Ascoltare ogni anno questo capitolo splendido di Giovanni (non che gli altri non lo siano) ci aiuta a fare i conti con quella sete di acqua che tutti ci abita e che non ci abbandona mai, una sete che d’altronde ci fa vivere.

Come la sete di amore, di pace, di giustizia, la sete stessa di vivere e di vivere in pienezza.

Oggi è anche la sete della terra: è la nostra terra ad ardere, letteralmente, di sete, e dobbiamo saperlo perché forse già domani, come dicono gli esperti, questa sete sarà un problema.

Tutti questi motivi si intrecciano nel dialogo tra Gesù e la donna samaritana, che è molto più profondo e molto più intelligente di quello che ha avuto con i suoi discepoli.

Quando tornano dalla spesa e arrivano al pozzo, prima di tutto dicono: Ma che ci fa quella lì? Gesù non li guarda neanche e loro: qualcun altro gli ha dato da mangiare, non noi.

I discepoli sono gelosi se gli portano via il ‘loro’ Gesù: Parla con una donna che oltretutto è anche una samaritana. Già essere donna a quell’epoca era una disgrazia, se poi sei anche della Samaria, sei proprio la feccia! E i discepoli ancora sono con la testa e con il cuore soggiogati a queste distinzioni e separazioni, a questi confini che vorrebbero definire chi è dentro e chi è fuori…

Il confine è ovvio che ci dà sicurezza, fa da recinto alle nostre paure, definisce un limite entro il quale distribuire amore e affetto. Sempre più spesso mi sento dire: amo quelli della mia famiglia, mi bastano i problemi di casa mia… io non so cosa ci spinga a continuare a segmentare la vita, la terra, il mondo e a non gioire della bellezza di essere tanti e diversi. Di cosa abbiamo paura?

Gesù non ama i confini, gli steccati, i passaporti… e ce lo dice chiaramente prima prendendo iniziativa con un dialogo intenso e profondo con una donna più intelligente dei discepoli, che ha capito che con lui non può fingere di essere una signora per bene. Poi Gesù supera anche la barriera del moralismo, e la donna riconosce che: Sta parlando proprio con me che effettivamente ho avuto quattro mariti… e il quinto che ha non è nemmeno un marito, ma intanto è sempre lei che viene a prendere l’acqua. Avessimo almeno il coraggio di questa donna, che non nasconde le sue paure e la sua sete.

Lo so come vivi, dice Gesù, per questo ti do io un’acqua viva, diversa da quella del pozzo. La ragazza si commuove e si accorge che Gesù capisce tutto e non giudica, non classifica, anzi apre spazi, dilata i confini.

Allora lei osa: Ho sentito che voi adorate nel tempio e noi adoriamo il monte (i samaritani, tra l’altro, avevano il monte e la legge mosaica, ma non avevano il tempio, erano considerati eretici), allora come la mettiamo? Visto che tu non fai distinzioni e parli con tutti?

Lei cerca di metterla sul piano teologico, e Gesù va oltre anche il confine etnico-teologico: Avremmo ragione noi, però in questo momento non è la cosa più importante. Viene l’ora ed è questa in cui Dio viene adorato in spirito e verità.

Che meraviglia! Dio non ha bisogno di montagne sacre e tantomeno di templi che pretendano di rinchiudere sotto chiave la sua presenza. Pensate che da piccoli ci dicevano che era un atto di vera devozione fare visita una volta al giorno al ‘divin prigioniero’… e sapete chi era il divin prigioniero? Gesù nel tabernacolo!

Ma come, Gesù ci dice che Dio è spirito pervasivo, è come l’aria che respiriamo, entra in tutti gli spiragli di vita, anche in quelli più distanti da lui… e noi gli mettiamo una gabbia intorno?

Ecco cosa succede quando la dottrina prevale sul Vangelo. Arriviamo a dire e a fare il contrario di quello che Gesù dice e fa.

Gesù sbaraglia i confini di genere, del moralismo, del nazionalismo e delle religioni. Ha una predilezione nello sfidare proprio le vite che gli sono refrattarie: lui riesce a trovare sempre, prima o poi, uno spiraglio in cui lasciare che il vento dirompente e sorprendente del suo Spirito, soffi.

Mi innamora un Dio che sbaraglia i confini. Quei confini che ancora noi costruiamo per dire chi è dentro e chi è fuori… quei confini che uccidono e soffocano la vita. Confini che sono più importanti delle persone, delle vite umane.

Abbiamo grandi responsabilità come chiesa: per troppo tempo siamo stati e lo siamo ancora ripiegati sulle nostre cose, anche noi a dettare confini tra credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, tra gruppi… ma smettiamola una buona volta!

Se veramente crediamo e amiamo Dio in spirito e verità, impariamo a scoprire quelle fessure in cui lasciare che la tenerezza di Dio si intrufoli con la sua potenza di vita.

È la verità che Gesù ci dona oggi. La verità di un Dio che si industria per raggiungere le persone lì dove sono e non dove dovrebbero essere.

È la sete di Cristo che dalla croce con l’ultimo fiato che ha in corpo griderà fino alla fine: Ho sete! La sete di Dio che Gesù esprime fino alla fine, è il bisogno e la necessità di portare a compimento il suo amore, di donare il suo Spirito, come infatti scrive Giovanni: Chinato il capo consegnò lo spirito (19,30).

Ci saranno discepoli capaci di discernere la fede della samaritana e di accontentarsi? Evitando eventualmente di costringerla a ritornare in parrocchia a distribuire la buona stampa come segno della sua avvenuta conversione?

Ci saranno discepoli cui basterà essere felici di averle insegnato la strada dell’acqua viva?

Ci saranno discepoli capaci di attraversare i confini e in grado di riconoscere che lo Spirito lavora nei tempi e nei modi che solo lui conosce?

(Gv 4, 5-42)