XI DOPO PENTECOSTE - Mt 10, 16-20
Chiedo al Signore per me e per ciascuno di noi il dono dello Spirito, quello che lui nel vangelo ha assicurato di mandarci affinché di fronte alla violenza e all’odio che ammorbano il mondo e la convivenza umana, ci suggerisca le parole necessarie, parole capaci di senso, ma ci aiuti ad avere anche gli atteggiamenti e le responsabilità da mettere in atto perché occorre, come diceva Gesù, stare in questa situazione sempre più prudenti come serpenti e al tempo stesso semplici come colombe.
La metafora è un poco inusuale nel linguaggio di Gesù ed è anche un poco criptica, ci costringe a pensare ed è importante per noi che non perdiamo questa capacità critica di riflettere, di ponderare quando è più semplice lasciarsi trasportare dall’emozione che ci fa perdere di vista la visione d’insieme e ci riduce a dividere il mondo in buoni e cattivi, dove evidentemente tra i buoni ci siamo noi… e pochi altri.
La metafora ci dice una prima cosa: essere prudenti come serpenti significa avere cura, attenzione, vigilanza e non superficialità e spavalderia. In questi tempi la paura è demonizzata ovviamente, ma la paura, quella stessa che induce il serpente a evitare un pericolo più grande di lui, è anche una emozione importante che ci fa comprendere la soglia del pericolo, ci segnala un rischio, ci fa stare all’erta per evitare situazioni in cui potremmo incontrare delle difficoltà e dei problemi in cui potremmo soccombere. Ecco la prudenza trasforma la paura che paralizzerebbe la vita, che ci impedirebbe di fare le cose di ogni giorno, in discernimento, in attenzione a prendere quello che vale di più.
Prudenti e non ingenui, dunque, ma attenti a capire e a comprendere il rischio e il pericolo che incombe non solo su di noi, sull’Europa, sulla nostra civiltà… ma sulla convivenza umana, sul mondo intero.
Prudenti nel non emettere giudizi affrettati, emotivi, anche perché vogliamo essere partecipi e solidali con il dolore delle famiglie delle vittime, in quanto potremmo esserci stati noi, ciascuno di noi, al posto delle persone falciate dalla furia omicida. Ma proprio il rispetto delle vittime esige che non indugiamo morbosamente sulla loro vita privata… la vera sfida è spegnere la Tv e raccogliere i tasselli di un puzzle che rimane difficile da ricostruire. L’informazione che riceviamo è un invito a stare come di fronte a un film dove noi ci troviamo indiscutibilmente dalla parte dei buoni.
Non è così banale. Negli ultimi anni interventi militari diretti o per procura hanno destabilizzato tutta un’area geografica: le aggressioni all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria fatte in nome dell’industria delle armi, della razzia di petrolio e del gas, ma anche degli stupefacenti hanno alimentato odio e rancore che si sono incanalati in tanti disadattati europei usati come concime per seminare paura, utilizzati oggi dagli stessi gruppi terroristici come Al Qaeda e Daesh/Isis che erano stati finanziati e usati, come è accaduto in Siria dalle grandi potenze occidentali.
Di questo non ci rendiamo conto perché non ci viene detto. Ma nel 2016 gli USA hanno sganciato sulla Siria, l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, lo Yemen, la Somalia e il Pakistan ben più di 26.000 bombe. Si tratta di tre bombe ogni ora per 24 ore al giorno che hanno ucciso migliaia di civili innocenti come coloro che passeggiavano sulla Rambla a Barcellona![1]
In dieci anni, su 41 terroristi assassinati, i droni hanno ucciso 1.147 innocenti. Uomini, donne e bambini di cui giornali e Tv non renderanno mai conto.[2]
Nel 2016 le forniture militari del nostro Governo ai paesi dell’Africa Settentrionale e del medio oriente (regione MENA) ammontano ad oltre 8 miliardi di euro, quasi il 60% delle nostre esportazioni di materiali militari. Fornire armi e sistemi militari a questi regimi, oltre a eludere la legge 185 del 1990 che proibisce l’esportazione di sistemi militari in aree di conflitto e gravi violazioni dei diritti umani, contribuisce ad alimentare le tensioni e rappresenta un esplicito consenso alle loro politiche repressive.
I risultati di queste politiche sono le migliaia di profughi e migranti che cercano rifugio sulle nostre coste. Di cui sentiamo parlare ogni giorno. Mentre delle armi e delle bombe – anche italiane – che alimentano questi conflitti non ci viene detto pressoché nulla.
