PENULTIMA DOPO L’EPIFANIA detta "della divina clemenza" - Lc 7, 36-50
Può esserci di aiuto, prima di entrare nel vivo del messaggio del vangelo di oggi, ricordarci quanto scrivono alcuni esegeti a proposito di questa e di altre pagine di Luca che sono accomunate da uno schema letterario curioso e che viene chiamato il triangolo drammatico.
Gesù, Simone il fariseo e la donna peccatrice: tre personaggi, tre vite che si incontrano e entrano in tensione. Simone e la donna non si parlano, non si dicono nulla. Certamente qualche sguardo indignato del fariseo nei confronti della donna ci sarà stato… ma il fulcro del triangolo drammatico è Gesù.
Uno schema simile l’abbiamo ad esempio nella parabola del figlio prodigo o del Padre misericordioso (Lc 15), oppure anche nel racconto di Marta e Maria che a loro modo accolgono Gesù (Lc 10), fino alla croce dove intorno a Gesù ci sono due altri crocifissi che a loro volta si pongono in atteggiamenti diversi (LC 23).
Ciò che accomuna queste situazioni è che due figure sono a prima vista in contrapposizione antitetica tra di loro e il conflitto che ne nasce è risolto da un terzo. Due viandanti, due figli, due ospiti, due donne, due ladroni che hanno atteggiamenti in contrasto tra di loro, dove Gesù si inserisce non tanto per trarre la morale della favola… o raccontare una storiella edificante, ma per rivelare qualcosa di Dio, per parlarci dell’Eterno.
Così oggi abbiamo una donna peccatrice pubblica che si intrufola in casa di un fariseo dove probabilmente non avrebbe mai avuto il coraggio di entrare, se non avesse saputo che era già entrato Gesù. Probabilmente fin da piccola era stata abbandonata o venduta, e da allora era stata usata e ignorata, considerata carne da esibire, corpo usa e getta… Avrebbe voluto costruire una relazione vera ma nessuno gliel’aveva mai insegnato. Quante volte avrà pianto da sola, nel silenzio di casa sua, nella sua stanza… ma non era mai riuscita a dare una svolta alla sua vita.
Gli uomini a lei han sempre chiesto solo sesso a pagamento. Gesù è un uomo un po’ diverso, ne ha sentito parlare, forse lui può fare qualcosa?
Le lacrime inondano i piedi di Gesù e i suoi capelli li asciugano. La sua bocca bacia i piedi di Gesù. Le sue mani ungono i piedi di Gesù. Questa fisicità del contatto, del toccare, del baciare, dell’abbracciare è il grido disperato di chi vorrebbe amare ma non riesce che a farlo come ha imparato fin da piccola.
Lo sguardo di Gesù non vede anzitutto il peccato di questa donna, ma vede la sua sofferenza, il suo dolore… perché se è arrivata fino a questo punto vuol dire proprio che non ne può più.
Potrei raccontarvi innumerevoli storie di donne vendute dai genitori, cedute per quattro soldi e abbandonate in Centrale a mendicare… sempre gravide di figli che puntualmente, a loro tutela, vengono dati in affidamento. Dovremmo ricordarlo a quei fascistelli che pensano di avere un futuro migliore facendo pulizia… ma pulizia di cosa? C’è un’umanità sommersa che non si vede, che soffre, patisce, ama in maniera esagerata, ma anche in maniera sbagliata e non sa come venirne fuori….
Lo sguardo di Simone e il suo pensiero interiore dicono precisamente la nostra mentalità, il nostro pregiudizio. Perché Simone non vede in quella donna l’amore, ma solo il suo peccato? Il perché glielo dice Gesù.
Se alla donna ha detto: Le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato, rivolgendosi a Simone dice: sai perché tu ami poco? Non perché sei gretto e cattivo, semplicemente perché non senti il bisogno di essere perdonato e allora ami poco! Al fariseo maschio Gesù dice: non sei capace di amare perché non senti nemmeno il bisogno di essere perdonato. Ami con il contagocce, fai le cose giuste, niente da eccepire! Ma senza il perdono non c’è amore.
Lo vediamo nelle nostre relazioni: il perdono rigenera, il perdono è un processo difficile, faticoso, sia con Dio che con gli altri, ma il vero cambiamento parte da lì. La donna cambia vita perché perdonata e tu fariseo fai una fatica terribile perché non credi di aver bisogno di perdono.
