DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE (29 agosto) - Mc 12, 13-17
Si potrebbe attendere da me una predica equilibrata, che compia una precisa e quieta distinzione tra sacro e profano, tra stato e chiesa, per dirla in termini più brutali. Ma non sarei fedele al sospingimento che il vangelo di Gesù mi suggerisce. Sarebbe poca cosa ridurre le parole di Gesù a una distinzione funzionale al fatto di tenere separati quel che dice un qualsiasi governo e quel che dice il Papa.
Gesù ambisce a una visione più alta, che unisce senza dividere, opera sì una distinzione, ma con uno sguardo appunto olistico e trascendente.
Che la moneta sia di Cesare è ovvio, e in quest’ottica avrebbero ragione coloro che non accettano interferenze e condizionamenti da parte di qualsiasi istituzione religiosa nel formulare le leggi dello Stato, nell’economia e nelle istituzioni. E fin qui potremmo anche seguire simile ragionamento, ma Gesù non opera una semplice divisione dei compiti e dei terreni di competenza, stabilisce una mèta più alta, quando dice di rendere a Dio ciò che è di Dio. Ma non è immediatamente evidente capire che cosa sia di Dio!
Gesù intende forse dire che di Dio sono le cose di chiesa? Sono di Dio le faccende legate alle sagrestie e alle curie? Ma quando dice queste cose, diversamente da noi, gli interlocutori di Gesù, gli ebrei sanno benissimo e sono particolarmente sensibili su questo tema, che Cesare non è un dio, questo dovrebbe essere fuor di dubbio anche per noi, però nelle parole di Gesù si capisce anche che Dio non agisce alla stregua di un cesare!
Il Signore si rifiuta di rendere culto a un Cesare che si erge come un dio, ma si rifiuta anche di rendere culto a un Dio che sia immagine di cesare. Dio non ha bisogno del braccio secolare per il suo regno. Il Dio che si rivela nell’uomo Gesù mettendosi al servizio dei più piccoli, dei più deboli, rivelandosi in un crocifisso è l’esatto contrario dell’immagine di un qualsiasi cesare.
È questo il nucleo del sempre attuale esercizio di discernimento che tutti noi siamo chiamati a compiere, in questo consiste la missione profetica del nostro essere cristiani. Stiamo attenti e vigiliamo sempre affinché non attribuiamo alle leggi un carattere sacro e immutabile: le leggi sono umane e sempre perfettibili. Anzi in taluni frangenti storici ci sono stati dei cristiani che hanno avuto il coraggio e la forza di andare contro alcune leggi ingiuste e inique.
Nei giorni scorsi abbiamo ricordato un prete, don Giovanni Minzoni, nel centenario del suo assassinio da parte dei fascisti (1923). Venne ucciso a bastonate dai fascisti per aver celebrato il funerale di un assessore socialista, durante il quale condannò l’omicidio come mostruoso cinismo, viltà e settarismo.
Venne ucciso per aver scritto una lettera dopo che i fascisti avevano impedito una processione degli scout verso un santuario. Infine per aver avuto una discussione pubblica con il gerarca Balbo che aveva minacciato dure sanzioni se non si fosse sciolta l’associazione scoutistica perché questo era l’ordine del Duce. Minzoni rispose che prendeva ordini solo dal Papa e che i suoi ragazzi sarebbero rimasti uniti in nome di Dio per il loro e unico vero bene che non era quello di imparare a usare i fucili. Pochi giorni prima della morte disse: “Ritirarmi sarebbe rinunciare a una missione troppo sacra. A cuore aperto, con la preghiera che spero mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo della causa di Cristo. La religione non ammette servilismi, ma il martirio”.
Ecco cosa significa dare a Dio quel che è di Dio: non piegare la schiena al prepotente di turno, ma riconoscere che se Dio è fonte della vita non può identificarsi con chi usa il suo nome per costruire un potere al prezzo di altre vite, uccidendo, umiliando, sfruttando le persone.
Perché “di Dio” è la persona umana, la famiglia umana, il creato. Icona di Dio, secondo la Genesi, sono ogni uomo e ogni donna, fatti a immagine di Dio che abitano il creato riflesso del suo amore.
Non si tratta dunque semplicemente di separare e quasi contrapporre due poteri, ma di riconoscere che l’uomo è di Dio e non dello stato, l’uomo ha una coscienza morale e spirituale che ha sì un potere da esercitare, e questo è il potere profetico di indicare, denunciare, richiamare anche chi detiene il potere politico affinché non ci siano ingiustizie, disuguaglianze, e piuttosto si adoprino a favorire l’uguaglianza e la giustizia dei cittadini. È questo il potere profetico di cui siamo responsabili nel mondo.
Così che quando un governo promulga leggi inique e disumane come quelle che ci sono in diversi Stati nei confronti dei migranti, abbiamo il diritto umano e il dovere profetico di ricordare chi e che cosa è di Dio.
«Don Minzoni, ha detto il card. Zuppi nella commemorazione ad Argenta (Ferrara), è stato ucciso dalla violenza fascista e dalle complicità pavide di chi non la contrastò. Fascismo, che assume colori diversi, sistemi e burocrazie di ogni totalitarismo e diversi apparati, significa il disprezzo dell’altro e del diverso, l’intolleranza, il pregiudizio che annienta il nemico, il razzismo raffinato o rozzo che sia, la violenza fisica che inizia sempre in quella verbale e nell’incapacità a dialogare con chi la pensa diversamente. Per questo don Minzoni era e rimane una sentinella del mattino che nella notte continua a farci credere nella luce».
Che il vangelo e la testimonianza dei martiri destino la nostra sonnolente indifferenza e acquiescenza nei confronti della notte del male in cui viviamo. Ne siamo pienamente responsabili nella misura in cui non reagiamo e non assumiamo le nostre responsabilità. Dipende da noi se vogliamo continuare a dormire o essere sentinelle del mattino.
(Mc 12,13-17)