VI DI AVVENTO Domenica dell’Incarnazione o della Divina Maternità della beata Vergine Maria - Lc 1, 26-38a
Questo è l’audio completo di domenica 20 dicembre 2020
Già con la festa dell’Immacolata abbiamo fatto due sottolineature a proposito di questo passo evangelico, quando anzitutto abbiamo riconosciuto l’iniziativa assoluta dell’Eterno che decide di inviare l’angelo Gabriele a Maria di Nazareth, e poi, con l’altra sottolineatura abbiamo notato come l’iniziativa di Dio inserisca Maria nella lunga fila di donne che hanno segnato la storia biblica, da Sara a Rebecca, da Rachele a Giuditta… e di come noi facciamo fatica a riconoscere ancora oggi questo dono così grande e così necessario qual è quello della donna per un’umanità migliore, e per una Chiesa migliore.
Continuando oggi l’ascolto di questo passo che ha ispirato artisti di ogni genere e di ogni tempo, mi sono soffermato sulla risposta che l’angelo rivolge a Maria che le aveva chiesto: come avverrà questo, poiché non conosco uomo? Ebbene l’angelo risponde: La potenza dell’altissimo ti coprirà con la sua ombra (v.35). Un linguaggio delicato, discreto per dire qualcosa che non ci appartiene, per esprimere l’inaudito. Maria sotto l’ombra di Dio.
Quando parliamo di ombre intendiamo in genere qualcosa di oscuro, di non chiaro, in genere di negativo. Eppure noi siamo fatti di luce e di ombre. Dentro di noi vivono luci e ombre. Le ombre fanno parte di ciò che siamo. Rappresentano la lotta tra quello che ammettiamo e quello che ignoriamo o non vogliamo vedere. Passano così le nostre giornate, gli anni della nostra vita, tra luci e ombre.
Un rapporto che è conflittuale perché in qualche modo cerchiamo sempre la luce, vorremmo avere sempre le idee chiare, vorremmo essere visti sempre bene, inoltre chiediamo e pretendiamo trasparenza agli altri… anche se preferiamo non guardare le nostre ombre che sono tutto ciò che vorremmo fosse invisibile del nostro modo di fare, di agire, vale a dire i nostri errori, i nostri tradimenti, le nostre meschinità… eppure proprio come l’ombra queste cose ci accompagnano sempre, non ci mollano mai.
Pensiamo all’insieme di frustrazioni, di esperienze imbarazzanti e dolorose, di paure o insicurezze che abitano la nostra anima.
Il male, l’egoismo, l’invidia, la codardia, la gelosia, l’avidità e molte delle nostre emozioni negative e delle nostre paure costituiscono le nostre ombre che non ci mollano mai, camminano accanto a noi!
Anzi, molte volte ciò che ci risulta insopportabile degli altri, che ci fa innervosire appartiene a quelle che Carl Jung chiama la nostra ombra. Siamo cioè in grado di proiettare le nostre ombre sugli altri in modo da non ammettere che questi sentimenti, giudizi o idee appartengono a noi.
Fin da piccoli siamo cresciuti ed educati a nascondere i fallimenti, la disperazione e la negatività della nostra vita per essere accettati, per obbedire ai dogmi sociali dell’accettazione e del conformismo.
Accettare le nostre ombre può implicare dolore, ma ci fa crescere in consapevolezza, e allora davvero possiamo pensare di cambiare. «Nessuno si illumina fantasticando su figure lucenti, ma prendendo coscienza della propria oscurità» (C. Jung).
Ora, quando l’angelo Gabriele si rivolge a Maria, parla dell’ombra di Dio e afferma: la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra.
Un linguaggio per noi difficile da comprendere, dobbiamo tornare alla fine del libro dell’Esodo dove si dice che l’ombra di Dio non è il suo lato oscuro come avviene per ciascuno di noi, ma l’ombra di Dio è un regalo bellissimo per chi cammina nel deserto sotto il sole cocente. Costituisce una protezione, un riparo vitale, un atto di cura.
Scrive il cap. 40 dell’Esodo che durante il giorno Per tutto il tempo del loro viaggio quando la nube si innalzava e lasciava la Tenda della Dimora gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava essi non partivano (vv.36-37).
La nube stava sopra la tenda dell’Alleanza, dove si conservavano le tavole del Sinai, per dire che Dio con l’ombra della nube accompagnava il suo popolo, era schierato con lui, si prendeva cura della sua gente.
