VIII DOPO PENTECOSTE - Mt 22, 15-22


audio 31 lug 2022

Ascolta la voce del popolo, così parla il Signore a Samuele, il quale addolorato e dispiaciuto non vorrebbe dare seguito alla richiesta della sua gente che, come tutti gli altri popoli, aspira a darsi un re.

Ascolta la voce del popolo, gli dice il Signore, ascolta quello che la gente ha da dire. E cosa vuole la gente? Appunto vuole un re. Vuole l’uomo forte cui cedere la propria sovranità, cui vendere la propria responsabilità e delegargli il potere, come unica via per cambiare l’ordine delle cose, per risolvere i mal di pancia di tanti!

Questo chiede il popolo. Lo chiedeva ieri, lo chiede ancora oggi. Ed è facilissimo che qualcuno si erga a unico interprete della voce del popolo, facendosi avanti pronto a prendere in mano la situazione.

Quante volte nella storia del mondo, nella storia del nostro Paese, si è acclamato l’uomo forte di turno, che sia stato un re, un generale, un duce… non importa, la cosa che risalta nei secoli è che ciclicamente si torna, ingenuamente, a pensare che uno da solo possa risolvere le cose.

È la tentazione delle comunità umane ancora oggi: di fronte alla complessità della nostra condizione, che va sotto l’etichetta della crisi, per cui si parla di crisi climatica, di crisi energetica, crisi economica, crisi idrica, crisi demografica… crisi politica! Viene semplice pensare che qualcuno da solo possa risolvere le cose. È un’ingenuità storica oltre che etica: abbiamo visto a quale scempio, nella storia, hanno portato i vari totalitarismi e le dittature, quale prezzo hanno pagato le persone, le istituzioni, le coscienze!

Samuele deve ascoltare il popolo, ma il Signore gli chiede anche di dire chiaramente al popolo a cosa andrà incontro nel momento in cui si affida all’uomo forte. È interessante rileggere il lungo elenco: i tuoi diritti dovranno cedere il passo ai bisogni del re, il tuo lavoro sarà per arricchire il re, non conterà più il merito ma la compiacenza e la sudditanza, ti prenderà le donne, i tuoi figli saranno carne da macello per l’esercito del re, metterà la decima sui prodotti del tuo lavoro…

Ascoltare la voce del popolo è doveroso e necessario, perché significa ascoltare il disagio, ascoltare la sofferenza e la fatica di molti, vuol dire ascoltare le aspirazioni della gente… ma tu, chiesa di Dio, tu uomo di Dio, dovrai esercitare un ruolo scomodo, tu Samuele sarai profeta, tu chiesa di Cristo sarai profezia nel dire che a nulla e a nessuno si può svendere la libertà, la dignità, perché ti verrà chiesto un prezzo elevatissimo.

Subito risalta il fatto che non sempre nella storia come chiesa abbiamo assolto a questa missione e a questo ruolo profetico, anzi abbiamo cercato e stretto alleanze economiche e politiche che ci hanno impedito la libertà di denunciare il dittatore di turno e le sue aberrazioni, ci hanno reso schiavi delle logiche del dominio e degli interessi di parte.

Ascoltare la voce del popolo è necessario e doveroso, ma non basta. Sappiamo quanto sia, oggi forse più di ieri, facilmente condizionabile e manovrabile il sentire del popolo. La propaganda, i media, la comunicazione sono come, scrive il filosofo statunitense Noam Chomsky, la temperatura dell’acqua per la famosa rana bollita.

Il filosofo ricorda un esperimento condotto nel lontano 1882, durante il quale alcuni ricercatori notarono che lanciando una rana in una pentola di acqua bollente, questa inevitabilmente saltava fuori per trarsi in salvo. Al contrario, mettendo la rana in una pentola di acqua fredda e riscaldando la pentola lentamente ma in modo costante, la rana finiva inevitabilmente bollita.

Non siamo fatti per essere bolliti, siamo immagine di Dio, ricorda Gesù: ascoltare la voce del popolo è doveroso, ma non basta, occorre tenere vivo lo spirito critico, lo spirito profetico del Vangelo che risuona come un richiamo urgente e forte ad abbassare la temperatura che lentamente ci sta portando ad ebollizione, all’evaporazione dei diritti umani e della convivenza civile.

La temperatura sociale è come quella della pentola che lentamente va aumentando i gradi dell’odio, della violenza, della perdita dei diritti… e così finiamo per accettare passivamente il linguaggio degradato, le vessazioni contro i poveri, la scomparsa dei valori e dell’etica subendo in silenzio, senza reagire. Non so cosa sia più terribile dell’omicidio di Alika, l’ambulante invalido nigeriano a Civitanova Marche, se la ferocia del suo assassino, se l’ignavia della fidanzata di questi oppure l’indifferenza di chi filmava la scena col telefonino… eppure questa è la condizione in cui siamo. Ma non siamo fatti per essere bolliti.

Come cristiani e come cittadini non basta essere indignati, non è sufficiente esecrare questi comportamenti, dobbiamo cambiare questa sotto cultura diffusa che fa del migrante un delinquente, di questa sotto cultura che scarica sugli immigrati e sugli stranieri le responsabilità delle crisi che viviamo. Ci sono responsabilità precise in tal senso, di quelle stesse persone e gruppi che cercano nella religione – nelle sue istituzioni, nei suoi potenti simboli e nei suoi rituali – un sostegno funzionale ai loro interessi di potere.

Nel nostro Paese succede che venga indagato un prete per aver celebrato con i suoi ragazzi la messa in mare su un materassino, e si lascia che processioni e devozioni vengano tranquillamente controllate dai mafiosi!

Questa religione deve finire. Quante persone dovranno morire in strada, in mare, nei campi di raccolta di frutta e di verdura… prima che noi reagiamo con coraggio, come il profeta Samuele e come Gesù! Bisogna ascoltare la voce del popolo, ma non basta, perché il popolo oggi ti osanna e domani ti crocifigge.

È nostra precisa responsabilità tenere vivo il Vangelo di Gesù, restituire a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio: ovvero la libertà e la dignità della vita. Amare Dio ci preserva dal cadere facile preda del dittatore di turno e di riconoscere di che pasta siamo fatti, e così crescere nella consapevolezza che dalle crisi usciamo insieme, insieme possiamo trasformare le difficoltà in opportunità.

Insieme manteniamo viva quella democrazia che ci siamo trovati a vivere, e che qualcuno ha pagato per noi al prezzo della vita.

(1Sam 8,1-22; Mt 22,15-22)