II DOPO PENTECOSTE - Lc 12, 22-31
Chi di noi non si è lamentato almeno una volta per il caldo di questi giorni? È normale, così come dovrebbe essere normale ogni mattina, ogni giorno saper dire il nostro «grazie» al Signore che ci ha preparato una casa grande come il mondo, un creato che ci accoglie fin dal primo giorno della nostra vitae noi non nasciamo in un vuoto, ma, appunto «veniamo al mondo» in un mondo già pensato e amato.
La parola di Dio è oggi un invito a posare uno sguardo grato e riconoscente al Signore per il suo dono, il dono del creato, della vita. Noi che, come dice Gesù, siamo spesso preoccupati «di che cosa mangeremo, di che cosa berremo, di che cosa vestiremo…», ci preoccupiamo come se fossimo artefici di tutto, dobbiamo anzitutto avere uno sguardo di gratitudine al Signore perché ancor prima che noi potessimo fare qualcosa, Dio ci ha già preparato un mondo, il cielo e la terra, e tutto questo non è stata una nostra proposta, ma un dono suo (Lc 12, 22-31).
Non solo, la parola di Dio ci invita anche a fare un passo in più, perché questo sguardo riconoscente e grato ci permetta di conoscere la sapienza che abita il creato, la sapienza che è iscritta nel dono di Dio.
Qual è la sapienza che c’è nella creazione? Dopo lo sguardo grato, come quello che possiamo sperimentare davanti a un bel paesaggio, a un tramonto… possiamo chiederci: qual è la sapienza che c’è nella creazione? La lettura del libro del Siracide (16, 24-30) ci vuole condurre a questa comprensione: «Quando il Signore da principio creò le sue opere, dopo averle fatte ne distinse le parti» (v.26).
La sapienza che è iscritta nell’ordine del l’universo consiste in due affermazioni: Dio creò le sue opere, e in secondo luogo, dopo averle fatte ne distinse le parti.
La sapienza della creazione, la sapienza che Dio ci insegna è la capacità di distinguere. Se riprendiamo la lettura del primo capitolo della Genesi, veniamo a sapere che la creazione accade secondo un ritmo settimanale, cosa che a noi fa sorridere perché è ovvio per noi che le cose non sono andate esattamente così, ma nemmeno la Genesi ha la pretesa di dire come sono andate le cose, ma ci vuole insegnare la cosa che Dio fa e ripete ogni giorno ed è quella di distinguere e di separare. Questa è la sapienza della creazione. Dio fa e poi distingue e separa.
All’inizio, al principio la terra era informe e deserta… e Dio cosa fa? Separa la luce dalle tenebre. Il secondo giorno separa le acque che sono sopra il cielo dalle acque che sono sotto. Terzo giorno separa le acque del mare dalla terra asciutta che così produce la vegetazione. Il quarto giorno separa il giorno dalla notte, distingue la luce del sole e la luce della luna…
La sapienza iscritta nel dono di Dio è quella della distinzione, della separazione e così facendo Dio mette dei limiti e in effetti la vita compare dopo che le acque vengono separate, dopo che la luce viene separata dalle tenebre.
Proviamo a pensare come questa sapienza, questo modo di vedere sia la legge che governa anche la nostra vita personale, spirituale, nel nostro modo di relazionarci con gli altri, con il creato, con il mondo.
Anche noi veniamo al mondo e cominciamo la vita informi e confusi e poco alla volta impariamo a organizzare le nostre forze, le nostre capacità, comprendiamo quello che possiamo fare e quello che non possiamo fare. Mettiamo ordine nella vita. Impariamo i nostri limiti.
La sapienza che ci viene dalla creazione insegna che perché ci sia vita occorre che riconosciamo la necessità di darci dei limiti: noi non possiamo vivere una vita piena, bella, libera e autentica senza limiti.
Ci liberiamo dalla confusione, stabilendo ciò che viene prima da ciò che viene dopo, per non perderci dietro a piccole e grandi ansie capaci invece di farci girare a vuoto. È molto importante scandagliare le proprie priorità. Per liberarci dalla confusione basta partire da una domanda: Qual è la priorità di questa giornata? C’è qualcosa per cui questa sera non posso andare a dormire senza averla pensata, senza averla compiuta?
Di fatto nella nostra esperienza incontriamo due tipi di limiti.
Anzitutto i limiti che ci sono già, sono i limiti che sperimentiamo presenti nella nostra vita che ci ha detto dei «no». Cosa che è difficile da accettare, infatti da sempre è difficile accettare di avere dei limiti, Adamo ed Eva fin dal principio non acconsentirono al limite loro imposto. Eppure abbiamo limiti personali, vale a dire che non siamo quello che vogliamo essere, non siamo ricchi e belli come vogliamo, non stiamo bene come vogliamo, non possiamo fare quel mestiere che volevamo… la vita ci ha detto e continua a dirci dei «no».
