PASQUA - nel giorno - Gv 20, 11-18
Il mistero della risurrezione è talmente grande che non possiamo affrontarlo di petto, direttamente, perché sovrasta la nostra intelligenza e la nostra capacità di comprendere. Abbiamo delle intuizioni, raccogliamo degli anticipi in alcuni momenti e in alcune esperienze di vita, ma appunto sono degli squarci, delle aperture in avanti che ci fanno intuire un poco il mistero della risurrezione, ma niente di più.
Così è stato fin dall’inizio, se questo ci può consolare, anche al tempo di Gesù pur essendoci gente religiosa forse anche più di noi, erano veramente pochi coloro che affermavano di credere in una vita dopo la morte. I sacerdoti del tempio ad esempio non ci credevano, i sadducei, ovvero l’aristocrazia sacerdotale, in particolare prendevano in giro coloro che anche solo pensavano ci fosse una risurrezione dei morti… (Mc 12,18-27), insomma non era un fatto scontato nel quadro dei significati e dei valori della vita religiosa del tempo.
I vangeli ne fanno invece un tema fondante, diventa la notizia, la buona notizia: il Crocifisso è risorto! Pietro, Paolo… gli apostoli prima ancora di raccontare le parabole e i miracoli annunciano che Gesù di Nazaret, colui che è stato innalzato sulla croce, ora è vivo.
Ma prima ancora di loro c’è una testimone privilegiata dell’incontro con Gesù, Maria di Magdala. È lei che porta per prima la notizia agli stessi apostoli, al punto che papa Francesco l’ha chiamata, sulla scia della tradizione di Ireneo di Lione, di Ippolito di Roma, di Tommaso d’Aquino “apostola degli apostoli”, perché a partire da lei la buona notizia della vita nuova giungesse ai confini della terra.
È allora con lei che anche noi ci avviciniamo al mistero della risurrezione di Gesù, ci lasciamo guidare dal suo amore e dalla sua fedeltà.
In questi giorni solenni del triduo pasquale abbiamo incontrato Maria di Magdala nel gruppo delle quattro donne che insieme con Maria, madre di Gesù, con la sorella di lei e Maria di Cleofa stavano con Giovanni sotto la croce (Gv 19,25). Maria assiste all’orribile fine di Gesù, e poi si è resa presente anche alla sua sepoltura: Lì sedute di fronte alla tomba c’erano Maria di Magdala e l’altra Maria (Mt 27,61). Il mattino di Pasqua è la prima ad andare all’alba del primo giorno della settimana a visitare la tomba (Mt 28,1; Gv 20,1).
In un passo del vangelo di Luca si racconta che insieme con Gesù nel suo peregrinare per città e villaggi annunciando la buona notizia del regno, C’erano i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e infermità: Maria, chiama Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni… e molte altre che li servivano con i loro beni (Lc 8, 1-3).
Quindi Maria di Magdala era in un gruppo di donne che erano state tutte un po’ malate, tutte con qualche difficoltà e lei forse doveva avere qualche difficoltà più grossa delle altre, qualcosa di grave. Non facciamo strane speculazioni perché potremmo dire delle sciocchezze. Il fatto che la diagnosi, per così dire, sia tanto generica ma importante, perché sette demoni non sono pochi, lascia aperta l’interpretazione e l’attualizzazione, perché ciascuno di noi ha i propri disagi più o meno grandi, ci portiamo appresso le nostre preoccupazioni più o meno importanti.
Però è bello che Maria rimanga col suo segreto che solo Gesù conosce e forse proprio per questo è oltremodo riconoscente al Signore, perché è stata presa in una situazione quasi incurabile, cronica, ripetuta, recidiva ed è stata tirata fuori completamente.
Quindi Maria di Magdala c’è nei momenti tipici della vita di Gesù, nel suo ministero e soprattutto è presente nelle ore terribili e drammatiche della morte, sepoltura e poi al mattino della pasqua di risurrezione. Si parla poco di lei, ma nei momenti topici lei c’è.
Anzi in maniera del tutto paradossale, potremmo dire che non è lei che vede Gesù sulla croce, ma è lui che vede Maria di Magdala sotto la croce attenta e presente, mentre gli apostoli, tranne Giovanni, i discepoli e tutti coloro che sono stati guariti dal Maestro negli anni del suo ministero itinerante, si sono dileguati nel nulla e non si fanno vedere!
È Gesù che la trova al sepolcro al mattino presto, quando ancora i suoi sono rinchiusi nel Cenacolo per paura.
Che cos’è che la fa alzare dopo una notte inquieta se non l’amore? È come torturata dall’ «ardente intimità dell’assenza» scrive Rainer Maria Rilke, così che all’alba del mattino di Pasqua esce quando ancora non sarebbe bene andare in giro, non sarebbe opportuno: non c’era l’illuminazione stradale e non era molto raccomandabile che una donna uscisse da sola al buio. Cosa la muove? Il suo amore, il suo affetto.
