I DI AVVENTO - Mt 24, 1-31


audio 13 nov 2022

Potremmo dire che molte vite hanno già vissuto un’apocalisse come quella descritta da Gesù. Molte vite sono da tempo crollate pietra su pietra, schiacciate dall’inganno perché credevano di incontrare l’amore e hanno trovato le botte e le violenze. Hanno incontrato persone capaci di farle morire dentro, sono state nutrite da odio e tradimenti. L’iniquità ha spento in loro qualsivoglia desiderio di amore.

Non solo, ci sono vite che sono state facili prede di abili predicatori, che hanno venduto loro illusioni e falsi paradisi. Per molte di queste vite il sole di giorno non splende più, né la luna di notte offre una briciola di speranza… la devastazione è tale e tanta che si arriva a un punto di non ritorno, dove umanamente non rimane che la disperazione.

Proprio a quel punto, dice Gesù: Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo.

Noi pensiamo anzitutto al tempo escatologico, ci riferiamo alla visione finale delle cose e ci domandiamo: dove va il mondo, dove va la storia umana, dove sono i miliardi e miliardi di esseri umani che ci hanno preceduto… a cosa conduce il progresso e la civiltà? Ma anche: dove va a finire tanto dolore? Dove porta tanta distruzione?

Isaia rivolgendosi a un popolo che stava sperimentando tutto questo, a un popolo decimato, ridotto a un resto, lontano dalla patria distrutta… lo invita ad avere due atteggiamenti per cercare una risposta.

Anzitutto: Ascoltatemi, porgete l’orecchio… ascolta, mettiti in atteggiamento di apertura e di ricerca, non abbandonarti al lamento, alla tristezza e alla desolazione… apri la tua intelligenza e il tuo cuore e lasciati interrogare. Anche dentro la devastazione c’è un seme di speranza e di vita. Duro ascoltare quando tutto e tutti intorno a noi non vedono che sciagure, degenerazione, decadenza! Ascolta. E a me verrebbe da dire: ascoltiamo i giovani. È vero che siamo circondati da una cultura che, se da una parta idolatra la giovinezza cercando di non farla passare mai, dall’altra però esclude tanti giovani dall’essere protagonisti. Perché non li ascoltiamo?

Soprattutto come Chiesa, dobbiamo ascoltarli, non per fare  – come dice papa Francesco – un’artificiale giovano-filia… ma perché abbiamo bisogno di capire meglio quello che Dio e la storia ci stanno chiedendo, “Se mancate voi (giovani), ci manca parte dell’accesso a Dio”.

E poi una seconda cosa, suggerisce il profeta: Alzate al cielo i vostri occhi e guardate la terra di sotto. Il guardare le cose alzando gli occhi cielo, comporta un cambiamento di prospettiva. Non lasciamoci andare a nostalgie per situazioni ormai passate, che pure potevano avere i loro vantaggi e la loro bellezza, ascoltiamo e guardiamo la nostra umanità oggi, la nostra città, il nostro Paese.

Quando verrebbe istintivo agitarsi e mettersi a fare delle cose: ascoltiamo e guardiamo senza chiudere gli occhi, come non li ha chiusi Gesù, il quale anzi ci apre gli occhi per guardare ogni cosa con la sincera volontà di vivere e di giudicare a fondo le situazioni del mondo, l’ambiente, le guerre, le politiche… operando quel discernimento che coinvolge anche la nostra parte di responsabilità.

Se tutto, la nostra vita personale come la vicenda del mondo, proprio tutto va verso l’incontro con il Figlio dell’uomo, guardiamo le cose dalla prospettiva di Gesù. Non è un caso che egli ami definirsi come Figlio dell’uomo, termine enigmatico e controverso nelle scienze bibliche (Dn 7,13). Di sicuro se viene dal cielo ci aspetteremmo qualcosa di celestiale, appunto, invece se è un figlio d’uomo, il nostro sarà un incontro con un essere umano, un essere grande e debole al tempo stesso, che è per sua natura un figlio… Allora comparirà in cielo il segno del Figlio.

Quale segno si deve vedere in tutte le nostre tragedie? Quale segno possiamo sperare nei nostri conflitti e devastazioni, tradimenti e illusioni, inganni e paure? Quale segno ci offre Gesù se non quello della sua croce?

