V DI AVVENTO - Gv 1, 6-8. 15-18


Abbiamo da pochi giorni celebrato la donna piena di grazia, con queste parole l’angelo aveva salutato Maria e oggi il vangelo di Giovanni ritorna su questo termine quando afferma che la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Ancora nel versetto precedente diceva sempre Giovanni: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia.

Basterebbe provare a chiedere a un cristiano qualunque cosa intende per grazia e probabilmente ci sentiremmo rispondere con espressioni del tipo: stavo male e Dio mi ha fatto la grazia di guarire… oppure avevo perso la fede e Dio mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto la grazia e adesso credo… Il termine grazia è diventato sinonimo di forza, di una non meglio specificata energia divina o soprannaturale, sembra assumere un significato un poco magico e naturalistico.

Perché così accade: non c’è parola, non c’è termine che non subisca il logorio dovuto all’uso, nemmeno le parole dell’anima e dello spirito, anche ad esse accade come ai coltelli che più vengono usati meno incidono e così infatti analogamente molti termini perdono di espressività.

Cosa si intende esprimere nella Scrittura quando Maria viene salutata come la piena di grazia? Non si tratta di esprimere una sua qualità spirituale o morale, ma un dono che Dio le fa. Questa ragazza di Nazaret  è colei che ha ricevuto dall’Eterno un rapporto unico, è talmente abbracciata dall’amore di Dio che ne è strabordante…

Quando Giovanni nel vangelo di oggi afferma che Gesù è colui per mezzo del quale venne la grazia per noi, al punto che per lui noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia… ci dice qualcosa di più di una generica forza, di un intervento anche miracoloso…

La grazia per la Bibbia è la relazione gratuita che Dio offre all’uomo e che in Gesù si manifesta come amore gratuito. Giovanni nell’ultimo versetto del vangelo di oggi afferma: Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Dio diventando umano nel volto di Gesù ci comunica la sua volontà di immergere l’uomo in un circuito d’amore gratuito che lo sospinga a sua volta ad amare gratuitamente.

Gesù rivela il volto di Dio che nessuno ha mai visto. Questa è grazia, charis in greco: il fatto che Dio in Gesù ci stabilisca in relazione con lui appunto gratuitamente. Questo dono, questa grazia, charis, da cui appunto viene ogni altro dono, ogni altro carisma, si offre a noi con un triplice aspetto.

In che modo Dio offre a noi una relazione con lui? anzitutto senza porre condizioni. Cosa affatto scontata, perché noi normalmente amiamo l’altro sempre sotto condizione: se… se lo merita, se è degno, se è bella, se è attraente, se è desiderabile… e poi noi amiamo sempre con un perché: perché dello stesso sangue, della stessa cultura, della stessa religione…

Che Dio ami senza porre condizioni lo comprendiamo da come Gesù nel vangelo tratta le persone che incontra, quando accoglie pubblicani e prostitute addirittura senza sottoporle alla condizione del pentimento, perché il pentimento è il frutto del loro essere già stati accolti dalla misericordia di Dio, come dice Paolo nella lettera ai Romani: Dio dimostra il suo amore verso di noi, mentre eravamo ancora peccatori (5,8).

È difficile per noi accettare anche solo l’idea di una relazione incondizionata. È inconcepibile una relazione in cui si infranga la logica del “se” e del “perché”, è impensabile nel pensiero occidentale al punto che talvolta anche la stessa teologia e la stessa liturgia hanno tentato di correggere questa visione della grazia di Dio.

C’è un secondo aspetto di questa relazione che Dio ci offre gratuitamente, perché una grazia senza ritorno, è per sempre.

“Senza ritorno” è quella relazione dove l’andare verso l’altro non è motivato dal proprio bisogno di chi si serve dell’altro per essere soddisfatto. L’amore di Dio non è una relazione che prende l’essere umano come si afferra un oggetto per stringerlo a sé, come la mano che si allunga per catturare la preda e portarla con sé, ma si arresta di fronte alla sua alterità.

C’è una forza di gravità nei nostri affetti, nel nostro modo di relazionarci che alla fine riconduce sempre su di noi l’amore per l’altra e per l’altro, come il movimento di una pietra che lanciata verso l’alto, per la forza di gravità ricade sempre su chi l’ha lanciata.

Guardiamo Gesù: avrebbe potuto usare la sua forza, avrebbe potuto affermarsi con la sua onnipotenza e servirsi delle persone che incontrava, in Gesù invece Dio è come se mettesse da parte la sua forza e onnipotenza per arrestarsi davanti alla nostra libertà e renderci così responsabili della nostra storia e della nostra vita.

I profeti, come Michea e Malachia nella prima lettura, annunciano una preparazione purificatrice: il Signore viene come fuoco del fonditore, come la lisciva dei lavandai… perché i profeti non vedono altra strada che quella di un intervento forte da parte di Dio, in quanto conoscono bene l’animo umano e sanno come siamo inaffidabili.

Ma proprio per questo Dio consapevole della nostra durezza di cuore, pone la sua forza in un amore che va oltre la Legge! Sarebbe una limitazione inaccettabile per Dio quella di subordinare il suo amore alla nostra capacità di risposta, si comporterebbe come gli dei capricciosi dell’Olimpo, infelice proiezione umana delle nostre frustrazioni.

Il Signore rimane fedele per sempre, abbiamo pregato con il salmo 145. È la stessa convinzione che ci capita di ripetere stancamente al termine delle nostre preghiere quando diciamo “per tutti i secoli dei secoli”… Con queste parole, anch’esse svuotate dal logorio del loro uso, non vogliamo affermare una dilazione temporale imprevedibile, ma diciamo la fede in un Dio che ci sostiene sempre, di generazione in generazione.

Infine, c’è almeno ancora un tratto della relazione gratuita disvelata e istituita dal Dio biblico e manifestata in Gesù. Il Dio biblico ama di un amore che non lascia l’uomo oggetto e destinatario del suo amore, ma lo rende soggetto capace di amare. È il tratto della fecondità, ed è ovvio che qui parliamo per analogia, nel senso che la risposta umana a questa grazia si traduce concretamente in una vita che pone in essere atteggiamenti di amore, gesti di amore, parole di amore.

Immaginiamo un pittore, un artista, un musicista, un Bach redivivo che invece di accontentarsi, cosa che per noi sarebbe più che sufficiente, di chiedere agli alunni di ripetere la sua musica, rendesse ognuno capace di produrre una musica come la sua!

Il Dio di Gesù è un Dio la cui «musica», il suo amore gratuito, senza condizioni e senza ritorno, non lascia l’uomo nella passività, ma lo rende soggetto capace di dare continuità al vangelo dell’amore, della grazia, diventando egli stesso protagonista di un amore senza condizioni, che non ritorna su stesso e capace di iniziativa.

Proviamo a domandarci quale di queste tre note con cui abbiamo cercato di far risuonare in noi l’amore gratuito di Dio, ci sembra la più necessaria nella nostra vita oggi. Magari si tratta di cominciare a togliere un po’ di condizioni… oppure di eliminare quella forza di gravità che nelle nostre relazioni ci vede metterci sempre al centro… Oppure si tratta di fare il primo passo, di prendere l’iniziativa in una relazione bloccata e stanca…

Preghiamo insieme perché la chiesa suoni sempre di questa musica, di questa melodia dell’amore di un Dio che viene senza porre condizioni, che viene per donarsi e che sempre prende l’iniziativa.

(Mi 5,1; Ml 3,1-5a.6-7b; Gv 1,6-8.15-18)