A complicare le cose ci sta pure la religione, spesso usata come una maschera. Ma Dio non è lì, non è nella violenza dei terroristi, non è nella violenza degli interessi occidentali che senza scrupoli fanno affari sulle ingiustizie e i regimi autoritari. No, Dio non è lì.
Ce lo ricorda la vicenda di Elia. Noi abbiamo ascoltato solo la parte per così dire finale della sua storia. Elia in nome di Dio e con tutte le ragioni del mondo, aveva fatto sterminare di spada, e ci si era impegnato pure lui, quasi un migliaio di pseudo profeti al soldo della regina Gezabele. Potete immaginare la furia della regina: lo vuole eliminare ad ogni costo. Elia fugge per 40 giorni fino ad arrivare al monte di Mosè, ed è lì che solo, depresso e rassegnato vorrebbe che Dio si confermasse dalla sua parte.
Invece sul monte di Mosè, non accade nulla. I fenomeni accaduti in Esodo (19,16) come il terremoto, il fuoco, il vento impetuoso e che rivelavano la presenza di Dio… qui non avvengono. Non accade nulla. Elia può solo ascoltare il silenzio. Quello che al v.12 viene tradotto come il sussurro di una brezza leggera, letteralmente è una sottile voce di silenzio.
Dio non è lì dove Elia fa strage in nome suo. Dio non è lì dove Gezabele compra i profeti assicurandogli vitto e alloggio. Dio non è dove i terroristi uccidono. Dio non è dove le bombe fanno strage di esseri umani.
No, Dio non sei lì. Alcuni ti usano e tu cosa fai? ti ritrai… fai silenzio.
E allora noi oltre a imparare ad essere prudenti, di fronte al silenzio di Dio chiediamo di diventare semplici come colombe, infatti in certi momenti è più facile diventare lupi a nostra volta, farci aggressivi, violenti.
La semplicità, di cui la colomba è un esempio, è propria di chi nonostante le tribolazioni, le persecuzioni, le ingiustizie subite non perde la fiducia di essere caro al cuore di Dio.
Quando Paolo scrive nella seconda lettura di una spina che lo mette alla prova, anche se non ci è dato di sapere in che cosa consistesse, tuttavia il messaggio è chiaro: la forza si manifesta nella debolezza. Sì è proprio così, quando sei debole viene spontaneo abbattersi, deprimersi, di lasciarsi andare al vittimismo. No, quello è il momento in cui affidarsi al Vangelo, che non è tuoni, fulmini o fenomeni strani… è voce di silenzio, sottile voce di silenzio, un sussurro!
Anche Elia ha dovuto cambiare e imparare per diventare prudente e semplice. Ho nel cuore una figura che ha abitato da profeta le tensioni del nostro tempo, si tratta di padre Paolo dall’Oglio, il gesuita romano rapito quattro anni fa a Raqqa, in Siria.
Credo che lo Spirito gli abbia suggerito sia l’atteggiamento scaltro e semplice, ma anche le parole necessarie, infatti diceva: “Il fenomeno dell’islamismo radicale, semplicisticamente chiamato terrorismo, come al-Qaeda, è in gran parte, a mio giudizio, l’espressione di un profondo smarrimento. Nasce da un sentimento di persecuzione, di rifiuto, al tempo stesso interno al mondo musulmano e presente nella relazione tra il mondo musulmano e il potere occidentale.
Scegliendo di organizzarsi nella clandestinità, però, e presi da una febbre ideologica estremista nella quale pensano di detenere il monopolio della verità, sprofondano in un sistema criminale propriamente mafioso. Oggi sappiamo che esistono legami diretti tra la mafia internazionale e gruppi islamisti radicali e clandestini.
Per rispondere a questa sfida, il mondo occidentale dovrebbe tentare di divenire migliore, meno corrotto, maggiormente desideroso di tener conto della comunità musulmana nel pluralismo che le è proprio. Un mondo più inclusivo e più evolutivo…. Non si deve chiedere l’acculturazione mediante l’espropriazione dei loro valori, ma attraverso l’armonizzazione di evoluzioni plurali. Augurarsi un islam compatibile con la società occidentale richiede a questa società di essere più accogliente e più flessibile” [3].
Mandaci il tuo Spirito o Padre che ci doni le parole necessarie in questi tempi e ci insegni ad avere un cuore prudente e semplice, capace di fidarsi di te anche quando rimani in silenzio.
(1Re 19,8-16.18; 2Cor 12, 2-10; Mt 10, 16-20)
[1] Studio del Council on Foreign Relations
[2] Rapporto dell’Ong britannica Reprive
[3] “Collera e luce. Un prete nella rivoluzione siriana” Emi, 2013.