A ben guardare la nube è una presenza che si vede e che al tempo stesso nasconde, ed è una bella metafora per parlare di Dio, perché Dio lo puoi vedere solo così, incontri dei segni che fanno intuire qualcosa di lui, ma non del tutto, perché lo nascondono anche. E quindi sei sempre rimandato oltre, a ripartire, a ricercare…
Ora se lo Spirito santo adombra Maria, analogamente a come la nube stava sopra la tenda dell’Alleanza, vuol dire che lei diventa, nel senso più reale e concreto, la dimora di Dio, la tenda della Nuova Alleanza.
La tenda della nuova alleanza dove Dio diventa umano, si fa uomo e viene ad abitare in mezzo a noi, per essere il “Dio con noi”, non più come l’ombra della nube, ma come presenza di Gesù, l’Emmanuele,
Quando Maria risponde all’angelo Gabriele: avvenga per me secondo la tua parola, acconsente a una cosa più grande di lei, che non è affatto chiara, non siamo di fronte a un’evidenza logica e razionale.
Maria accetta l’invito di Dio a pensare in grande, più in grande che può: Fidati, non sai come avverrà la tua maternità? Non ti preoccupare sarà lo Spirito santo a trovare il come. L’ha trovato anche per Elisabetta. Lo sentirai nel tuo corpo, come lei.
Lo Spirito poteva scegliere altre strade, certo, ma senza il corpo di Maria il Vangelo perde corpo, diventa dottrina o semplicemente etica.
Ecco credo che la fede di Maria, per quanto possiamo osare affacciarci al suo cuore, sia una fede che è capace di tenere insieme il dono di Dio e un grande rispetto per Lui. Fa sue le parole del salmo 91: Chi abita al riparo dell’Altissimo/ passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente… sotto le sue ali troverai rifugio, e proprio per questo diventa maternità, generatrice di Vangelo.
La cosa straordinaria che può accadere anche a noi quando ci mettiamo all’ombra di Dio è di poter guardare in faccia tutte le nostre ombre, quelle che ci accompagnano senza mai staccarsi da noi e che ci appesantiscono il cuore per renderci capaci di rinascere, di rigenerarci, di ripartire, di rivivere.
Guarda in faccia le tue paure, le tue insicurezze, i tuoi fallimenti e i tuoi insuccessi. Non temere, davanti a Dio non puoi avere l’ansia da prestazione perché lui si prende cura di te. La cura di Dio, lo stare alla sua ombra ci libera in profondità dal formalismo, dal conformismo, dal dover per forza di cose apparire per quello che gli altri gradiscono, davvero ci rigenera.
Papa Francesco all’angelus del 20 novembre ha detto: «Sappiamo bene che la vita è fatta di alti e bassi, di luci e ombre. Ognuno di noi sperimenta momenti di delusione, di insuccesso e di smarrimento. Inoltre, la situazione che stiamo vivendo, segnata dalla pandemia, genera in molti preoccupazione, paura e sconforto; si corre il rischio di cadere nel pessimismo, il rischio di cadere in quella chiusura e nell’apatia….
Dio è presente nella storia dell’umanità, è il «Dio con noi», Dio non è lontano, sempre è con noi, al punto che tante volte bussa alle porte del nostro cuore. Dio cammina al nostro fianco per sostenerci. Il Signore non ci abbandona; ci accompagna nelle nostre vicende esistenziali per aiutarci a scoprire il senso del cammino, il significato del quotidiano, per infonderci coraggio nelle prove e nel dolore».
Non possiamo barare, con Dio non ci è dato di nascondere le nostre ombre, anzi, è proprio lì che lui ci attende.
Siamo ormai nell’imminenza della festa di Natale, dove il mistero è narrato come luce che splende nelle tenebre, si parla di pastori che di notte vanno a Betlemme… proprio quelle tenebre, quelle ombre, quelle oscurità sono il luogo dell’incontro con Dio, un incontro che rigenera. Sotto l’ombra di Dio le nostre ombre si trasformano e noi rinasciamo.
Quante volte possiamo rinascere! Sbaglia chi pensa che nasciamo una volta sola.
Nasciamo quando come Maria vinciamo le ombre della paura e ci scopriamo amati da Dio e capaci di amare ancora.
Nasciamo quando come Elisabetta alle ombre del giudizio degli altri rispondiamo con un sorriso e ci mettiamo a cantare.
Nasciamo quando come Giuseppe all’angoscia che poteva paralizzarlo, reagiamo compiendo gesti di responsabilità che non pensavamo di essere più capaci di fare.
(Lc 1, 26-38)