VI DOPO L’EPIFANIA - Mt 12, 9b-21


Perché guarire un uomo di sabato è considerato dai nemici di Gesù così pericoloso? Cosa c’è di così grave nell’affermare che è lecito in giorno di sabato fare del bene (v.12)? Anche perché queste stesse parole le troviamo sulla bocca di altri rabbini, come rabbi Jonathan contemporaneo di Gesù che diceva: «Il sabato è nelle vostre mani, come è scritto: il sabato è per voi» (Talmud, Joma 85b); «Il sabato è stato dato a voi, non voi al sabato» (Mekiltà).

Questione di buon senso, potremmo dire, come ci raccontava la prima lettura: Davide fugge dall’invidia omicida di Saul con un gruppo di quattro amici e non mangiano da due giorni, quando arrivano davanti ai cinque pani destinati al culto convince il sacerdote che è questione di vita o di morte: e il sacerdote saggio offre i pani del culto per sfamare i fuggitivi.

È buon senso, ma non solo. Anche il buon senso però è per lo meno ambiguo se non pericoloso perché se diciamo che davanti alle norme e alle leggi uno può usare il buon senso… dobbiamo presupporre che abbia una buona coscienza, altrimenti ognuno fa’ come gli pare, scivoliamo nel relativismo, nell’individualismo… cioè in tutti quegli atteggiamenti che segnano il nostro tempo e lo caratterizzano.

Gesù dunque sarebbe un maestro di individualismo e di relativismo? Martini, di cui domenica prossima ricorderemo il 90° anniversario della nascita, diceva che c’è anche un relativismo cristiano e con queste parole intendeva dire che occorre imparare a «leggere tutte le cose che ci circondano “in relazione” al momento in cui tutta la storia sarà palesemente giudicata». Fino al momento in cui sarà Dio a farlo, alla fine dei tempi. Non è vero che tutte le verità sono uguali, che una vale l’altra. Ma «sarà allora, quando verrà il Signore, che finalmente tutti sapremo. Allora si compirà il giudizio sulla storia, e sapremo chi aveva ragione. Allora le opere degli uomini appariranno nel loro vero valore, e tutte le cose si chiariranno, si illumineranno, si pacificheranno»  (omelia per i XXV anni di episcopato).

È questione di gerarchia di valori. Certo che la legge ha una sua importanza, Gesù tra l’altro si è sempre mostrato rispettoso del sabato e non ha mai voluto sovvertire le regole del suo popolo, non è un anarchico. Egli stesso ogni sabato si atteneva all’usanza di andare in sinagoga. La sinagoga era lo spazio come dire più «democratico» della spiritualità ebraica, il luogo dove si leggeva la Scrittura e dove anche un laico come Gesù era chiamato a darne un’interpretazione. Se al tempio si viveva più una esperienza cultuale perché venivano celebrati i sacrifici grazie alla mediazione dei sacerdoti e dei leviti, in sinagoga invece si sperimentava un clima di comunità, di partecipazione e di confronto intorno alla Parola di Dio. E infatti quella cui abbiamo assistito era una discussione dentro la sinagoga a partire da un passo della Bibbia e le situazioni della vita quotidiana.

I farisei ci risultano subito antipatici, perché tra l’altro non manifestano grande sensibilità nel provocare Gesù davanti a un povero disgraziato che ha una mano paralizzata, un uomo che soffre, che non è in grado di lavorare e che si trova a mendicare per guadagnarsi da vivere… ma ci vuole un cuore duro come la pietra per domandare: È lecito guarire in giorno di sabato? Sono a dir poco disumani.

La loro domanda è insidiosa, vogliono vedere se Gesù è un relativista, come se venisse messo di fronte alla necessità di decidere tra fare qualcosa per la felicità dell’uomo e quella di un Dio severo ed esigente.

Quella che pone Gesù non è la questione se abolire il sabato o meno, ma se nella prospettiva del regno di Dio, il rispetto del sabato, cioè della legge per eccellenza, possa diventare un alibi per non rispondere alla legge che Dio stesso ha iscritto nel cuore dell’uomo, la legge dell’amore, iscritta nella coscienza di ogni persona, per questo Gesù semplicemente afferma: di sabato è lecito fare del bene.

Proprio in questi giorni Cédric Herrou, un agricoltore francese di 37 anni, è stato condannato per aver facilitato l’entrata di migranti in Francia dall’Italia e per averne ospitati qualche decina, sia in casa sua che in un centro di vacanze abbandonato delle ferrovie francesi.

È stato condannato a 3mila euro di multa, con la condizionale. Il pm aveva chiesto otto mesi di carcere. «Mi sono messo nell’illegalità perché lo stato si è messo nell’illegalità visto che non rispetta l’obbligo di proteggere i migranti minorenni e li rispedisce indietro (in Italia). Il silenzio ci rende complici».

