VI DI AVVENTO Domenica dell’Incarnazione o della Divina Maternità della beata Vergine Maria - Lc 1, 26-38a


audio 19 dic 2021

Per quanto conosciamo bene questa pagina di Vangelo, per quanto le parole scorrano via facili e il pensiero vada avanti e corra subito oltre, è comunque una pagina sorprendente ogni volta

Parliamo di una ragazza sconosciuta, di un villaggio remoto della Palestina che a distanza di duemila anni ha qualcosa da dire a noi che, lontani anni luce dal sentire gli angeli, abbiamo una sensibilità e una cultura che si sente superiore, in qualche modo emancipata dalla sua.

Non solo, la nostra precomprensione guarda Maria come una donna sottomessa, remissiva… ma è appunto un nostro pregiudizio perché se ascoltiamo con attenzione dobbiamo riconoscere che nel vangelo è descritta come una giovane donna che pensa, che è coraggiosa nel prendere decisioni che la riguardano, che non si lascia condizionare da quello che diranno gli altri, la gente, la sua famiglia…

Leonardo Boff, nel suo libro Ave Maria, il femminile e lo Spirito santo, dipinge Maria come una donna capace di essere la compagna di Dio. Maria che accoglie di essere incinta di Dio. È straordinaria la sua fiducia.

Sappiamo che una donna può rimanere incinta di un uomo che non ama, ma spiritualmente non si può. Non si può stuprare una donna spiritualmente; fisicamente, psicologicamente, moralmente si, ma non spiritualmente.

Dio non s’impone a lei con la forza, Dio chiede a Maria e lei risponde sì e rimane incinta perché? perché si amano. Niente di più umano e divino.

È una cosa tanto semplice, quanto bella perché è quello che Dio vuole con noi: rendere spiritualmente fecondo ognuno di noi perché possiamo generare il Vangelo nel mondo, in questo nostro tempo.

Da quello che ci ha detto e insegnato Gesù, il Dio cristiano non si impone mai, bussa alla porta di casa, bussa al nostro cuore. È un Dio che esiste nello spazio e nel tempo, eppure cerca casa per Gesù, per dare casa al Vangelo.

Normalmente le religioni costruiscono case e templi alle divinità: la storia più che millenaria dell’umanità è attraversata da questa costante. C’è chi costruiva il tempio con la pietra, chi con il legno, chi nelle rocce, chi negli abissi e chi sulle cime… ma nessuno ha mai pensato che Dio potesse cercare di abitare nell’umano, di prendere casa in noi.

È questa la prima sorpresa che ci suggerisce il testo di Luca oggi: l’iniziativa del Dio d’Israele che feconda col suo Spirito il grembo di una ragazza e la rende casa di Dio.

L’ombra che copriva l’arca dell’alleanza, ieri adombrava Maria, oggi copre e protegge i veri tabernacoli, i grembi di migliaia di persone che come Maria generano speranza, generano amore, generano fiducia.

La seconda sorpresa è che nella teologia di Luca non sono più i maschi i veri generatori di vite e di dinastie, come voleva una certa tradizione stantia e sclerotizzata.

O meglio: non sono più le persone di potere, uomini e donne che siano, a dare futuro al mondo con le loro trame e le loro tresche… questi ormai sono strumenti infecondi a servizio di precetti ipocriti e di una religiosità sterile. Per quanto possano dominare la scena del mondo per qualche tempo, sono ormai incapaci di portare frutti di giustizia e non fanno che aumentare le diseguaglianze, accrescere la tristezza, la delusione, l’odio reciproco.

Maria di Nazareth emerge come simbolo universale di tutti coloro che, uomini e donne di fede, di differenti culture, inaugurano un’alleanza nuova tra Dio e l’umanità.

Perché di questo si tratta: il Vangelo, la buona notizia diventa carne, diventa storia, grazie alle miriadi di angeli contemporanei, indigeni, migranti, senza casa, senza terra, senza mandati istituzionali, che si fidano davvero di Dio. Perché la fiducia è il fondamento dell’amore. sulla fiducia si costruiscono relazioni vere e solide. Si fa alleanza sulla fiducia reciproca, non c’è storia.

Proprio perché si amano, Maria genera il Figlio di Dio, al quale viene dato il trono di Davide, scrive Luca. Ed è l’ultima sorpresa tra le tante che potremmo cogliere. ‘Trono e amore’ sono due termini che difficilmente stanno insieme. Tutto sta nel comprendere di quale trono stiamo parlando, su quale trono questo bambino, che oggi contempliamo appena concepito, salirà.

Sicuramente si misurerà con i troni degli Erode e dei Cesare di turno, ma non per competere con essi, tutt’altro. Tutti costoro prima o poi verranno deposti dai loro scranni. Così come i ricchi di ieri e di oggi, i trafficanti di schiavi e di corpi, gli sfruttatori di minerali e di legname pregiato prima o poi faranno l’esperienza di rimanere a mani vuote. I produttori e i commercianti di fucili e di armi, gli eserciti mercenari e le polizie private perderanno il lavoro.

Il trono della misericordia, il trono della tenerezza che sarà occupato da un bambino che oggi contempliamo nel grembo di una ragazza amata da Dio, è un trono che non si conquista con trame e imbrogli, non viene dato per discendenza, per classe sociale o per un qualche privilegio.

È un trono sul quale il bambino Gesù imparerà a sedersi, apprendendo tutto da sua madre e da suo Padre: ha imparato da loro a mettere la propria vita, il proprio corpo, la propria esistenza a servizio del Vangelo.

Che possa davvero sorprenderci questo al Natale, imparando da Maria la grazia dello stupore davanti al Dio delle sorprese che si fida di noi e vuole mettere su casa con noi.

Rinnoviamo lo stupore delle origini, quando nacque in noi la fede. Quando il Vangelo ha preso casa dentro di noi, nelle nostre vite. Quando abbiamo sentito che Dio ha iniziato ad amarci.

Lasciamoci sorprendere senza ingenuità, dal coraggio e dalla capacità di Maria non di cercare troni sempre più alti, né per sé e tantomeno per il Figlio: ma di abitare la bellezza di stare dalla parte dei piccoli e dei poveri.

Forse così anche noi come Chiesa impareremo le sorprese di un Dio che non ama essere rinchiuso nella naftalina delle nostre abitudini. Maria ci insegni a lasciarci sorprendere dallo Spirito di Dio, quando crediamo di avere sistemato tutto, perché il Vangelo attende ancora di trovare casa in questo nostro mondo.

(Lc 1, 26-38a)