DOMENICA DELLE PALME messa nel giorno - Gv 11, 55-12, 11
audio 28 marzo 2021
Anche la nostra chiesa può essere la casa dell’amicizia, come la casa di Betania lo è stata per Gesù e per gli amici di Gesù.
Soprattutto quando l’ora si fa critica, quando avvertiamo che le cose si vanno aggravando, noi tutti cerchiamo di circondarci di amici, delle persone che amiamo, non perché loro debbano risolvere i problemi i, ma perché ci permettano di non essere soli ad affrontare la vita.
Così anche Gesù: sei giorni prima della Pasqua lo vediamo nella casa di Betania, a cercare amicizia e affetto dai tre fratelli, Maria, Marta e Lazzaro. Un po’ strano che i tre fratelli non siano sposati. Vuol dire che hanno fatto una scelta ben precisa. Probabilmente erano simpatizzanti del movimento esseno, quel movimento un po’ radicale e riformatore che aveva a Qumran il suo centro spirituale? Non è esplicito il vangelo su questo. Quello che conta è che tutti e tre sono amici di Gesù e ognuno dei tre fratelli è amico di Gesù a modo suo.
Anzitutto, Lazzaro che nel vangelo di domenica scorsa, Gesù ha restituito alla vita, e che nemmeno oggi lo sentiamo esprimere un suo pensiero. Non dice una parola, mai. Rimane sempre in silenzio. È un uomo che non parla mai, non dice mai nulla. Avrà pure un senso questa cosa.
Penso infatti come anche nell’amicizia che pure si identifica col fatto di confidarsi e di parlare, magari parlare per ore… talvolta sia necessario stare in silenzio, custodire la riservatezza, non parlare a vanvera. L’amicizia vive anche dalla capacità di evitare le chiacchiere inutili, i pettegolezzi, i giudizi. Essere amici significa anche saper tenere chiusa la bocca che sarebbe sempre pronta a dire sciocchezze.
Ecco sono tutte cose dimenticate dell’amicizia, così che può sembrarci emblematica la figura di Lazzaro, l’amico silenzioso, per la cui morte Gesù ha sofferto, si è addolorato, l’abbiamo visto piangere davanti alla tomba, eppure lui rimane in silenzio.
Se Lazzaro è silenzioso in compenso ha due sorelle attivissime: Marta che sappiamo esperta in cucina, non si risparmia per Gesù e poi questa volta ha dei buoni motivi per superare sé stessa: Gesù ha fatto uscire Lazzaro dalla tomba. C’è più di un motivo per fare festa. Il suo è un servire che è mettersi al servizio (dihko/nei).
L’atteggiamento di Marta è molto bello e significativo: nel suo servire il Signore vuole dargli un’accoglienza piena di affetto, e attraverso tutto quello che fa vuol mostrare la gioia di averlo nella sua casa, la gioia per la sua visita.
Per descrivere l’atteggiamento di Marta, Giovanni usa il termine “diaconia”, sappiamo che è un termine molto bello e significativo nel Nuovo Testamento e Gesù stesso lo usa per indicare il suo modo di essere presente nella comunità in cui si serve: “Io sono colui che serve”.
Il verbo della diaconia, il verbo di chi fa lavori umili, apparecchia, cucina, lava i piatti, spazza per terra… è il verbo di chi fa il “lavoro sporco”, quello che non si vede fare, ma che noti se è stato fatto, ed è un servizio fondamentale perché si possa stare bene insieme. L’amicizia è anche mettersi al servizio dell’altro per farlo stare bene, vuol dire creare le condizioni perché possa essere contento, mettendoci del nostro.
Maria infine, è colei che conosciamo come quella che si è scelta la parte migliore, e che anche oggi fa una cosa sorprendente: prende circa 300 grammi di profumo estratto dalla radice di nardo, dal valore commerciale strabiliante per quel tempo, che Giuda traduce subito nel valore di 300 denari, con i quali si sarebbero potute sfamare almeno duemila persone, e che invece Maria, con tutta l’attenzione e la delicatezza del caso, usa per Gesù.
Maria con il linguaggio dell’affetto e dell’amicizia compie un gesto di portata storica come scrive il vangelo di Marco: «Dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto» (14,9).
Maria dell’amicizia ci dice la gratitudine, la riconoscenza, la bellezza che il profumo ci sta a evocare. Vuol dire a Gesù che gli vuole proprio bene. e anche nell’amicizia occorre che non diamo sempre per scontato che vogliamo bene a un amico, a un’amica. Occorre dirglielo con un gesto, una parola. È importante dire a qualcuno: ti voglio bene e non pensare semplicemente che tanto lo sa già.
