IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA B.V. MARIA - Lc 1, 26-28


(Gen 3,9.11-15.20; Ef 1, 3-6.11-12; Lc 1, 26-28)

La festa di Maria Immacolata segna in maniera solenne il nostro cammino di avvento, anzitutto per riconoscere la fedeltà di Dio di voler venire incontro alla nostra condizione umana che, come racconta la Genesi, è segnata dal peccato che fin dall’inizio l’uomo e la donna hanno sperimentato. Con loro anche noi raccogliamo le conseguenze del disordine che entra nel mondo e che intacca i vari rapporti che intessono la nostra vita: con noi stessi, con l’altro, con il creato e con l’Eterno stesso.

Ma l’Eterno non abbandona l’uomo al declino, al degrado, al suo inesorabile destino, infatti la Genesi si conclude con una promessa per noi, che è una maledizione per il serpente: «la stirpe, il seme di quella donna ti schiaccerà la testa» , perché il testo biblico comunque vuole comunicare una certezza: l’ultima parola non spetta al peccato, ma alla fedeltà di Dio, alla sua volontà di superarlo con l’amore.

Tale volontà divina prende la forma di un progetto che si dispiega nella storia e si compie nel Figlio stesso di Dio che per venire uomo tra gli uomini, ha conosciuto l’esperienza umana fin dal grembo di una donna, di Maria di Nazaret, di colei che il Signore ha colmato della sua grazia.

Nelle poche righe di vangelo, Luca come un abile regista compie una messa a fuoco che a partire dal cielo da dove l’angelo Gabriele viene mandato da Dio, si focalizza sulla Galilea e poi sul villaggio di Nazaret, e poi sulla casa, sulla stanza dove irrompe e incontra Maria… è un po’ come se in questa zoomata tutta la storia e la geografia della salvezza si concentrassero intorno a questa ragazza, che pare tutta presa dalle sue cose, dal suo imminente matrimonio con il fidanzato Giuseppe.

Luca con poche parole racconta del «come» Dio abbia scelto di entrare nella storia umana. Anzitutto l’evangelista narra che l’Eterno non preferisce il tempio, ma la casa; non ama il palazzo, ma un villaggio sconosciuto, mai nominato nemmeno nel Primo Testamento. Dio non costruisce una storia parallela con persone create apposta, ma si immerge nel tessuto normale di gente normalissima, a partire dalla periferia dell’impero, nella ordinaria convivenza umana.

Questa è la prospettiva del racconto di Luca che parte dall’infinito del cielo, suggerito dall’angelo Gabriele, per poi restringere il campo progressivamente sulla Galilea, su Nazaret e poi sulla casa di una ragazza, che attende con trepidazione di realizzare la promessa di matrimonio con il fidanzato Giuseppe.

Dunque di Maria sappiamo due cose: ha una casa e ha un amore.

E qui ritroviamo la nostra stessa condizione: noi possiamo fare a meno di molte cose, ma non di una casa e tantomeno di un amore. Possiamo essere poveri di tutto, ma per vivere abbiamo bisogno di un tetto e di molto amore.

E proprio questa sarà anche la missione che l’Eterno affida a questa donna: lei stessa sarà casa dell’amore, della grazia di Dio, perchè Dio non si merita, non si conquista, ma lo si accoglie, che è un atteggiamento tipicamente femminile, la donna è la dimora dove si attua l’accoglienza ospitale più alta: quella della vita. Curiosamente la lingua ebraica con lo stesso termine (rahamim) indica misericordia e grembo.

Noi tutti viviamo perchè un giorno una donna ci ha detto il suo sì, ci ha ricevuto e ci ha accolto. Noi tutti viviamo grazie alle viscere di misericordia di una donna. Quindi Maria è chiamata dare casa a Dio, a diventare il grembo nel quale il Figlio di Dio, che è l’amore per eccellenza, imparerà ad amare, come ogni cucciolo di uomo.

Per questo Maria deve essere contenta, deve essere felice, come dice l’angelo Gabriele: «Rallegrati, piena di grazia», dove quel piena di grazia traduce un’espressione greca più ricca (kecharitoméne), un participio perfetto di forma passiva. Un perfetto, che in greco indica un’azione passata, compiuta in un momento preciso, ma che perdura nel presente. Maria è stata e rimane amata da Dio.

Questo è il testo biblico che fonda il dogma che noi formuliamo in termini negativi, dicendo che Maria «è stata concepita senza peccato…», mentre la Scrittura afferma che lei è piena della grazia. E chi la colma di questo amore gratuito è l’Eterno, per cui l’essere piena di grazia, prima ancora di costituire una qualità di Maria, rivela l’atteggiamento del Signore nei suoi confronti.

Ed è il motivo per cui Maria deve essere contenta, come le dice Gabriele: Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te.

Il motivo della gioia Maria non lo trova in sé stessa come soddisfazione dei risultati che ha raggiunto, la gioia di Maria non sta semplicemente nel fatto che può aver compiuto il suo dovere, perché si è sempre comportata bene, ma sta anzitutto nel fatto che il Signore l’ha avvolta nella grazia, l’ha colmata del suo amore gratuito, il Signore è con te.

È un po’ come se gli dicesse: Guarda Maria, tu hai i tuoi progetti, i tuoi sogni e sei tutta presa come ogni fidanzata che deve preparare il proprio matrimonio.

Non vedi l’ora di realizzare il tuo disegno, il suo sogno d’amore che è appunto quello di andare in sposa al tuo fidanzato, al tuo amato Giuseppe, e questo avverrà, ma il Signore ti chiede di posare il tuo sguardo su un disegno più grande, certamente più grande di te, perché è il sogno di Dio per ridare speranza all’umanità, ad ogni uomo.

E questo non per i tuoi meriti, Maria, ma per pura grazia, così che conoscendo Gesù e seguendo lui, ogni persona ritrovi quella fiducia in Dio che invece si è interrotta nel cuore di ogni adamo e di ogni donna e che ha guastato, come raccontava la Genesi, anche i rapporti delle persone tra di loro.

È questa parola di speranza che risuona vera anche per noi: Rallegrati, rallegratevi, il Signore è con voi! Ed è stata l’esperienza di Paolo, così che ha potuto anche lui cantare come abbiamo ascoltato nella seconda lettura: Benedetto sei tu Signore!

Proviamo a pensare se invece di pregare con le parole latine: Ave Maria, che ci tengono sospesi tra tristezza e rassegnazione, potessimo ripetere con l’angelo Gabriele – anche nei momenti più difficili: Rallegrati Maria! Che è l’antico invito dei profeti alla figlia di Sion: Gioisci figlia di Sion! Rallegrati figlia di Gerusalemme!

Come ci aiuterebbe a vivere la nostra condizione con uno sguardo di fede più vero, che è lo sguardo che Gesù annuncerà appunto nelle Beatitudini. «Gioisci, sii felice e beato» non perché le cose vanno come vuoi tu, ma perché qualsiasi sia la tua situazione e le condizioni che devi attraversare nella vita, il Signore è con te, non ti abbandona.

Sono convinto che il programma di vita che Gesù annuncerà ai suoi discepoli nel Discorso della montagna con le Beatitudini, il Figlio di Dio lo abbia assorbito in ogni sua fibra, fin dal grembo di sua Madre, per questo insieme a lei oggi cantiamo anche noi il nostro Magnificat, la nostra gioia e la nostra speranza.