E poi c’è un secondo tipo di limiti: i limiti che noi dobbiamo porre. Perché se non mettiamo un argine a certe tensioni, a certi possessi, se non mettiamo un argine a certe pretese finiamo per distruggere la nostra vita.
L’arte di governare i nostri desideri è non esserne governati, così l’arte di governare il proprio cuore è non esserne governati, l’arte di saper camminare dentro i limiti dell’intelligenza … accettare che non possiamo avere tutto, essere tutto, che non possiamo capire tutto e quindi porre un sacrosanto limite personale.
Un limite che va posto anche ai nostri consumi, alle nostre pretese economiche. Ci possiamo lamentare che fa caldo, ma siamo capaci di darci dei limiti nello sfruttamento delle risorse del creato? Siamo capaci di darci dei limiti nell’uso dell’energia?
Questo significa moderare le nostre bramosie, limitare i nostri desideri, per cercare il regno di Dio, per fare nostra la sapienza di Dio posta nel creato che ci insegna a porre un limite alle nostre preoccupazioni di possedere, di avere, di sfruttare… perché la vita possa continuare a fiorire, perché il dono del creato possa continuare ad essere un dono per le generazioni che verranno.
È importante saperci dare dei limiti, oggi potrebbe essere facilmente considerato frustrante, invece è condizione di vita. La sapienza della genesi ci insegna che la legge di darsi dei limiti è iscritta nelle cose: le acque si ritirano per lasciare spazio all’asciutto, la luce del giorno si separa dalla luce della notte… le cose si autolimitano e questa legge non è fine a se stessa, ma fa sì che la vita possa continuare ad essere.
Attraverso la disciplina e l’accettazione noi creiamo uno spazio… perché germogli la vita! C’è chi vive l’ordine per l’ordine, la disciplina fine a se stessa… non stiamo parlando di questo, ma della nostra responsabilità.
Quante persone disperdono la propria bellezza nel disordine. Quando uno accetta un limite e si dà un limite crea uno spazio che diventa «creatività», e questo, dice la Genesi, è una «cosa buona». È fecondità. Noi abbiamo una nostra fecondità che viene oscurata dal disordine. Mentre da ognuno di noi esce vita, siamo collaboratori di Dio per la vita.
Infine, questa sapienza del creato rivela anche un’altra legge di cui stiamo diventando sempre più consapevoli, ovvero l’interdipendenza degli esseri viventi.
Le acque vengono separate, gli spazi vengono separati perché così tutti possano vivere.
Il saperci dare dei limiti, il saper essere sobri nell’uso delle cose… non è una questione semplicemente intima, una virtù privata… il mio, il nostro atteggiamento ha delle ripercussioni sulle generazioni che vengono dopo di me. Conosciamo tutti quello che viene definito come ««l’effetto farfalla»: il battito delle ali di una farfalla in Brasile potrebbe provocare un ciclone in Asia… è un paradosso per dire come un qualsivoglia piccolo cambiamento nelle condizioni iniziali del sistema conduce a conseguenze su scale più grandi. Il concetto dell’effetto farfalla non va ovviamente inteso in senso letterale, ma rende l’idea dell’interdipendenza degli esseri viventi.
Se assumiamo questa consapevolezza diventa normale smettere di considerarci padroni del creato. Il creato non è una proprietà di cui possiamo spadroneggiare a nostro piacimento; né tanto meno, è una proprietà solo di alcuni o di pochi: il creato è un dono, è un dono meraviglioso che Dio ci ha dato, perché ne abbiamo cura e lo utilizziamo a beneficio di tutti, sempre con grande rispetto e gratitudine perché le nostre vite sono interdipendenti con le acque di sopra e le acque di sotto, usando il linguaggio della genesi, con il ritmo della luce del giorno e della luce della notte.
Papa Francesco qualche tempo fa ha raccontato questo aneddoto personale: «Una volta ero in campagna e ho sentito un detto da una persona semplice, alla quale piacevano tanto i fiori. Mi ha detto: “Dobbiamo custodire queste cose belle che Dio ci ha dato; il creato è per noi affinché ne profittiamo bene; non sfruttarlo, ma custodirlo, perché Dio perdona sempre, noi uomini perdoniamo alcune volte, ma il creato non perdona mai e se tu non lo custodisci lui ti distruggerà”».
Allora cominciamo a dire «grazie» ogni giorno per la bellezza del dono di Dio e impariamo a custodirlo con responsabilità, sapendo anche darci dei limiti. Così anche noi faremo la nostra parte nel cercare il regno di Dio, vincendo le nostre ansie e le nostre preoccupazioni, per imparare la sapienza che è nella vita.