EPIFANIA DEL SIGNORE - Mt 2, 1-12


(Is 60, 1-6; Tt 2, 11-3,2; Mt 2, 1-12)

La nascita di Gesù è un’epifania ci dice la liturgia di oggi anzi, per dirla con un linguaggio a noi più sintonico, la nascita del Cristo è un vero e proprio spettacolo perché riguarda non solo la famiglia del neonato o la ristretta cerchia dei parenti e degli amici, non coinvolge solo il popolo ebraico, ma – come suggerisce il vangelo di Matteo – è uno spettacolo che attira tutti coloro che, come i Magi, sono cercatori di Dio.

Quando Isaia, nella prima lettura, invita il popolo a guardare oltre la nebbia fitta per vedere la luce e la gloria del Signore, chiede alla sua gente occhi per saper vedere oltre le incertezze del presente, un altro spettacolo, quello del disegno di Dio: cammineranno le genti alla tua luce, Gerusalemme, sarai invasa dai dromedari di Madian, che vive nella penisola del Sinai e di Efa (suo figlio) che sale dall’Arabia, ti porteranno oro e incenso le popolazioni che vengono da Saba, dall’attuale Yemen … Dette così sono parole poetiche, ma pronunciate mentre Gerusalemme viene completamente devastata e la gente viene deportata a Babilonia, dischiudono una fede a dir poco coraggiosa.

Così anche Matteo quando scrive il suo vangelo ha davanti a sé una comunità di discepoli impauriti e confusi che si attendevano dei risultati dalla loro fede e invece dovevano fare i conti con persecuzioni, con abbandoni e con tanta sfiducia. Quale fede è necessaria in tempi così?

Quella spaventata di Erode, se mai aveva una fede, o quella preoccupata dei sacerdoti o degli scribi? O quella inquieta e pensosa dei magi d’oriente?

Se noi osserviamo i magi del vangelo di Matteo purificandoli dalla fantasia pirotecnica degli apocrifi e delle tradizioni popolari che li ha fatti diventare dei re, che li ha fatti diventare tre – ma tre sono solo i doni –, che li ha resi uno bianco, l’altro giallo e l’altro nero (o di età diverse), le cui reliquie sono sparse tra Colonia e Milano…

Se non sprechiamo le nostre intelligenze nel soddisfare una curiosità inutile per verificare se proprio in quel periodo fosse passata, come voleva Keplero, uno dei padri dell’astronomia moderna, una supernova, cioè una stella debole e molto lontana, nella quale doveva essere avvenuta una colossale esplosione.

Allora, superato il rischio di leggere questa pagina come si legge una favola, possiamo riconoscere in questi misteriosi personaggi, l’atteggiamento che può essere vero anche per noi. Anzi un duplice atteggiamento.

Se sono dei magi, ovvero degli uomini di ricerca, di pensiero, non so se potremmo dire addirittura degli scienziati, ci colpisce l’atteggiamento della ricerca, dell’inquietudine di chi non si sente mai arrivato, di chi è mosso dal pensiero.

D’altra parte quando li vediamo entrare in casa del bambino, capaci di prostrarsi e di lasciare dei doni, ci colpisce la loro generosità, il loro amore. In sintesi potremmo dire che lo spettacolo della nascita di Gesù è riconoscibile da chi è un cuore pensante. È stata Hetty Illesum, una giovane ebrea che morì a 29 anni in campo di concentramento, a coniare questa sintesi coraggiosa: devo essere il cuore pensante della baracca.

Lei che viveva nell’assurdo quotidiano e nelle tenebre avvolgenti di cui ci parlava Isaia e che anche Matteo richiama, non si è lasciata andare, come molte nelle sue condizioni, alla disperazione, al cinismo, alla paura, ma si è resa consapevole che in quella baracca l’importante era essere il cuore pensante.

A me sembra che la festa dell’Epifania di Gesù chieda anche a noi discepoli di oggi, immersi nelle nebbie del nostro tempo, di essere dei cuori pensanti.

L’alternativa è quella che misuriamo nell’atteggiamento di paura e di violenza da parte di Erode e dei suoi cortigiani, che arrivano a percepire quel Bambino come un rivale. Ma davvero Gesù è un rivale di Erode?

Conosciamo tutti lo schema narrativo comune nel mondo antico e nel folklore di molte culture, secondo il quale c’è un re che viene a sapere della nascita di un potenziale rivale, di conseguenza cerca di fare di tutto per eliminarlo, ma invano, perchè costui si salva in maniera sorprendente. Diventato adulto il rivale riesce a sconfiggere i suoi avversari e prende il posto di colui che aveva cercato di sopprimerlo.

Gesù non sconfigge di lì a qualche anno Erode per salire sul suo trono. L’annuncio della pasqua non è solo un’informazione di calendario, non ci dice che adesso Gesù subisce, ma che poi si prenderà la rivincita.

Matteo vuole già all’inizio del suo Vangelo fugare ogni malinteso a proposito del regno di Gesù. Come regna allora Gesù?

Era questa la domanda della comunità di Matteo ed è la nostra domanda: ma che spettacolo è questo? Un bambino con sua madre?

Matteo risponde rileggendo la storia di Gesù alla luce dell’Esodo, della pasqua appunto. L’opposizione tra Erode e Gesù è analoga all’opposizione Egitto e Israele, tra il faraone e Mosè. Matteo racconta che il faraone redivivo è Erode e con lui la sua corte di scribi e di sacerdoti, che infatti sono sconvolti. Anzi, tutta Gerusalemme è sconvolta, letteralmente “messa sotto sopra”, dall’annuncio che il Messia è nato a pochi chilometri da lì.

E come ai tempi dell’Esodo per un bambino salvato dalla acque, Dio ha salvato il suo popolo, così ora è in questo bambino Figlio di Dio che si compie la liberazione attesa, che può essere riconosciuta e compresa solamente con un cuore pensante. Lo spettacolo è quello di un Dio che si fa cercare e amare così.

Lo spettacolo è anche di questi scienziati, ricercatori o pensatori che fossero, che al termine della loro ricerca non incontrano un’idea, una religione, una filosofia, ma un bambino e un bambino in casa con sua madre Maria. Lo spettacolo è dato dal loro atteggiamento: si prostrarono e lo adorarono, lett. portarono la mano alla bocca inviando baci! I magi hanno un’intelligenza che li sospinge, ma hanno anche un cuore che ama.

Chiediamo al Signore di avere un cuore pensante, un cuore che sappia amare, che sappia appassionarsi, ma che sappia anche riflettere e come i Magi ci insegnano, che sappia agire di conseguenza, capace di cambiare strada, se necessario.

Chiediamo al Signore anche di coniugare sempre la nostra intelligenza con l’amore, perché l’intuito, lo studio, l’analisi … non ci rendano aridi come era arido il cuore di Erode, che vedeva ovunque rivali e nemici.

Fermiamoci a contemplare, ad adorare questo Dio bambino che ancora non ha detto nulla eppure già in braccio a Maria, vive il suo essere Messia in maniera alternativa alla logica del mondo. Ecco l’epifania, lo spettacolo che ci da speranza: l’incontro dei cuori pensanti con un Dio bambino. Qui è tutta una comunità cristiana che si interroga, che si domanda su come continuare a credere e come avere il coraggio di inginocchiarsi.