Se è vero nei rapporti interpersonali, il perdono è un processo necessario e fecondo di futuro anche nella storia dei popoli, nelle relazioni internazionali… Pensiamo al tribunale per la verità e la riconciliazione nazionale in Sud Africa, voluto strenuamente da Mandela e da Desmond Tutu in seguito all’apartheid… Lo scopo del tribunale era quello di raccogliere la testimonianza delle vittime e degli autori dei crimini commessi da entrambe le parti durante il regime, richiedere e concedere (quando possibile) il perdono per azioni svolte durante l’apartheid, per superarlo non solo per legge ma per riconciliare realmente vittime e carnefici, oppressori ed oppressi.
Pensiamo anche al Parents circle Families Forum che raccoglie insieme circa 600 famiglie e genitori ebrei e palestinesi che hanno avuto i figli uccisi in azioni di rappresaglia o di terrorismo per testimoniare che il processo di riconciliazione tra individui e tra nazioni è un pre-requisito all’ottenimento di una pace sostenibile.
Quello che ci insegna il Vangelo e che viene messo in pratica anche con queste iniziative non è esattamente quello che fanno i regimi totalitari cancellando le opposizioni o credendo di cancellare la memoria storia come sta facendo la Polonia negando per legge la corresponsabilità del Paese nella Shoà. Non è nemmeno tracciando un colpo di spugna che si scongiura il ripetersi del ritorno della violenza e dell’odio, ma è andando al cuore del nostro stare insieme, riconoscendo le diversità, attraversando anche i conflitti e le tensioni perché siamo tutti in debito gli uni con gli altri.
Non a caso Gesù introduce una parabola sul condono del debito, che viene ripreso tra l’altro nella preghiera del Padre nostro, quando diciamo: rimetti a noi i nostri debiti.
Perché il debito suppone una relazione, un rapporto, richiede la necessità di costruire fiducia reciproca. Il peccato inteso come debito ci fa uscire dall’avvitamento sulla colpa e sulla trasgressione, per mettere in evidenza che se io non faccio la mia parte, faccio mancare qualcosa alla relazione, sono in debito con la mia famiglia, il mio quartiere, la mia città… l’umanità.
Simone pensava: io sono a posto è lei che è fuori posto! Simone non avvertiva di essere in debito con la donna peccatrice e forse nemmeno noi. Noi non siamo in debito anzi, saremmo di quelli che evocano la riapertura delle case chiuse per mettere a posto le cose… anche se questo serve più all’ipocrisia che alla tutela delle persone.
Siamo in debito nel costruire relazioni vere con le persone, nel costruire giorno per giorno giuste relazioni, piene di rispetto.
Il triangolo drammatico della pagina evangelica rivela il dramma del debito che ciascuno di noi ha nei confronti dell’altro e di Dio, è un dramma perché è drammatica l’insolvenza del debito!
Come possiamo uscire da questa situazione?
Dobbiamo seguire Gesù fino a Pasqua, quando di lì a qualche anno, si ricorderà dell’amore di quella donna, dei gesti che gli aveva riservato e memore della forza di quei gesti si chinerà a lavare e a baciare i piedi dei suoi amici e delle sue amiche nel Cenacolo.
Cosa vuol dire quel gesto? Esattamente la riproposta di un amore gratuito, di un amore che, come scrive Osea, è come pioggia di primavera che feconda la terra.
Tante nostre relazioni sono aride come la terra riarsa d’estate, ma se l’amore scende come scendono le lacrime, si abbassa fino ai piedi, sì proprio fin lì, fin nel punto più basso e li bagna con tutto il dolore che si porta dentro, è questo l’unico modo per rimetterli in movimento perché la relazione torni a camminare.
Al termine della folgorante parabola di oggi, Gesù pone una domanda che possiamo fare nostra: Chi amerà di più?
Il problema non è chi ha meno peccati, ma chi ama di più, come dice Osea al termine della lettura di oggi: Voglio l’amore non il sacrificio.
Ma dobbiamo crederci se vogliamo mandare avanti il mondo. Dobbiamo fidarci di Gesù. Per questo dice alla donna, alla fine di tutto: La tua fede ti ha salvata, va’ in pace!
Che c’entra la fede? si è parlato solo di amore e di peccato!? C’entra sì, perché dobbiamo poterci fidare di un Dio così che si abbassa a lavare i nostri piedi perché noi siamo troppo orgogliosi per poterceli lavare gli uni gli altri, questa è la fede del fariseo supponente, autosufficiente.
Ma questa è una fede diabolica sapete? C’è un passo in cui sono i demoni a dire che Gesù è figlio di Dio! anche il diavolo fa professione di fede!
La fede della donna è fatta di occhi, capelli, baci, lacrime, cuore: un amore appassionato che risponde all’amore. Perché lei ha molto amato. Perché Lui ha molto amato, come disse il patriarca Athenagoras, Tutto il cristianesimo è qui.
(Os 6, 1-6; Gal 2, 19- 3,7; Lc 7, 36 – 50)