VIII DOPO PENTECOSTE - Lc 13, 22-30
Due sono le questioni che mi sembra vengano poste dalla domanda iniziale del Vangelo: Signore, sono pochi quelli che si salvano?
Prima questione: salvare da chi, da cosa? Oggi la domanda di salvezza riguarda per lo più la salute e la condizione economica. Per chi è precario salvezza coincide con il posto di lavoro, per chi è in guerra significa sopravvivere… Per qualcuno si tratta di salvare la faccia dopo una brutta figura o un fallimento.
Non sembra che l’uomo contemporaneo cerchi una salvezza così come l’aveva in mente l’interlocutore di Gesù. Magari cerca la soluzione ad alcuni problemi, spera che la tecnologia e l’intelligenza artificiale… lo salvi da un inghippo e dischiuda nuove possibilità. Non si aspetta una salvezza che viene da Dio, dall’esterno, dall’alto.
Seconda questione: sono pochi o tanti quelli che si salvano? Se le cose riguardo alla salvezza stanno come dicevo prima, è ovvia la risposta: sono pochi. Pochi possono accedere agli strumenti avanzati della tecnologia, pochi possono usufruire delle cure per la salute, pochi hanno la possibilità di lavorare… le ingiustizie nel mondo sono tali e tante che i privilegiati nel mondo – e noi siamo tra questi – sono davvero pochi, pochissimi.
Ora noi diciamo che Gesù è il Salvatore di tutti: è lui l’Agnello che porta su di sé il peccato del mondo, è lui la luce del mondo, è lui che innalzato sulla croce attira tutti a sé, è lui che versa il suo sangue per voi e per tutti…è dunque assolutamente chiaro che la salvezza portata da Gesù nel mondo è per il mondo intero, per tutta l’umanità, per ogni singola persona umana, senza distinzioni né eccezioni.
Questa è una radicale novità portata da Gesù: il Dio di Gesù è molto diverso da tutto ciò che abitualmente viene associato all’idea di divinità, perché è un Dio che ama chi noi non amiamo (gli altri, gli scartati, i diversi), che perdona chi noi non perdoneremmo mai, un Dio che mette al primo posto chi noi avremmo messo all’ultimo, un Dio – come abbiamo ascoltato domenica scorsa – che chiama beati, felici, coloro che noi consideriamo infelici, un Dio che accoglie chi noi invece escludiamo… è insomma un Dio che non piace a tutti, è un Dio scomodo, tant’è che finisce su una croce e nemmeno tra due discepoli, ma tra due delinquenti.
Non è forse anche questa la salvezza e la liberazione di cui abbiamo bisogno? Essere salvati da un’idea di Dio da cui facciamo fatica ad affrancarci e così conoscere e amare il Dio di Gesù. Questa è la porta stretta, quella del Vangelo che parla di un Dio così.
Notate il paradosso, molto sottile: passando per la porta stretta del Vangelo, non ci si chiude in un cenacolo per pochi intimi, ma ci apre sul mondo per essere misericordiosi come lui, pazienti come lui, accoglienti come lui, giusti come lui.
Quando diciamo che Gesù è il salvatore del mondo (Gv 2,42) o come dice Pietro negli Atti, crediamo che non c’è altro nome tranne quello di Gesù nel quale possiamo essere salvati (4,12), non significa che tutti debbano diventare cristiani per essere salvati, cioè che non si possa essere salvati se non si diventa cristiani, al punto che o sei dentro la chiesa o sei dannato. La porta non è la chiesa, è Cristo.
Gesù ha sempre parlato del regno di Dio e il regno di Dio ha una dimensione che abbraccia tutti, proprio tutti e non coincide con la chiesa o le chiese. Lo dice anche nella pagina di oggi se ascoltiamo con attenzione. Ciò che Gesù rimprovera ai suoi interlocutori non è tanto la mancanza di fede, ma il rifiuto pratico, come si evince dalle sue parole: allontanatevi da me voi tutti operatori di ingiustizia (v.27).
Quindi possiamo dire che se uno compie opere di giustizia è accolto da Dio, magari non sempre dalle chiese, perché per Gesù il regno di Dio opera anche al di fuori dei perimetri religiosi, oltre i confini stabiliti… Pietro negli Atti dice: Chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto (10,35). Ciò che più rende gradita a Dio qualunque persona sono le opere di giustizia. Chiunque, in qualunque popolo, cultura o religione o anche indipendentemente da ogni religione, compie le opere di giustizia, è gradito a Dio che lo accoglie nel suo regno. Ecco chi si salva.
Matteo nel descrivere il giudizio finale nel cap.25 ci dice tra le tante una cosa molto importante, cioè che è possibile compiere gesti inequivocabili di autentico amore del prossimo senza conoscerne la segreta origine e qualità divina: sono gesti umani dettati dalla compassione che hanno a che fare con Dio. Ecco chi si salva.
Uno dei primi pensatori cristiani, Giustino, filosofo di origine pagana, divenuto cristiano e morto martire a Roma (ca 165 d.C.) diceva che i semi della Parola di Dio agiscono e germogliano ben oltre e al di fuori delle nostre comunità cristiane.
Il mondo che non conosce Dio, non è senza Dio, perché Dio vuole la salvezza di tutti. Tocca a noi saper vedere le tracce della sua presenza anche là dove non ci aspetteremmo di trovarne.
Ora vorrei chiudere con una domanda: se Gesù venisse oggi entrerebbe in chiesa? Vorrebbe frequentarne una? Non è una domanda oziosa e inutile, ma è importante per chiederci se le nostre chiese potrebbero sentirsi dire da Cristo: Non so di dove siete operatori di ingiustizia.
Sforziamoci di passare per la porta stretta del Vangelo, perché c’è un mondo amato da Dio che attende di essere liberato e salvato.
(Lc 13, 22-30)