Ma la casa di Betania non è un’oasi del Wwf: Giuda Iscariota che abbiamo imparato ad odiare troppo facilmente, irrompe con tutta la grettezza di cui è capace a dire il suo disagio e il suo dissenso, perché per lui ciò che conta nella vita non sono le emozioni, i sentimenti, i legami… conta il denaro, il soldo risolve tanti problemi!
Giuda è quella parte di noi che subisce il fascino del calcolo, del tornaconto, dell’interesse. Anche nelle amicizie, pur senza volerlo, tante volte spinge a costruire legami più la paura di restare soli e isolati che altro.
Giuda è il contraltare alla figura del servo di cui ci ha parlato Isaia. Chi è questa figura che non scappa davanti al dolore, non fugge riservandosi un’area di sicurezza? Chi sopporta il dolore in quel modo? Chi sta in silenzio e senza cercare facili giustificazioni?
È Gesù, diremmo oggi, ed è vero come vedremo nel corso della settimana santa, rivivendo il cuore della nostra fede e della nostra spiritualità. È Gesù che viene sfigurato, senza apparente bellezza, uomo dei dolori, disprezzato, trafitto, schiacciato… dal calcolo, dall’odio, dall’interesse. Eppure lui continua ad amare. Non smette di volerci bene, di esserci amico.
Anche quando l’amicizia attraversa il dolore, l’incomprensione, il conflitto e tutto questo ci fa soffrire, impariamo a stare lì, a resistere come fa Gesù, come fa il Servo che per amore continua a stare in quella condizione dalla quale vorremmo fuggire, da dove vorremmo scappare.
D’altronde l’amicizia, come l’amore è vero che ci riempie la vita, ci tiene compagnia, ma ci mette nel cuore anche la paura e la disperazione della fragilità delle cose care. La paura di perderle, di ferirle. Tanto più ci si vuole bene, tanto più ci si sente soli nell’impotenza di tenerle, di proteggerle, di dare gioia… si soffre più per esse che per noi e si piange più per esse che per noi.
Dobbiamo quotidianamente fare i conti con questa povertà che ci portiamo dentro. Non è questa la povertà cui Gesù ci rimanda e che abbiamo sempre con noi? Siamo sempre poveri di amicizia, di spiritualità, di fiducia… siamo poveri.
Dio ci ama sempre attraverso le persone, attraverso gli altri. Per questo il vangelo è il libro dove non mancano i sentimenti umani e divini di Gesù. È straordinario l’atteggiamento di Gesù che vivendo intensamente l’amicizia coi tre fratelli, ci parla di Dio, dell’amicizia di Dio.
Più vado avanti più mi rendo conto che è solo dentro un rapporto di amicizia che si riesce a parlare di Dio. Se non c’è un contesto di fiducia, di amicizia diventa più difficile parlare di Dio, quando invece c’è uno spazio, una realtà di amicizia, anche a me personalmente viene da parlare di Dio con passione, col cuore, sia con chi crede che con chi non crede.
Ora noi che vogliamo essere amici del Signore, impariamo quell’ amicizia che papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti” chiama “amicizia sociale”, vale a dire quel legame che non rimane chiuso tra noi cristiani, come in una setta o in un club esclusivo, ma che ci rende cittadini attivi che hanno a cuore la coesione sociale e non semplicemente la furbizia del calcolo di parte, come Giuda.
L’amicizia sociale è dei cittadini che non ci lasciano guidare degli egoismi di parte, ma lavorano per il bene comune.
In un momento come questo di fatica, di incertezza, di chiusura su sé stessi, viviamo l’amicizia come ci testimoniano Lazzaro, Marta e Maria e Gesù stesso. Un’amicizia sociale capace di servizio e non di calcolo, di dono e non di ripiegamento su sé stessi, un’amicizia sociale che si fa discreta e perché no, silenziosa in una società continuamente stordita dalle mille parole. L’amicizia sociale crea una sana convivenza ed apre le strade là dove l’esasperazione distrugge i ponti (FT 222-224).
Preghiamo perché per noi che siamo sempre dibattuti e trascinati tra l’agire furbesco e calcolatore di Giuda e l’amicizia generosa e affettuosa dei tre fratelli, possa essere questa anche la nostra pasqua.
(Is 52,13-53,12; Gv 11,55-12,11)