ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - Lc 1, 39-55


C’è qualcosa di speciale nella sollecitudine di Maria come il vangelo di Luca ce la descrive, che dà sapore alla festa di oggi.

Parlare dell’Assunzione di Maria, o della sua dormizione come la chiama la chiesa ortodossa, resta un mistero un po’ silenzioso e velato: i testi biblici vi alludono o lo implicano, ma non ne parlano direttamente. Ed è interessante come emerga, dalle letture di oggi, che il mistero della condizione di Maria dopo la sua vita terrena è radicato nella sua capacità di stare nella storia con cuore fedele e in grado di far fronte al mistero del male.

La storia, quella che anche noi viviamo, è fatta di due movimenti: c’è il movimento che va verso l’altro, ed è il movimento di Maria, quando con sollecitudine corre da Elisabetta e che a ben guardare è un movimento che conduce verso l’alto, verso il mistero di Dio. La sollecitudine di Maria nei confronti di Elisabetta la conduce a una vita piena con Gesù dopo la sua passione, morte e risurrezione.

Ma c’è un altro movimento quello che trascina verso il basso, ed è quello descritto nell’Apocalisse, il movimento del mostruoso drago rosso a sette teste e dieci corna che trascina verso il baratro tutto quello incontra sul suo cammino.

Per Giovanni che scrive l’Apocalisse, l’enorme drago rosso a sette teste non poteva che alludere in maniera neanche troppo velata alla violenza dell’impero romano che l’aveva costretto all’esilio e che perseguitava la stessa chiesa.

Quella del drago è un’immagine eloquente della storia del mondo che si snoda tra la violenza e prepotenza degli uni e la fragilità e debolezza degli altri. Nel drago rosso, e perciò sanguinario, si concentrano tutte le energie violente della storia umana, tutte le prevaricazioni del potere, tutti gli odi e gli egoismi che come sempre generano conflitti e guerre, morte e distruzione.

E noi stiamo proprio tra questi due movimenti, sempre davanti alla possibilità di scegliere se vogliamo essere partecipi della sollecitudine di Maria oppure se vogliamo essere parte di coloro che trascinano il mondo verso il nulla, verso la distruzione. Se vogliamo essere parte di coloro che trascinano verso il baratro migliaia di vite umane.

Le partenze dalla Libia sono diminuite, è il ritornello di questi giorni di ferie. Non c’è dubbio, e sembra rassicurare le nostre ansie e paure, ma  quello che non viene detto è che le persone non sono scomparse. Semplicemente non le vediamo più.

Per adesso non vediamo più nulla di ciò che accade in mare, entro le 100 miglia dalle coste libiche. E non vediamo ciò che accade a terra, in Libia, nelle carceri dove stiamo costringendo a tornare uomini, donne e bambini, riportati indietro nell’inferno corrotto e violento dal quale speravano di essere sfuggiti. Anche se a bordo di un gommone scassato che, probabilmente non sarebbe andato tanto lontano.

Avevano scelto una morte probabile per sfuggire ad una morte certa. Noi abbiamo scelto di riportarli indietro.

E noi dunque di quale movimento siamo energia, di quale dinamismo siamo propulsivi? Quello che va verso l’altro o quello che precipita l’altro verso il baratro?

Oggi siamo qui a contemplare Maria per imparare da lei a stare di fronte al drago rosso del potere e dell’orgoglio, della paura e della tirannia, con la forza inerme di una “donna vestita di sole”.

In quella donna vestita di sole, vediamo la figura di Maria, madre di Gesù, ma è figura stessa della Chiesa, come dice il concilio Vaticano II: La Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è immagine e inizio della Chiesa che avrà il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e consolazione, fino a quando verrà il giorno del Signore (LG 68).

Non possiamo più rimanere neutrali, indifferenti, apatici, ma dobbiamo imparare la sollecitudine di Maria che si alzò e andò in fretta a casa di Elisabetta. È questa sollecitudine che alimenta il movimento contrario a quello della Bestia che vorrebbe rigettare indietro e buttare a mare quelli che considera essere gli scarti dell’umanità.

Noi che spesso ci affidiamo a Maria per affidarle le nostre angosce e i nostri dolori, dobbiamo imparare da lei a non indugiare al lamento, alla tristezza, ma a imparare la sollecitudine nel muovere i passi decisi verso l’altro, verso l’epifania di Dio che continua a venirci incontro nei panni del piccolo, del povero, dello scartato.

Papa Francesco nella Evangelii gaudium scrive: “Ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti” (n. 288).

In fondo il Magnificat che cos’è se non la pagina delle Beatitudini  annunciate da Gesù e che Maria decide di vivere nella sua condizione diventando capace di lodare Dio perché «ha rovesciato i potenti dai troni» e «ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,52.53) e al tempo stesso conservando premurosamente «tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19)”.

Maria sa riconoscere le orme dello Spirito di Dio nei grandi avvenimenti ed anche in quelli che sembrano impercettibili.

È contemplativa del mistero di Dio nel mondo, nella storia e nella vita quotidiana di ciascuno e di tutti. È la donna orante e lavoratrice a Nazaret, ma è anche colei che parte dal suo villaggio per aiutare gli altri «in fretta».

Questa sollecitudine di giustizia e di tenerezza, di contemplazione e di attenzione agli altri, ci insegna che possiamo intraprendere anche noi con fedeltà e costanza il cammino verso l’altro, quello stesso cammino che ha permesso a Maria di giungere alla vita piena in Dio.

Le chiediamo che con la sua preghiera materna ci aiuti affinché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un mondo nuovo.

(Ap 11,19-12,1-6.10; Lc 1,39-55)