ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - Lc 1, 39-55
Ap 11, 19. 12, 1-6; Lc 1, 39-56
Già nel vangelo di ieri Gesù ci chiedeva di riconoscere la grandezza della fede di una madre, di una donna Cananea capace di affidarsi al Dio della vita. Nella festa di oggi celebriamo la fede di un’altra grande donna, Maria di Nazaret.
Nell’arco dell’anno abbiamo diverse occasioni per celebrare le diverse sfumature – per così dire – della vita di fede di Maria: dall’Immacolata concezione alla sua natività, dall’annunciazione della Maternità divina fino all’Addolorata, quando la contempliamo ai piedi della croce di Gesù … tutta la vita di Maria di Nazaret è stata sotto il segno della fiducia nell’Eterno, nel disporsi alla sua volontà, nella fedeltà alla sua Parola.
La festa di oggi potremmo dire celebra il culmine di questo cammino di fede di Maria. Altri sono stati risuscitati, ma l’assunzione in anima e corpo è propria solo di lei: solo il suo corpo fu preservato dalla corruzione, come Gesù.
Lo diremo con le parole dei Padri nel prefazio: Tu non hai voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita. Questo mistero grande, collocato nel cuore dell’estate, ha per noi un significato quasi provocatorio.
Dico questo perché l’assunzione di Maria al cielo in anima e corpo esprime chiaramente la volontà dell’Eterno di salvare l’uomo, tutto l’uomo, anima e corpo.
I filosofi greci avevano intuito che l’anima dell’uomo sarebbe stata felice dopo la morte e per questo disprezzavano il corpo (Platone lo considerava il carcere dell’anima), per cui il loro impegno era volto alla crescita delle virtù, alla disciplina interiore.
Oggi assistiamo per contro a un’idolatria del corpo, a una sua esaltazione, a una sovraesposizione della bellezza esteriore, mentre trascuriamo molto la bellezza interiore, la capacità di coltivare quegli atteggiamenti profondi, intimi che permettono di dare il meglio di noi stessi e di fare della nostra vita un’opera d’arte.
La festa di Maria assunta in cielo, in anima e corpo, ci ricorda che tutta la nostra vita è nel disegno dell’Eterno chiamata a diventare bellezza. Vediamo come la parola di Dio ci aiuta ad entrare in questa comprensione.
La lettura dell’Apocalisse ci suggerisce l’immagine dell’arca dell’alleanza, dicendo subito che l’arca dell’alleanza è una donna vestita di sole che grida nelle doglie del parto.
Ad insidiare la nascita del bambino c’è una bestia mostruosa, degna dei film dell’orrore, un enorme drago rosso.
In questo enorme drago rosso, e perciò sanguinario, si concentrano tutte le energie violente presenti sulla terra, tutte le prevaricazioni del potere, l’aggressività, l’odio e l’egoismo che, come sempre, generano morte, violenza, conflitti e guerre.
Di fronte al drago dell’Apocalisse si erge la forza inerme di una “donna vestita di sole” che partorisce il figlio nel travaglio.
Per Giovanni, questa donna è la Chiesa stessa, è la comunità dei discepoli di Cristo che si trova a generare il Vangelo in un mondo che la perseguita, egli stesso si trova in esilio sull’isola di Patmos. Così la Chiesa trova salvezza rifugiandosi nel deserto dove Dio le ha preparato un rifugio.
Dove sta la bellezza in un racconto così drammatico?
Impariamo dai primi cristiani che trovandosi appunto oppressi dal drago rosso, dalla persecuzione sanguinaria, videro in Maria l’arca dell’alleanza.
E come l’arca dell’alleanza che custodiva la Torah, la parola di Dio ha avuto una storia dolorosa, di guerre, di violenze, di sangue, analogamente quella di Maria, e con lei quella della Chiesa, è una storia segnata dalla sofferenza, dalla prova, dalla persecuzione.
Quante volte pregando il Magnificat mi sono chiesto: Ma Signore se guardi la condizione del nostro mondo, la storia sembra solo sotto il segno del drago sanguinario, quando mai i superbi sono stati smentiti nei loro pensieri? e quali sono i potenti ribaltati dai troni? e gli affamati chi mai li ha saziati? Per non dire dei ricchi: altro che a mani vuote, se le riempiono sempre di più!
Sembra che in questa lotta perenne la vittoria arrida ai prepotenti e gli umili siano sempre più sprofondati.
È vero, le forze di morte sono innumerevoli, ma la festa dell’Assunta è una provocazione per noi, una provocazione che ci dice che la bellezza che salverà il mondo, è la bellezza di una vita donata, di una vita consegnata per amore, offerta nei piccoli passi di fedeltà di ogni giorno.
Anche noi possiamo generare al Vangelo questa nostra società che ci appare talvolta come un drago violento e sanguinario, se rimaniamo fedeli, con tutti noi stessi, nel nostro dovere quotidiano e non ci lasciamo abbattere nelle prove.
La bellezza della Chiesa, come quella di Maria, consiste nello stare con coraggio sotto la croce, nella fiducia che l’Eterno non abbandona i suoi figli, e per questo non asseconda la legge della violenza, perché altra è la logica della fede: il male si vince con il bene.
La bellezza di Maria non è la bellezza mondana, la sua condizione non è quella di una regina o di una principessa, piuttosto è quella di una donna che con tutta se stessa, anima e corpo, è fedele alla Parola che le è stata seminata in grembo, anche se è una madre che appartiene al mondo dei senza potere, di coloro che non fanno notizia.
Eppure sa rimanere ancorata alla fede in Dio in tutto, fino alla croce, tracciando così la strada per la comunità dei discepoli, per dirci che la bellezza della vita, non abita i palazzi di Erode, nemmeno quelli di Caifa, né di Pilato o del Sinedrio, ma è nell’essere fedeli alla Parola anima e corpo, in unità di noi stessi.
Insieme a Maria ringraziamo il Padre per il suo magnifico disegno e preghiamo perché sappiamo stare in questo nostro tempo come lei, umili e fedeli e ci sia dato un giorno di entrare nel regno del Risorto.