I DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE - Gv 3, 25-36
(Mc 7,1-8.14-15.21-23)
Sarei tentato oggi di far riaffiorare dagli scritti del cardinal Martini qualche pagina per tenere vivo il suo ricordo, la memoria del suo passaggio in mezzo a noi. Ma ho pensato che il modo migliore per ricordare oggi nell’eucaristia la pasqua del cardinal Martini sia quello di dare seguito fedele a quello che è stato il suo più grande impegno e il suo primo atteggiamento pastorale: la fedeltà alla Parola di Dio.
Certamente nella sua sapienza avrebbe molte cose da dirci, con tutta umiltà condivido con voi quello che la parola evangelica ascoltata e pregata, come lui mi ha insegnato, oggi mi suggerisce.
Fin da subito veniamo posti di fronte al centro della vita, al cuore appunto e quando diciamo di toccare il cuore di una questione, diciamo di arrivare dentro l’essenziale, da dove si dipartono gli orientamenti, le scelte, le decisioni che fecondano poi tutto il resto.
Ed è proprio al cuore che Gesù rimanda, quando viene posto di fronte a questioni di purità o come diremmo noi oggi di pratica religiosa, da parte dei farisei e degli scribi.
Il termine ‘cuore’ nella Bibbia ricorre più di mille volte: non come semplice evocazione dei sentimenti e dell’affettività, ma come luogo dove si decide e si ama la verità, dove nascono le azioni, dove si sceglie il bene e il male, dove in qualche modo si gioca l’orientamento della nostra vita, infatti, come scrive O. Clément: Tutta la vita è un pellegrinaggio verso il luogo del cuore.
Perché, come conclude Gesù la pagina di oggi: dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni quelle cattive…e poi ancora, dopo aver fatto l’elenco: tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo.
Gesù opera quindi un invito ai farisei di allora e a quelli di oggi che siamo noi, a non accontentarsi di compiere azioni formalmente giuste, esteriormente ineccepibili, ma ad operare una sorta di ecologia del cuore.
Perché il rischio di sempre dell’uomo religioso è la grande questione dell’ipocrisia: formalmente vengono rispettate tutte le regole, si salvaguardano tutte le formalità, ci si preoccupa di apparire più che di essere buoni, magari anche sempre con il sorriso sulle labbra… cosicché nessuno abbia niente da dire, ma in realtà se ci guardiamo nel cuore, scopriamo di che preoccuparci e di che vergognarci…
Lo sporco più pericoloso non è quello che sta fuori, sulle mani, ma quello che è dentro di noi, nel cuore. Facciamo un esempio. Poniamo di avere qui due tazze: una è sporca fuori, ma è pulita dentro, l’altra è pulitissima fuori, ma è sporca dentro. In quale delle due, dovendo scegliere, voi berreste?
È un monito importante per la nostra cultura dell’immagine, della preoccupazione di quello che dicono gli altri, delle apparenze, perché come dice Gesù, facendo propria l’accusa del profeta Isaia, questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
Il cuore lontano è anche quello della falsa religiosità: ci si accontenta di un’emozione estemporanea ma poi non si prega mai; si ama la liturgia con la musica, i fiori ma poi si finisce per non vedere il dolore dell’uomo e della donna che ci passano accanto; si affermano con forza segni esterni e citazioni verbali di cristianesimo ma per andare contro gli altri… Il cuore lontano da Dio: è davvero questa la questione centrale.
Noi che siamo diventati per forza di cose esigenti al punto che guardiamo le scadenze sulle confezioni del cibo perché non facciano male, leggiamo l’elenco degli ingredienti per capire cosa stiamo mangiando… sappiamo discernere ciò che c’è nel nostro cuore?
A questo ci invita Gesù per non diventare impostori della fede: a custodire il cuore perché da lì escono i propositi di male. Gesù non parla di azioni, ma di pensieri: come a dire che il cattivo uso del pensiero ha come conseguenza il cattivo uso delle cose, delle persone, di se stessi. San Massimo diceva: Non si peccherebbe mai con l’azione se non si peccasse prima con il pensiero.
