VI DI PASQUA - Gv 15, 26 - 16, 4


(At 26, 1-23; Gv 15, 26-16,4)

In poche battute Gesù, nel passo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato, sembra introdurci  in un’aula di tribunale: il Signore parla di un Paraclito, di un avvocato, parla di testimonianza come in un processo, fa intravedere anche la sentenza: vi scacceranno dalle sinagoghe, vi uccideranno…

Parla anche di «un’ora» che viene, ma che non è la sua ora come diceva domenica scorsa nella preghiera al Padre: «Padre, è venuta l’ora» (17, 1), questa è l’ora che viene per noi: «Viene l’ora ed è questa in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio».

E poi ancora alla fine del passo di oggi annuncia: «Verrà la loro ora», cioè l’ora dei nemici, dei persecutori, ovvero l’ora della falsità, della, violenza, dell’odio, della paura… in una parola l’ora di Caino.

Ed è proprio nell’ora di Caino, nell’ora cioè dell’interminabile processo che il mondo intenta al Vangelo in cui noi discepoli di Cristo siamo più fragili che ci pare di soccombere e di essere del tutto impotenti, quella è anche l’ora in cui possiamo ricordare la promessa del Signore: «Verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità»!

In quell’ora Gesù ci assicura un avvocato il cui nome è «Spirito della verità», affinché nell’ora di Caino non abbiamo a cedere alla tentazione della menzogna, dell’ingiustizia, dell’odio e della violenza.

A questo punto viene subito da pensare a quei cristiani che nel mondo oggi subiscono persecuzione, a quei discepoli del Signore che per celebrare l’Eucaristia corrono anche il rischio della vita, perché possono subire attentati e non sono poche le stragi che proprio di domenica avvengono nelle chiese di alcuni Paesi del mondo, come la Nigeria, il Pakistan, l’Irak, le Filippine…

Il corpo di Cristo continua a conoscere processi e sentenze, persecuzione e morte.

Noi preghiamo oggi per questi discepoli del Vangelo, perché abbiano la forza dello Spirito santo per continuare a credere e a rendere testimonianza.

Sappiamo anche che c’è una persecuzione più sottile, meno cruenta ma forse ancor più pervasiva che si insinua anche dentro le democrazie, attraversa la civiltà dei diritti, innerva i concordati e le libertà di culto e di pensiero. Ed è la persecuzione che ammaestra la parola evangelica, la riduce a religione civile e la adatta ad ogni stagione del mondo.

Non dimentichiamo che se certamente il Cristo e poi anche Paolo sono perseguitati e vengono giustiziati per mano del potere civile, rappresentato dal governatore romano, in realtà tutto parte da coloro che detengono il potere religioso, da coloro che appunto, come dice Gesù, sono pronti a eliminare l’altro credendo così di rendere culto a Dio.

Ebbene, quando siamo soggetti al processo del mondo, quando viviamo la tentazione dell’accomodamento e della mediocrità, quella è l’ora in cui dobbiamo invocare lo Spirito della verità che darà testimonianza di me, dice Gesù.

È curioso questo modo di intendere: nel momento della prova, della persecuzione, qualsiasi essa sia, occorre invocare lo Spirito Santo quale avvocato di Gesù Cristo, è lui che difende, anzi è la difesa di Gesù.

Gesù non ha altra difesa nella sua ora, se non quella dello Spirito.

Il Paraclito difende Gesù Cristo e proprio per questo è anche il nostro difensore, nel senso che difende Gesù in noi e anche da noi.

Proprio perché siamo soggetti alla tentazione di addomesticare la portata della sapienza del regno di Dio, proprio perchè il nostro cuore e il nostro pensiero non sono sempre secondo il Gesù del Vangelo… invochiamo il dono del Paraclito che non ci permetta di inventare un altro Gesù Cristo che non sia quello del Vangelo e lo difenda dal rischio di costruire il regno di Dio secondo i nostri gusti.

Invochiamo lo Spirito Santo affinché non abbandoni Gesù Cristo in noi, che continui ad essere il suo difensore, anche da noi stessi.

La parola di Dio di oggi ci offre una testimonianza di questo nell’esperienza di Paolo, come abbiamo ascoltato dagli Atti.

Paolo è nella prigione di Cesarea Marittima, perché è stato accusato dai capi dei Giudei che vorrebbero fosse portato a Gerusalemme per toglierlo di mezzo, ma lui si appella a Roma.

Il nuovo procuratore romano, uno dei successori di Ponzio Pilato, di nome Porcio Festo che è appena arrivato in Giudea – e quindi sappiamo di essere nell’anno 60 (sarà governatore dal 60 al 62, mentre a Roma l’imperatore è Nerone, dal 54 al 68) -, si trova però in difficoltà perché riconosce che sul suo (di Paolo) conto non ho nulla di preciso da scrivere all’imperatore (25,26), per questo chiede aiuto al re Agrippa, ultimo re giudeo sotto i romani che di questioni ebraiche appunto se ne intende, affinché dopo questa inchiesta io abbia qualcosa da scrivere.

Siamo dunque ancora nel contesto di un processo come nel vangelo di Giovanni e ci rendiamo conto di cosa significhi che lo Spirito di verità sia testimone di Gesù, in Paolo.

L’apostolo anzitutto non rinnega la sua storia e la sua appartenenza, egli non cancella il suo passato, certo cambia atteggiamento nei confronti di Gesù, ma non rompe con la fede di Israele.

Paolo è già un credente, non è un pagano che deve convertirsi e passare dal credere in Zeus, in Marte o in Venere al vero Dio di Abramo… In questo senso la sua non è una “conversione” ma, come egli stesso afferma, per grazia riconosce che la promessa annunciata da Mosè e dai profeti di un Messia che avrebbe dovuto soffrire e che sarebbe stato il primo tra i risorti da morte, si è compiuta in Gesù di Nazaret.

Ciò che avvenne nell’ora di  Damasco non fu una conversione, piuttosto una rivelazione: lui che era stato istruito all’università di Gamaliele, perché i giovani promettenti di Tarso venivano mandati a studiare a Gerusalemme, lui che era un presunto illuminato, divenne cieco per poter ascoltare la voce di Gesù!

Lui che era un persecutore, ora che ha incontrato il Signore, è disposto a lasciarsi giudicare.

Lui che pure aveva vissuto alla maniera di Caino… nell’incontro con Gesù è cambiato al punto da affrontare il suo processo con l’atteggiamento mite e fermo che fu già del nuovo Abele, di Gesù Cristo.

È questo Spirito di verità che invochiamo dal Padre per noi e per la Chiesa, affinché nell’ora di Caino possiamo essere testimoni della mitezza di Gesù.

Chiediamo lo Spirito di verità affinché nel processo che il mondo intenta al Vangelo, possiamo essere memoria viva delle Beatitudini.

Domandiamo lo Spirito di verità perché nell’ora in cui ci prende la tentazione di addomesticare il Vangelo del regno di Dio e di accomodarci nella mediocrità, ci sia dato di ricordare la testimonianza del Cristo.