CIRCONCISIONE DEL SIGNORE - Lc 2, 18-21


Sono almeno tre i motivi che nutrono la nostra riflessione e la nostra preghiera oggi.

Il primo che ci è offerto dal Vangelo di Luca è il ricordo della circoncisione di Gesù.

Forse potrebbe apparirci un fatto marginale nella vita del Signore e per noi del tutto superato, eppure sta lì a ricordarci che Gesù diventando uomo, nascendo da Maria e crescendo nella famiglia con Giuseppe, è nato e cresciuto in un popolo ben preciso.

Gesù è ebreo, ed è ebreo per sempre, come scriveva Elena Bartolini in un suo libro, e dobbiamo ribadirlo viste le sciocchezze che abbiamo sentito di questi tempi, come quel tizio, presunto cattolico, che si è sentito offeso perché Liliana Segre aveva detto che Gesù era ebreo.

Gesù è nato ebreo, è cresciuto da ebreo e la circoncisione, che era ed è per gli Ebrei in uso da oltre tremila anni, è stata ed è uno dei segni primari e fondanti della religione ebraica stessa. Tramandata di generazione in generazione come identità essenziale e indissolubile dell’appartenenza al Popolo ebraico, stabilito dal primo patriarca Abramo con L’Eterno[1].

Si hanno notizie storiche che venisse praticata per motivi d’igiene già presso gli Egizi e da alcune popolazioni dell’area afro-asiatica.

I Musulmani poi la adottarono come regola obbligatoria (Khitan), legati anch’essi per certi aspetti alla tradizione biblica, riconoscendo in Abramo il loro patriarca e primo credente nel Dio Unico.

Abramo, nel rispetto del patto che aveva stretto con l’Eterno, circoncise sé stesso ed in seguito anche i suoi due figli Isacco ed Ismaele, dai quali si fa risalire la nascita delle due religioni monoteiste: quella ebraica da Isacco e quella islamica da Ismaele.

Un secondo motivo di riflessione e di preghiera è dato dalla Giornata mondiale di preghiera per la pace che da 53 anni si celebra il 1° gennaio.

Imparando da Gesù che appunto si è inserito a pieno titolo in un popolo assumendone il destino e la responsabilità, così è importante che anche noi che condividiamo il destino e il cammino dell’intera umanità con le sue lotte e le sue fatiche, le sue sfide e i suoi problemi, celebriamo questa Giornata, che significa assumere la sfida e la grande tensione di tutta la storia umana, di tutta l’umanità che ambisce e cerca un futuro di pace.

È anche vero che siamo stanchi della retorica sulla pace, negli anni abbiamo sentito tanti pronunciamenti e tante parole, oggi poi, come ha detto papa Francesco a Hiroshima e Nagasaki nel novembre scorso durante il suo viaggio in Giappone facciamo fatica a parlare di pace. «Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? Come possiamo proporre la pace se usiamo di continuo l’intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti?».

All’alba del 2020 dobbiamo constatare con amarezza e rabbia che il mondo non sta andando verso il disarmo, ma verso un progressivo processo di riarmo, convenzionale e nucleare.

Nel mondo ci sono ad oggi 15mila testate nucleari, il 90% in mano a Stati Uniti e Russia. Anche noi ne ospitiamo una settantina presso i siti militari di Ghedi (Brescia) e di Aviano (Pordenone), e sembra tra l’altro che anche le cinquanta testate depositate in Turchia siano destinate nei prossimi giorni ad essere trasferite dalla Nato ad Aviano.

Siamo di fronte, come scrive Papa Francesco, a «un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune».

Infatti oltre alla continua ricerca dello sviluppo tecnologico di queste armi e all’impressionante dotazione di risorse per realizzarle e commerciarle, non dimentichiamo gli enormi rischi che un arsenale così costituisce per l’ambiente e per il futuro delle nuove generazioni.

Non possiamo andare avanti nell’ignoranza e nel disinteresse quando sono in ballo interessi vitali di moltitudini, del futuro e dei giovani, mentre l’apparato militare industriale dà profitti enormi.

«Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo o nuove e formidabili armi di guerra?».

Dobbiamo tuttavia riconoscere che nell’anno appena trascorso abbiamo anche visto germogliare semi di speranza. Abbiamo assistito lungo un anno contrastato e complesso all’emergere di un nuovo protagonismo degli adolescenti e dei giovani come non si vedeva da anni. Qualcuno dice addirittura dal 1968![2]

Adolescenti e giovani che si sono assunti un impegno notevole intorno al tema della cura della nostra madre Terra gravemente malata: mettendosi in gioco hanno aperto un nuovo legame e una nuova fraternità con il creato, come papa Francesco aveva anticipato nella Laudatosì’.

