non può amarmi, non faccio tutto quello che lui dice, non merito il suo amore!
Se solo ci guardassimo intorno, quanti pozzi vedremmo sepolti dai detriti della colpa e della paura!
Che cosa permette la trasformazione? Cosa fa’ sì che qualcuno rinserrato nella tristezza, chiuso nella collera, con il sentimento che nessuno lo può amare, possa diventare felice?
È molto semplice: ci vuole qualcuno che pulisca il cuore e lo liberi dal fango affinché quell’uomo, quella donna scopra di essere amato. Affinché la sorgente d’acqua viva che l’Eterno ha deposto in lui possa tornare a zampillare.
Come avviene questo?
Impariamo dall’atteggiamento di Gesù con la donna di Samaria: il Signore non si ferma al pregiudizio etnico, culturale e nemmeno a quello morale che tengono chiusa quella donna nella sua condizione, ma la ama nel modo di rivelarle che è preziosa, che è importante, che la sua vita ha un senso. Dicendole: ho sete, Gesù le dice: Tu sei importante per Dio, per la Chiesa, per la società. Tu sei preziosa. Puoi aiutarmi.
La ama rivelandole che è un valore, che è un valore come persona al di là della provenienza e della moralità e a sua volta diventa subito capace di andare a fare con altri quello che Gesù stesso ha fatto con lei.
Impariamo dal Cristo a riscavare quei pozzi che sono stati seppelliti sotto montagne di pregiudizi, di paure e di condanne. Dobbiamo impegnarci a comprendere le persone, a capire la loro sofferenza.
C’è così tanta gente che si sente sola, che ha il cuore ferito e che si sente cattiva e attende che qualcuno le dica: Non sei cattivo, sei sofferente, hai sofferto e hai bisogno di un amico che, come Gesù con la Samaritana, ti restituisca fiducia, e torni a far zampillare lo Spirito di Dio che è in te.