XIV DEL TEMPO ORDINARIO - Lc 10, 1-9
Luca 10, 1-9
Oggi incontriamo il mistero grande e suggestivo di come il Signore nella sua onnipotenza abbia in realtà bisogno delle nostre vite, delle nostre intelligenze e dei nostri cuori per permettere al suo Vangelo di continuare a compiere quella corsa che Gesù stesso ha iniziato.
Leggiamo in Luca: Il Signore dopo questi fatti designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due davanti a sé …
Mentre il Signore sale verso Gerusalemme chiama, accanto ai Dodici apostoli che aveva già scelto e inviato, anche altri settantadue discepoli affinché non solo stiano dietro a lui, ma si facciano carico della missione.
Il loro numero è simbolico: “72” perché, secondo Gen 10, le tavole delle genti contano appunto 72 popoli… come a dire che non c’è cultura, popolo o razza che non possa accogliere l’annuncio del regno. Il vangelo è accessibile a tutti i popoli, a tutte le culture e le civiltà; non solo, ma tutti coloro che ricevono il Vangelo sono chiamati a non tenerselo per se, è loro responsabilità che il Vangelo possa continuare la sua corsa attraverso i secoli e le generazioni.
Vediamo ora più precisamente: che cosa chiede Gesù a coloro che manda?
E di conseguenza dobbiamo domandarci cosa significa oggi, anche perché parlare di missione, di slancio apostolico … non è cosa semplice per noi ormai sufficientemente smaliziati e diffidenti verso ogni forma di proselitismo.
Sommersi da infinite forme di pubblicità, di propaganda, ci siamo dati una soglia di accettazione critica molto alta di tutto ciò che ci viene propugnato, proprio perché, sommersi da molti messaggi, da molti annunci, vogliamo difendere la nostra libertà e la nostra indipendenza.
Di fronte a questa pagina di vangelo il discorso potrebbe farsi anche più complesso di quanto non si possa fare ora, perché dovremmo chiederci come coniugare la missionarietà ad esempio con il dialogo ecumenico, come mettere insieme questo slancio richiesto da Gesù con il rispetto e la tolleranza delle altre religioni, nella relazione con i non credenti … Non possiamo qui approfondire tutti gli aspetti connessi al tema della missione, certamente accogliamo la parola del Signore per quello che ci è dato di comprendere perché poi ciascuno possa trovare le mediazioni e le risposte che nella sua vita è chiamato a dare.
Mi sembra di poter raccogliere la parola di Gesù intorno a tre verbi: “pregate, andate e rallegratevi”.
Il primo imperativo è tipico di Luca: pregate! Come il Cristo, anche il discepolo sa che la fecondità della missione nasce dalla relazione con Padre: il mistero stesso della Trinità è mistero e significato della missione.
Il comando di Gesù: pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe non è semplicemente l’invito a chiedere a Dio un numero considerevole di vocazioni… come se Dio non lo sapesse, al punto che dovremmo ricordaglielo noi! Gesù non è mai banale.
Certo è che noi, di fronte all’affermazione la messe è abbondante ma sono pochi gli operai, aggiungeremmo subito: allora bisogna lavorare il doppio! Il Signore invece comanda: pregate il Signore della messe.
Perché anzitutto occorre sapere vedere che la messe è abbondante. Cosa che non è affatto scontata, in tempi di facile lamento e di pessimismo, ci troviamo spesso a guardare all’impoverimento del mondo e dei suoi valori … Gesù ci chiede di sapere vedere oltre e dentro le cose, per scrutare come il Padre operi dentro le persone e la storia umana, al punto che la corsa del Vangelo non dipende dalle strategie, dalle tecniche o quant’altro, alla stregua della mission di un’azienda o di un sistema economico o politico, perché il Signore non ha mai smesso di operare dentro il campo del mondo.
È chiaro che agli occhi di Gesù non servono grandi cose, strumenti di persuasione o strategie di sviluppo, ma servono persone libere e di preghiera che sappiano riconoscere il lavoro di Dio nel cuore delle persone, per questo il primo verbo sorprendentemente è l’invito alla preghiera: non c’è stato grande missionario che non fosse uomo di preghiera e di intercessione.