Questo mi sembra il primo messaggio di Pasqua: non può comprendere Dio chi cerca solo delle ragioni logiche. Buio e tenebre significano per Giovanni che la donna si trova ancora nella confusione provocata dalla passione del Signore, certamente cercava il suo amico, colui che l’aveva guarita e al quale lei aveva dato tanto amore, tanta disponibilità a seguirlo e ora la morte ingiusta sembrava averglielo sottratto, portato via. «Maria di Magdala, esce al di fuori di sé, va oltre le misure e i calcoli razionali e oltre le convenzioni del politicamente corretto, per compiere gesti di superamento e conoscere così il cuore di Dio, facendolo a sua volta conoscere» (C. M. Martini).
Ed è per lei, è per questo suo amore che anche noi abbiamo ricevuto l’annuncio della risurrezione. Poi gli apostoli organizzeranno la predicazione, l’evangelizzazione nelle grandi città del Mediterraneo, struttureranno le chiese… ma al principio, in quell’alba di Pasqua, c’è lei e l’amore di Cristo per lei.
Verrebbe subito da chiederle di donarci quella costanza nell’amore, quella tenerezza, quella perseveranza che ci permette di lasciarci incontrare dal Risorto, perché quel Gesù che ha attraversato la morte e ha superato tutte le oscurità, le assurdità, le bestialità dell’agire umano, può incontrare anche noi, anche la nostra fede fragile e incerta.
Infatti se ai discepoli Gesù rivolgerà parole di rimprovero per la loro incredulità (Mc 16,14) o per la loro durezza di cuore (Lc 24,25)… mai nessuna di queste parole verrà rivolta a Maria Maddalena, anzi si rivolge a lei con tutta l’umanità di chi vede uno piangere e gli domanda: perché piangi? Chi cerchi? E poi non le si rivela con qualche titolo teologico importante, con qualche citazione… tutte cose che verranno in seguito, Gesù si rivela chiamandola semplicemente per nome: Myriam, Maria.
Nonostante questo che potremmo considerare un privilegio, Maria di Magdala non ha mai accampato pretese. Poteva farlo e a ragione dicendo: Il Signore è apparso prima a me!
Invece la vediamo correre, mettersi al servizio dell’annuncio, niente più. Ma non perché da questo dobbiamo ridurre la donna al solito ruolo subalterno ai compiti che vedono i maschi protagonisti, piuttosto perché con questo atteggiamento ci dice che non è lei la protagonista, ma è lei ad essere trovata da Gesù Risorto pronta e vigilante.
E questa è la nostra condizione, la nostra realtà come chiesa: non tratteniamo Gesù, non rinchiudiamolo nelle nostre teorie, teologie, nei nostri libri o nei nostri tabernacoli… o anche solo nell’intimo delle nostre coscienze.
«Forse oggi abbiamo di nuovo bisogno di una apostola apostolorum come Maria di Magdala, che la mattina di Pasqua ha svegliato gli apostoli dal loro letargo e li ha messi in moto», così diceva il cardinal Walter Kasper (20 febbraio 2013).
Ma dovremmo chiederci con tutta onestà: perché nel lessico ecclesiale il titolo “principe degli apostoli” attribuito a Pietro e ai suoi successori, ai cardinali nella fattispecie, ha avuto e ha una valenza enorme, pur non derivando dal NT, mentre quello di apostola degli apostoli risulta essere svuotato di valore ecclesiale e diventare retorica di maniera? Maria di Magdala è apostola o no?
Ad essere attenti al linguaggio del Quarto Vangelo ci rendiamo conto che l’evangelista non ama molto il titolo di apostoli e Maria è inviata infatti ai fratelli, cioè a tutti i discepoli. Forse prima o poi si arriverà finalmente a riconoscerle il titolo che le spetta, cioè apostola di Cristo! Perché è lui che le ordina di andare dai fratelli ad annunciare che ha visto il Signore e che c’è un futuro diverso, c’è un’altra possibilità per chi lo ha amato!
Viviamo qui una forte debolezza nella nostra vita ecclesiale: di fatto anche se la chiesa ortodossa chiama Maria Maddalena «iso-apostola», uguale agli apostoli, e la chiesa cattolica la considera «apostola degli apostoli», in realtà non le sono mai stati riconosciuti alcun valore ecclesiale e alcuna qualità ministeriale.
Cosa che di fronte all’urgenza dell’annuncio del Vangelo oggi l’umanità esige e ci impone di parlare di lui con l’amore di Maria di Magdala e non solo con le nostre strutture e organizzazioni.
Proviamo a chiederci: quando mi capita di parlare di Gesù? Non dico di fare dei discorsi generali sui valori, sulle tradizioni, sulle verità… no, quando mai ci accade di parlare con amore di Lui e del suo Vangelo?
Non è forse l’ora che come argine alla disumanità che avanza, impariamo certamente da Paolo che ai cristiani di Corinto scrive: fratelli vi trasmetto quello che anch’io ho ricevuto… e quindi annunciamo il mistero centrale della nostra fede che sono la morte e risurrezione di Gesù.
Ma non possiamo più fare a meno dell’amore con cui Maria di Magdala è corsa ad annunciare: Ho visto il Signore!
Chi di noi può dire con l’intensità della fede e dell’amore di Maria di Magdala: Ho visto il Signore! Vale a dire ho un rapporto personale con lui, gli voglio bene al punto di poter anche noi annunciare che un altro mondo è possibile?
(1Cor 15, 3-10; Gv 20, 11-18)