XIX DEL TEMPO ORDINARIO - Mt 14, 22-33


(1 Re 19, 9.11-13; Mt 14, 22-33)

Ascoltando il racconto evangelico, prima ancora di entrare in una prospettiva spirituale e teologica, mi viene da pensare che Pietro un po’ se l’è cercata! Anziché aspettare il Signore sulla barca come tutti gli altri, Pietro sembra quasi provocarlo: se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque. La richiesta non è affatto necessaria per la logica del racconto: Gesù sta già venendo incontro ai suoi e Pietro non dovrebbe fare altro che aspettarlo. Perché, allora, fa questa richiesta?

Forse per il suo carattere impulsivo – che ha comunque una sua grandezza – vuole mettere alla prova il Signore e costringerlo a scoprirsi: Se sei davvero tu… O forse perché Pietro in qualche modo ha la pretesa di costringere Gesù a fare come vuole lui.

Proprio per questa presunzione di poter camminare sulle acque come Gesù e quindi di essere capace di “imitarlo”, Pietro va incontro al fallimento: il peso specifico del suo io non può governare il mare e così va a fondo. Nessuno di noi può disporre di Gesù, ridurlo al servizio del proprio io, o trattarlo come un portafortuna che ci esime dalle tempeste della vita.

Pietro ritorna discepolo quando grida la preghiera elementare, iniziale, di chi ha bisogno di Dio e si rende conto di non potersi servire di lui: Signore salvami! Gesù, io sono uno da salvare e non uno che cammina sulle acque!

Così il Signore chiama Pietro uomo di poca fede (oligópistos), non “uomo senza fede” o incredulo, ma uno la cui fede deve ancora crescere, maturare proprio per questo e chiamandolo così subito gli tende la mano e lo salva: gli tende la mano, che è un gesto d’amore, e lo afferra, ma dicendogli anche una parola di verità: «uomo di poca fede».

Questo ci consola e ci fa sentire capiti e accolti anche nel nostro cammino di fede. Quante volte abbiamo utilizzato questa metafora del cammino per dire la fede, ed è proprio così: seguire il Signore non è mai una passeggiata, è piuttosto salire con lui sulla barca della storia e affrontare la navigazione con tutti i suoi imprevisti, le tempeste e le angosce. È camminare presi per mano da lui, ma pur sempre facendo balzi in avanti e passi indietro, tenendoci sia gli slanci che ci entusiasmano che i dubbi che ci prendono dentro e ci inquietano.

Ne abbiamo avuto un esempio eloquente anche nella prima lettura col profeta Elia. L’uomo di Dio, perseguitato a morte, si trova costretto a fuggire terrorizzato all’idea della fine che potrebbe attenderlo e cerca un segno, in qualche modo cerca la conferma dell’Eterno prima nel vento, poi nel terremoto e infine nel fuoco.

C’è in questo racconto come un itinerario che ci appartiene, un itinerario che conduce Elia a riconoscere la mano del Signore passando attraverso esperienze diverse.

Magari anche a noi sarà capitato di affidarci ai venti del momento, alle mode e ai modi di pensare più comuni che sembravano rassicurarci.

Poi sono arrivati anche nella nostra vita come dei terremoti, che sono quelle esperienze che ci ribaltano come un calzino, che ci sovvertono le consuetudini e le abitudini cui siamo tanto legati e ci costringono a nuovi equilibri, a nuove prospettive.

Poi siamo passati anche attraverso il fuoco, abbiamo provato emozioni intense, ci sembrava di bruciare per un sentimento cui sembrava valesse la pena affidare tutta la vita!

Eppure Dio non è lì, dice la Scrittura. O meglio da lì dobbiamo passare per andare oltre, per camminare verso l’incontro con lui amato, cercato, desiderato, e sarà nel sussurro di una brezza leggera, o meglio come dice il testo originale, nella voce di silenzio sottile che si può ascoltare l’Eterno.

Quella voce e quel silenzio che Gesù cercava nelle sue notti di preghiera in perfetta solitudine e che gli hanno permesso di attraversare la tempesta che invece il suo amico Pietro non è stato capace di superare e – come è successo tante volte a noi – rischiava di affogare in un bicchiere d’acqua.

Mentre Gesù, di notte, solo sulla montagna è in preghiera, i dodici nella loro barca remano inutilmente, perché il vento è contrario su un lago che si agita sempre di più.

Il lago di Galilea è largo circa 12 Km: vuol dire che tutto sommato i discepoli non riescono poi ad andare tanto lontano, ma questa è una metafora della realtà.

Nell’immagine della barca che solca il lago con il vento contrario Matteo vede la sua comunità che fa fatica a reggere il corso degli eventi, che sono contrari al Vangelo. Una comunità che deve fidarsi della promessa del Signore Risorto che sta alla destra di Dio e intercede per i suoi che sono nel mondo: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28, 20).

In quella traversata notturna e contrastata, in cui la fede si mescola al dubbio, ci siamo anche noi, c’è la vicenda della Chiesa nella storia, c’è il cammino dei cristiani nel mondo.

Gesù che con amore tende la mano a Pietro, è lo stesso Gesù che ci prende per mano nella nostra poca fede sballottata dalle onde della storia.

Con le parole di Pietro, ci facciamo voce di tanti che presi dalla paura, rischiano di sprofondare nella disperazione e gridiamo insieme: Signore salvaci!

La tentazione di sempre della Chiesa è quella di cercare, per parare i colpi di vento e di burrasca, di offrire più ascolto alle certezze del mondo e di garantirsi la pace e la tranquillità per il peso politico, economico e per il potere che può esercitare.

Ma quando la Chiesa cerca questo non è più credibile, quando si cerca l’alleanza con il politico o esercita scambi di interesse… perde di credibilità; non solo, ma chi pensa che la vita cristiana debba esentare dalla fatica, dalla sofferenza e dalla contrarietà, fa di Cristo un fantasma, un parto della propria fantasia, una proiezione idealizzata. Così è successo a Pietro.

Se la tempesta sulle acque del lago rappresenta il grande male oscuro del mondo, la massa imponderabile della condizione umana nella storia, il modo per governarlo è camminarci sopra, ma da soli non siamo capaci: occorre che ci lasciamo prendere per mano e riconosciamo la nostra poca fede.

Gesù che cammina sulle acque, è lo stesso Cristo che vince la morte… e il racconto di oggi ci dice che lui è il Signore del vento, delle onde, della paura. La questione è di saperci fidare.