Qui siamo di fronte addirittura a una legge ingiusta che esige un atto di coraggio come quello di Cédric Herrou che ha ospitato decine di minorenni…Sembra proprio che l’obiettivo dell’accusa nei suoi confronti fosse soprattutto di dissuadere altri a seguire la strada dell’accoglienza nella valle della Roya, quei 25 km che sopra Ventimiglia collegano l’Italia alla Francia, dove sono morti almeno 7 migranti.

L’accusa nei confronti di quest’uomo si fonda su un articolo di legge del 2005, battezzato «reato di solidarietà», che riprende una vecchia ordinanza del ‘45 che a sua volta aveva ripreso i termini di un decreto legge del ‘38, varato sotto l’occupazione tedesca. Il decreto legge del ‘38 era stato seguito nel ‘41 da un’ordinanza del Prefetto di Parigi che colpiva specificamente gli ebrei e puniva chi li ospitava senza denunciarli.

Ecco un esempio di come le parole di Gesù permangono di grande e drammatica attualità: è lecito in giorno di sabato fare il bene? Nell’esempio che vi ho raccontato si tratta di un’ingiustizia che viene codificata dalle leggi dello Stato. Pensate che a Parigi, nei giorni freddi dello scorso gennaio, la polizia è persino giunta a sequestrare le coperte destinate ai migranti, a Calais la sindaca ha messo delle barriere per impedire l’accesso alle docce organizzate dal Sécours Catholique.

Vedete come è difficile diventare umani! Diventiamo ipocriti mettendo davanti a tutto una legge che va contro l’uomo. È proprio sulla denuncia di questa ipocrisia fatta da Gesù anche nei confronti di persone religiose che si scatena la reazione violenta dei suoi oppositori che arrivano a decidere che questo profeta va eliminato!

Ma la cosa che ancora ci stupisce è la reazione di Gesù a questa ostilità. Matteo ci dice che Gesù interpreta il suo stato d’animo con le parole di Isaia, in quella che è la più lunga citazione del Primo testamento in Matteo. Voglio pensare che forse erano le stesse parole che Gesù aveva letto prima in sinagoga. È un passo tratto dal cap. 42, il primo dei quattro canti del Servo: Ecco il mio servo che io ho scelto, il mio amato che mi piace proprio!

Sono le parole che abbiamo udito il giorno del battesimo al Giordano e sul monte della Trasfigurazione, perché il Padre è contento che Gesù si metta in fila con i peccatori e non punti il dito contro nessuno… così oggi il Padre è contento, questa è la ferma convinzione di Gesù, perché assume su di sé il rischio di formare una comunità più umana.

Gesù non reagisce, né controbatte alla violenza dei nemici, non è rissoso, non contesta, non grida, non va in piazza… Tutte frasi negative che lo fanno apparire un perdente, ma per le quali rimane pienamente umano e fa valere una giustizia che non si stabilisce vincendo la violenza con un’altra violenza, ribaltando un potere con un altro potere…

Gesù di fronte alla violenza si sottrae, non reagisce con la stessa aggressività. Si pone su altro piano che non è quello della superiorità che sarebbe ancora una forma sottile di violenza, ma assume su di sé, porta sulle sue spalle l’incomprensione, l’odio, la furia omicida, indicando la strada della vera umanizzazione.

E porterà l’odio e la condanna su di sé fin sulla croce. Cosa significa questo? Significa quello che diciamo in ogni eucaristia sul calice, ovvero ricordiamo che Gesù ha sparso il suo sangue per il perdono dei peccati. Questo non perché doveva placare un Dio furioso. Né solamente perché se sbagliamo possiamo andare a confessare i nostri peccati ed essere perdonati. Significa molto di più. Significa che in  ogni nostra fatica per essere persone che amano e che sono umane, Dio è con noi. La grazia di Dio è con noi nei momenti di caduta e di confusione per rimetterci di nuovo in piedi, liberi di amare e di essere pienamente umani.

Il relativismo cristiano nutrito dalla fede nella venuta del giorno del Signore non genera inimicizia o disprezzo verso il mondo e la società attuali, perché Gesù è venuto proprio per salvare il mondo che Dio ama.

Al contrario, esso genera uno sguardo di simpatia e di “compassione”, quello stesso sguardo che aveva Gesù verso le folle sfiduciate e senza guida. È ancora questo relativismo cristiano che favorisce il discernimento vero nel presente, un discernimento che ci deve rendere più coraggiosi e capaci di scegliere, di decidere con umiltà, se vogliamo insieme costruire un mondo più umano.

(1Sam 21, 2-7; Mt 12, 9-21)