III DI AVVENTO - Lc 7, 18-28


(Is 45, 1-8; Rm 9, 1-5; Lc 7,18-28)

Per comprendere l’angosciata domanda di Giovanni a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?», dobbiamo anche noi scendere con lui nel buio della prigione di Macheronte nella quale è rinchiuso.

Il profeta, quel libero spirito del deserto che gridava l’arrivo della giustizia di Dio, ora è ridotto all’impotenza, non può battezzare più nessuno e le sue parole rimangono soffocate dentro le pareti della sua cella, represse dalla prepotenza di Erode.

Come se non bastasse la prova del carcere, Giovanni è sconvolto da quello che gli viene riferito su Gesù di Nazaret, al punto che sembra dire: «Ma come io ti ho annunciato e presentato come “Colui che sta per venire in Israele e per Israele” (cfr. At 13,23-24), io ho dato fiato alle voci dei profeti, ho annunciato il tempo dell’ira di Dio, il suo giudizio come imminente, ho dovuto pronunciare parole scomode dicendo che la scure è posta alla radice degli alberi secchi e che le piante infruttifere saranno presto tagliate e gettate nel fuoco… Sono ormai trascorsi parecchi mesi, sono in prigione e la scure si sta avvicinando al mio collo più che a quello dei malvagi! Sarebbe questa l’ora in cui Dio premia i giusti e punisce gli empi? Non sono sempre i deboli a pagare il caro prezzo dell’ingiustizia?

Ecco se scendiamo appunto nel buio della cella del Battista, condividiamo con lui la domanda inquieta e anche scomoda che egli fa recapitare a Gesù attraverso i suoi discepoli: Sei tu quello che deve venire? sei proprio tu il Cristo?

E la domanda era scomoda perché metteva in discussione l’identità stessa di chi la poneva: ma chi sono io se tu non sei colui ho annunciato come fuoco che avrebbe fatto pulizia, come scure che avrebbe schiantato gli alberi secchi, come giudizio perentorio di Dio? Invece, cosa sento dire di te, Gesù?

Guarisci i malati, perdoni i peccatori, stai a tavola con i pubblicani e passi il tempo con le prostitute! Ma se proprio per una di loro, che abita il palazzo del re, io rischio di perdere la testa, nel senso più vero del termine?

Chi sei allora tu o Cristo?

Credo che ogni cristiano ad un certo punto del suo cammino di fede debba fare i conti con questa domanda. Ecco lo scandalo, l’inciampo che il discepolo deve vivere prima o poi perché potremmo dire deve accadere come accade a Pietro che di fronte a un Cristo che si perde per amore, che perde non solo il tempo con i poveri, ma perde anche la vita per loro, ecco di fronte a un Dio così, il nostro sistema religioso subisce un cortocircuito.

E prima o dopo, presto o tardi, nella sapiente pedagogia della fede che il Signore conduce con noi, ci imbattiamo nella questione se quel Dio che noi abbiamo pregato, quel Cristo che abbiamo creduto sia davvero tale o non sia piuttosto un’immagine deformata che ci siamo fatti di lui.

Al punto che potrei dire che molti miei amici «atei», lo sono in realtà di un Dio che non esiste. Ed è per questo che so che in ogni modo Lui li salverà come anche oggi, nella sua infinita e paziente bontà, salva me e salva ciascuno di noi.

Infatti la risposta di Gesù, la prima reazione di fronte ai discepoli di Giovanni è di continuare a fare quello che faceva fin dall’inizio: guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.

E mi sembra bello che anche noi oggi ci collochiamo tra questi poveri, per tutte le miserie della nostra persona e della nostra storia. Anche noi, poveri peccatori bisognosi di una salvezza che ci restituisca a una dimensione umana.

Anche noi malati di qualunquismo, anche noi paralizzati dai pregiudizi, intossicati dall’invidia e come lebbrosi inchiodati nelle nostre paturnie, sordi a ogni parola di tenerezza e di fiducia.

E allora, nella seconda parte della pagina di oggi, ci saremmo potuti aspettare una critica e una reprimenda da parte di Gesù nei confronti di Giovanni soprattutto nel momento in cui i suoi discepoli se ne sono andati (come spesso facciamo noi parlando alle spalle di qualcuno soprattutto quando non è presente), e invece Gesù sembra dire: Ma ce ne vorrebbero di matti così, così come il Battista!

Matti che sono capaci di esporsi.

Matti che sanno essere temerari e appassionati.

Persone capaci di scendere ogni giorno nel vuoto più profondo della povertà.

In grado di guidare la gente

senza il desiderio di utilizzarla come sgabello per innalzare se stessi più in alto.

Ce ne vorrebbero di matti per coerenza e rettitudine,

innamorati di una vita semplice e liberi dai compromessi;

capaci di porre domande intelligenti anche al figlio di Dio!

Ecco anche il nostro tempo ha bisogno di persone così, al punto che potremmo anche noi pregare oggi: Mandaci ancora questo tipo di folli, o Signore. Mandaci persone capaci di questa umanità. Perché non c’è umanità più grande di questa, dice Gesù: fra i nati di donna non vi è alcuno più grande di Giovanni.

È anche vero però che da Giovanni in poi ogni figlio del Regno è più grande di lui, ma proprio per il legame che Gesù ha stretto con ciascuno. Qui non si tratta di virtù e di meriti, ma della condizione nella quale ora si trova la storia umana a motivo di Gesù! Un’umanità amata fino alla morte d’amore del Figlio di Dio.

E allora preghiamo insieme perché possiamo crescere e ingrandire, ma di questa grandezza del regno. Già sarebbe molto per noi non essere come canne sbattute dal vento né storditi dall’ansia del potere.

E se non ci è dato di essere matti della follia del Battista, chiediamo almeno l’apertura di cuore che ci ha annunciato Isaia. Anche il grande profeta assume l’atteggiamento sorprendente della follia di Dio che arriva al punto per cui il Signore elegge come suo eletto (lett. unto) il re persiano Ciro. Ci basta una sua frase verso la fine della pagina di oggi, quando dice: Io sono il Signore e non ce n’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci.

Anzitutto: Io sono il Signore. E questo bisogna ricordarlo perché qualcuno ogni tanto perde la testa e si crede di essere il depositario della verità e della volontà di Dio. No, dice il Signore, Io sono Dio e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio… Non c’è autorità e carisma che tenga, al punto che rivolto a Ciro dice: Ti renderò pronto all’azione anche se tu non mi conosci!

Parole sante! Abbiamo detto è parola di Dio quando Dio elegge un pagano – non so se fosse ateo o meno – come suo eletto, e l’agire di questo pagano è visto come volontà dell’Eterno… anche se tu non mi conosci.

Ebbene io di un Dio così non posso che essere felice, non posso che seguirlo, anche se mi rendo conto che ogni volta devo stare in quella domanda: Ma in quale Dio credo? magari in un Dio che è la proiezione dei miei bisogni? o che è il frutto della mia ideologia? E ogni volta come Giovanni a domandare e a lasciarci evangelizzare, come se fosse un ricominciamento o meglio l’attesa dell’incontro con lui, faccia a faccia.