Non solo, stiamo osservando un nuovo protagonismo dei giovani anche nella cura del bene comune, nell’esprimere una voglia di fare politica in termini diversi, più rispettosa, più attenta al bene di tutti. Una presa di posizione costruttiva e coraggiosa che costringe il populismo e il sovranismo negli argini che fino a poco tempo fa sembravano impossibili.

Ed è con questi pensieri e sentimenti che stiamo sulla soglia del nuovo anno, ed è il terzo e ultimo motivo di riflessione e di preghiera che raccoglie i precedenti, nel senso che iniziamo questo nuovo anno con la preoccupazione di una fede che si incarna nei problemi reali della storia come ha fatto Gesù e quindi non smettiamo mai di tenere fisso lo sguardo su di lui.

Iniziamo un nuovo anno altresì consapevoli che costruire la pace è difficile. «Il mondo non ha bisogno di parole vuote, ma di testimoni convinti, di artigiani della pace aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni. La pace è un cammino che facciamo insieme cercando sempre il bene comune e impegnandoci a mantenere la parola data e a rispettare il diritto»[3].

Ma iniziamo appunto questo nuovo anno con tutta l’incertezza che possiamo provare nei confronti del futuro e se la reazione di tanti è di andare a cercare rassicurazioni e conferme in improbabili indovini e oroscopi, in superstizioni e scaramanzie… noi vogliamo accogliere l’invito della parola di Dio ad avere un altro atteggiamento, come diceva la prima lettura, che è quello del benedire.

Impariamo ogni giorno a benedire, ad avere cioè un cuore più leggero, uno sguardo più trasparente, una parola più accogliente. Credo che il contrario del benedire sia l’avere pregiudizi e Dio sa di quanti pregiudizi viviamo e che ci rendono tristi, rassegnati, infelici con noi stessi, con gli altri, con Dio.

Papa Francesco ha citato spesso in questo anno una frase del profeta Gioele che vorrei fosse la nostra benedizione su questo nuovo anno: I vostri figli e le vostre figlie diventeranno profeti, i vostri anziani faranno sogni (3,1)

Una frase splendida che solo un profeta poteva scrivere e che diventa benedizione per noi perché è una prospettiva che guarda al futuro, a un futuro in cui lo Spirito di Dio è all’opera e mentre noi non vediamo che il ripetersi dei problemi e delle angosce, lo Spirito suscita giovani che siano profeti e inventa anziani che siano capaci di tenere vivi i sogni!

Purtroppo non lasciamo ai nostri figli e alle nostre figlie soltanto un pianeta in guerra, armato, depredato, surriscaldato e inquinato, lasciamo loro anche un mondo impoverito di sogni grandi e comuni in nome di un realismo rassegnato.

Allora il primo dono che possiamo fare ai nostri giovani è ricominciare a sognare. Cominciare a sognare vuol dire chiedere la fede di Abramo e di Sara, invocare il coraggio di Mosè e di Miriam… insomma guardare al futuro sapendo che come è stato possibile a tutti quegli uomini e a tutte quelle donne essere fedeli alla vocazione che il Signore ha messo nel loro cuore, nel loro tempo e nelle circostanze che hanno vissuto, così sarà possibile anche a noi.

Allora il Signore tornerà a benedirci con la luce del suo volto.

È questo lo sguardo che la benedizione di Aronne invoca su di sé e sul suo popolo ed è anche lo sguardo che invochiamo su ciascuno di noi, sulle nostre famiglie, sul nostro mondo.

«Si tratta di abbandonare il desiderio di dominare gli altri e imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli. Si tratta prima di tutto di credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace»[4].

(Nm 6, 22-27; Lc 2, 18-21)

 

Benedizione per il nuovo anno

 

Signore Dio

benedici noi qui presenti

con la luce del tuo volto

e dona a tutti la pace.

Amen

 

Gesù che hai vissuto fedele al tuo popolo

donaci il coraggio della fede e dell’amore

fino al dono di noi stessi.

Amen

 

Spirito santo che non hai fatto mancare mai i tuoi doni

riempi i nostri giovani di profezia

e dona agli anziani di tenere vivi i sogni di speranza.

Amen

[1] «Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione» (Gen. 17-10-11).

[2] L. Bruni su Avvenire del 31 dicembre 2019.

[3] Papa Francesco, Messaggio per la 53a Giornata mondiale per la pace, 2020

[4] Ivi