VI DI PASQUA - Gv 16, 12-22
La Parola di oggi ci dona di incontrare l’esperienza di Paolo, un’esperienza che noi purtroppo chiamiamo ancora “conversione sulla via di Damasco”, anche se in realtà Saulo di Tarso non ha compiuto una conversione nel senso comune del termine, egli non è passato dall’incredulità alla fede in Dio. Paolo cambia sì atteggiamento, ma non rompe con la fede di Israele!
Ciò che avvenne nell’ora di Damasco per Paolo non fu una conversione, piuttosto una rivelazione, come dice nel suo stesso racconto, lui che da fariseo istruito alla università di Gamaliele, perché i giovani promettenti di Tarso venivano mandati a studiare a Gerusalemme, lui che era un presunto illuminato, divenne cieco per poter ascoltare la voce di Gesù!
Fu una crisi improvvisa, nessuno l’aveva influenzato o ammaestrato; ciò che Paolo ci dice del suo intimo mutamento, mostra il carattere dell’istantaneità, non ci fu un mediatore e tantomeno un aiutante. Come egli stesso afferma: Vi dichiaro fratelli che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo (apokalypsis Iesou Christou) (Galati 1, 12.15-16).
Per Paolo dunque l’ora di Damasco è stata un’apocalisse, una rivelazione per grazia senza che egli avesse avuto una previa esperienza di Gesù. Un’ “apocalisse” che suscita un ridimensionamento totale e un’autentica trasfigurazione di tutto il sistema mentale di Paolo, un’apocalisse che gli permette di rivedere il suo passato con umiltà dicendo: «Io perseguitai a morte questa via».
Vorrei ci soffermassi su questo modo curioso di parlare della fede cristiana: Paolo non incontra una nuova religione o una nuova dottrina, non si tratta per lui di appartenere ad un nuovo gruppo o a un nuovo movimento … si mette in una via.
La via nel linguaggio biblico indica la condotta dell’uomo; basti per tutti il primo versetto del salmo 119: Beato chi è integro nella sua via e cammina nella legge del Signore.
Gesù stesso si è chiamato la via (Gv 14, 6); ma è proprio degli Atti l’uso assoluto del termine (18, 25.26; 19, 9.23; 22, 4; 24, 14.22), il cristianesimo è la via. Seguire Gesù è mettersi per via! Mi pare interessante recuperare oggi questo modo dinamico di intendere il cristianesimo. Paolo lo esprime bene con le due domande che pone a Gesù: Chi sei o Signore? (22,8) e poi: Che devo fare, Signore? (22, 10).
Il dinamismo della via cristiana si muove su queste due domande che ci accompagnano sempre: chi sei tu Gesù? E cosa devo fare io? E già su queste due domande avremmo di che meditare.
Questo stesso dinamismo della via cristiana lo incontriamo nel vangelo di Giovanni quando Gesù parla del dono pasquale ai suoi discepoli: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità».
Vorrei farvi notare come anche nelle parole di Gesù si rimandi all’idea di strada, di via, di cammino: «Lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità», con il verbo «guidare» (odeghéo nel testo greco) dice la fiduciosa certezza che nel nostro cammino non siamo soli, ci viene donata la promessa che lo Spirito ci guida dietro a lui, con la certezza di mettere i nostri passi nelle sue impronte che ci precedono, anche quando queste salgono la montagna, la montagna della croce, anche quando i nostri passi si inzaccherano di fango e di fastidio.
Lo Spirito non fa quindi parte del mondo dell’efficienza: è dono gratuito che si riceve con amore, con stupore pieno di riconoscenza e di gioia. Ma questo cammino, questa via dove conduce? Alla verità, dentro tutta la verità.
Nel testo greco, e non è un particolare da poco, non c’è il complemento di moto a luogo, come a dire verso la verità, bensì il complemento di stato in luogo dentro la verità. Questo vuol dire che lo Spirito non ci porta a “possedere” Dio, la verità, ma a dimorare nella verità, a stare in relazione con lui. Perché noi sappiamo da Gesù che la verità non è un’idea, un principio, un’astrazione, ma la verità è lui: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
E “tutta la verità” è tutto il mistero di Gesù, tutta la sua vita, la sua missione, ed è verso questo senso di totalità che lo Spirito ci sospinge.
Quando noi diciamo che bisogna dire la verità, intendiamo per lo più sapere un’informazione, una notizia precisa, dettagliata, una testimonianza che circoscriva bene un fatto, un evento. Ma è questa la verità? È forse quel particolare la verità di una vita o di una persona? O non è piuttosto la verità di ciascuno di noi è quello che siamo davanti a Dio? La verità di una vita, è la verità di tutta quella vita davanti a Dio.
Così noi siamo abituati a leggere la vita di Gesù come a frammenti, a episodi, a citazioni, a particolari della sua missione, a mettere la lente d’ingrandimento su un aspetto, una parabola, un miracolo … Quello che il Signore ci dice nella Pasqua è che non dobbiamo smarrire il cammino verso il Cristo totale, verso il Cristo completo, verso tutta la vita di Gesù, verso tutto il dono di Dio.
Nella storia concreta dei modi in cui la via cristiana si è realizzata, cioè nella storia della Chiesa, sono sorti movimenti, congregazioni, istituti, gruppi … dove ognuno metteva e mette l’accento su un aspetto particolare del mistero di Gesù.
Quell’aspetto che in quel determinato momento storico era necessario mettere in evidenza e valorizzare; così i Francescani la povertà, i Sacramentini l’eucaristia, i Camilliani la cura dei malati …
Gesù oggi ci chiede la docilità e la pace del cuore per lasciarci condurre dallo Spirito a tutta la verità, per volgerci completamente a lui e in lui, lasciando le secche di una religiosità farisaica, dominata da un agire religioso ancora nostro e un po’ ambizioso, per entrare pienamente nel modo di essere di Cristo. Lo Spirito della verità ci guida nella verità tutta intera rivelando e attuando nel cristiano la capacità di assimilare la vita di Gesù.
Nel senso di conformarci progressivamente a lui, nel fare le scelte che ha fatto lui, nel discernere oggi quali siano queste scelte, ponendoci in sostanza continuamente le due domande iniziali di Paolo: Chi sei tu Signore? E Cosa devo fare io Signore?
Invochiamo il dono dello Spirito che doni anche a noi, dopo aver camminato nella via di Gesù, di arrivare un giorno a dire con Paolo: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede (2 Tm 4, 7).
(Gv 16, 12-22)