Nella preghiera la missione riceve la sua vera fecondità, non siamo noi a dover correre, ma il vangelo corre di cuore in cuore e noi lo sappiamo riconoscere se siamo liberi e non appesantiti né zavorrati.
Infatti il secondo imperativo, che è molto più articolato, dettaglia diremmo noi “lo stile”, il modo di porsi del discepolo che deve evitare la tentazione di una testimonianza aggressiva e impositiva, che farebbe della missione più un affare di marketing e di pubblicità, che un’opera di Dio: andate, ecco vi mando come agnelli in mezzo ai lupi … Affermazione che sollecita in noi un atteggiamento sveglio, attento perché non è una missione facile e non facciamo fatica a riconoscere le varie trasformazioni dei lupi che sono sempre in agguato.
Forse anche per questo il Signore manda i discepoli a due a due, proprio perché vincendo l’ottica dei cavalieri romantici, dei navigatori solitari, o come si dice oggi dei free lance, la fatica coordinata di due è di gran lunga più feconda e meno rischiosa di quella tutta solitaria. Anche perché gli individualismi possono inquinare la testimonianza e rischiano di spostare il centro dell’attenzione dal Vangelo sui suoi discepoli.
E poi c’è l’invito alla sobrietà, alla semplicità, come ad affidarsi semplicemente alla forza della parola del Vangelo e non agli strumenti di persuasione. Non portate borsa, né sacca, né sandali … Vedete quando facciamo le valigie per un viaggio, ci preoccupiamo di non dimenticare nulla, di portarci dietro tutto quello che pensiamo ci possa essere utile: non basta un solo paio di scarpe… metti questo, prendi quest’altro … la nostra preoccupazione è quella di aggiungere. Gesù invece, in questo viaggio che è la missione, l’annuncio del vangelo, ci dice: togli, devi essere leggero, devi essere libero, perché il vangelo corra!
Per noi le cose sono la nostra salvezza, infatti tanto più ci sentiamo sicuri quante più cose abbiamo da stringere tra le mani. Ma anche nel modo di essere chiesa, diciamocelo: non sappiamo più cosa inventare, moltiplichiamo documenti, convegni, conferenze, gruppi di lavoro … Vi confesso che ho nostalgia di una chiesa più semplice, più sciolta e leggera.
Infine l’ultimo verbo è l’invito alla gioia: Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. Ed è un verbo che viene dopo l’annuncio dei possibili fallimenti cui va incontro la missione e dopo il resoconto gioioso della prima uscita dei 72.
Ci sono successi e insuccessi, dice Gesù se il Vangelo è parola di vita, di libertà, di gioia, è anche vero però che subisce la stessa sorte del suo Signore.
Quello che conta è che il fallimento, la croce, il rifiuto non sono il criterio di verità del Vangelo, così come il successo o il peso numerico dei cristiani, anzi non dobbiamo cadere vittime dell’ansia di venire accettati da tutti, di voler a tutti i costi ottenere il consenso e riconoscere che il regno di Dio viene comunque e nonostante i rifiuti e le opposizioni
L’esortazione a scuotere la polvere dai piedi contro chi non ha accolto l’annuncio del vangelo, è un’indicazione di libertà dall’ansia del risultato.
Annunciare il vangelo non significa necessariamente far diventare cristiani tutti quelli che incontriamo, né fare tornare in chiesa tutti i battezzati e in particolare coloro che ci andavano e hanno smesso di andarci.
Annunciare il vangelo significa essere sempre noi stessi sottomessi al vangelo per dire con i fatti e le parole l’amore di Dio, che il regno è vicino, prendendoci cura di chi fa fatica, di chi rimane indietro, di chi è malato… annunciando a tutti che i nostri nomi sono scritti nelle mani di Dio.
La missione dunque dipende da Dio e non dalle cose, dalla preghiera e non dalle iniziative, la missione non la fa il singolo, ma la comunità (c’è voluto un concilio per ribadirlo!), la missione infine non è schiava dell’ansia del risultato, perché se Gesù per primo non ha avuto grande successo, a maggior ragione accadrà a noi. Dobbiamo rallegrarci ed essere felici non per i risultati, ma perché siamo cari al cuore di Dio.
Preghiamo dunque il Signore che ci renda come un Vangelo aperto, semplicemente un Vangelo vivo così che tutti coloro che ci incontrano possano conoscere e amare il Cristo, unico nostro vanto.