Ebbene Gesù dice che per guarire da queste malattie del pensiero, per liberare la persona dalla follia che questi pensieri generano e per sollevare l’uomo dalla sofferenza che essi provocano, come d’altronde per preservarlo, è prima di tutto indispensabile conoscerli bene.
Nell’arte di coltivare se stessi e il cuore, l’istintività va conosciuta e incanalata. Una falsa psicologia illude la persona, in nome di una certa autenticità e spontaneità, a fare quello che sente, a dare libero corso a ciò che avverte per non essere frustrati o repressi…
Gesù, in maniera più profonda e intelligente, ci dice chiaramente non tanto di reprimere, ma di riconoscere, di dare un nome a quei pensieri negativi che ci abitano, perché non abbiano ad uscire dal cuore e abitare la terra!
I Padri della chiesa, soprattutto gli eremiti e gli anacoreti, ci hanno lasciato testi straordinari che sono il frutto di una descrizione metodica e minuziosa delle malattie spirituali, consapevoli che la prima terapia di queste malattie spirituali comincia col chiamarle per nome, in quanto questo esercizio consente alla persona di comprendere i movimenti della propria anima e di scoprire il loro significato profondo.
Prendiamo in considerazione l’elenco dei dodici pensieri negativi secondo Gesù: notate come il primo gruppo consta di sei pensieri negativi che escono dal cuore dell’uomo e che vengono in greco indicati al plurale: impurità,furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità.
Il secondo gruppo consta di altri sei pensieri negativi che vengono invece designati al singolare e sono: l’inganno, la dissolutezza, l’invidia, la calunnia, la superbia/arroganza e infine la stoltezza/stupidità.
Nel NT possiamo trovare anche altri elenchi simili (cf Rm 1,28ss; Ef 5,3ss; 2Tm 3,2ss): in questo elenco Gesù precisa nel secondo gruppo quei pensieri negativi che non hanno necessariamente bisogno di complici; nel primo gruppo invece descrive sei pensieri che hanno bisogno degli altri, ovvero di complici.
Questo per dire che i nostri pensieri negativi non si esauriscono nella nostra vita personale, non hanno un ambito puramente individuale, ma anche sociale e collettivo. Non solo, ma questi stessi pensieri negativi che tanto condizionano la nostra vita personale e le nostre relazioni con gli altri, segnano anche il nostro rapporto con il creato, con la natura.
Oggi sottolineiamo particolarmente questa attenzione perché i nostri vescovi invitano lungo questo mese di settembre tutte le comunità cristiane a riflettere sull’ educare alla custodia del creato per sanare le ferite della terra!
Infatti vediamo come quei sentimenti di stoltezza, di arroganza, di cupidigia, di cui ha parlato il Signore, sono all’origine anche di tanto disastro ambientale che ci fa indignare.
C’è una profonda sintonia tra i due aspetti perché se il nostro cuore è in Dio e non è lontano da Lui, allora saremo capaci anche di un atteggiamento rispettoso della natura, dell’ambiente, dell’acqua e non solo di sfruttamento e di avidità.
Gesù dunque ci domanda una ecologia del cuore. Vi invito a riprendere in settimana con calma questo elenco dei dodici pensieri negativi che escono dal cuore, così come li ha indicati da Gesù e a riconoscere davanti a lui quelli che ci abitano.
Prendiamo ad esempio la calunnia con il vizio ad essa imparentato di dire malignità sul conto del prossimo. Vogliamo realizzare davvero un’opera di bonifica del cuore? Intraprendiamo una lotta senza quartiere alla nostra abitudine di scendere al pettegolezzo, a riferire critiche, a partecipare a mormorazioni contro persone assenti, a trinciare giudizi avventati. Questo è un veleno difficilissimo da neutralizzare, una volta diffuso.