In pratica nessun segno viene dato se non lo stesso evento del Figlio dell’uomo, il quale ‘segna’ la fine del mondo che è il punto di arrivo della storia umana e che è anche la fine di questo mondo per ogni generazione che vede nella croce di Gesù, nella morte del Figlio di Dio, il dono del figlio dell’uomo.

Se la croce di Cristo è un segno, la nostra fede non solo guarda a Gesù, ma guarda le cose del mondo, la vita stessa da quel punto di vista, dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere. Per permetterci di conoscerlo, accoglierlo e seguirlo, il Figlio di Dio ha assunto la nostra carne, è diventato figlio dell’uomo, e così la sua visione del Padre è avvenuta anche in modo umano, attraverso un cammino e un percorso nel tempo.

La fede nel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù di Nazaret non ci separa dalla realtà e dall’umanità, ma ci permette di cogliere il suo significato più profondo, di scoprire quanto Dio ami questo mondo e lo orienti incessantemente verso di sé.

Finiamola per favore di vedere la storia come una valle di lacrime, sulla quale non ci rimane che piangere e dove si sta con un senso generalizzato di esilio e di pena, invocando una celeste avvocata in grado di assicurarci l’altra vita, quella dopo la morte, come veramente altra da quella vissuta in questa valle di lacrime.

Nessuno più aspetta un paradiso, perché il paradiso che lo diamo da noi. I meno giovani tra noi possono facilmente recuperare nella memoria scene del passato in cui era già faticoso mettere insieme il pranzo con la cena; in cui malattie oggi curate in day hospital potevano essere invece letali; in cui l’oratorio era il massimo dello sballo per gli adolescenti… tempi in cui la nonna e il nonno già a cinquant’anni sembravano parenti stretti di Matusalemme, dopo tante stagioni passate senza termosifoni d’inverno e aria condizionata d’estate…

Oggi non vediamo più intorno a noi la terra come quella valle di lacrime che aspetta un paradiso. Oggi forse si crede di avere già il paradiso qui. Il paradiso ce lo diamo da noi.

In questo misuriamo lo scarto che c’è tra il sentire e il vivere di gran parte dell’umanità e la nostra fede, la fede che annunciamo e che predichiamo. La questione è che noi siamo in ritardo, noi come chiesa, siamo in ritardo di futuro.

Il vescovo di Pinerolo, mons. Derio, racconta di una mattina in cui passando insieme con altri vescovi per il centro di Torino, verso il duomo dove veniva consacrato il nuovo vescovo della città, i giovani che li osservavano sfilare con le loro sottane filettate di rosso, li ha sentiti dirsi l’un l’altro con voce sorpresa: Chi sono questi, vestiti così strani? Non era una frase di scherno o di critica. Nessuno, scrive mons. Derio, ha riso né ha fatto commenti volgari. Era davvero una domanda.

L’uomo e la donna di oggi, i giovani, le nuove generazioni non sanno più riconoscere le nostre tradizioni e abitudini, non pregano più da una valle di lacrime, e per fortuna! Attendono però un segno con cui leggere e comprendere le loro domande e le loro inquietudini.

Non è questa forse l’attesa del segno del Figlio dell’uomo, del segno di un Dio dal volto umano? Non è che dopo secoli in cui abbiamo proclamato e definito con concili e dogmi, strenuamente e a ragione, la divinità di Gesù, dobbiamo ora affermare con altrettanta importanza la sua umanità, il suo essere un Figlio d’uomo che si erge ancora per questa nostra società, come segno nel suo donarsi, nello spendere la sua vita per amore e con amore?

Il segno della croce, che sta sospesa sulla mensa, è il segno del Figlio dell’uomo che continua a guardare noi che siamo qui a pregare, ma a guardare anche tutti quelli che ogni giorno passano qui sotto, turisti indifferenti o addirittura irriverenti. Eppure egli con infinito amore morì anche per loro.

Ecco il senso della nostra celebrazione: finiscono le cose del mondo, finisce anche la nostra vita, ma non è la fine di tutto, anche la croce sembrava la fine di tutto, eccola invece come segno di un’umanità che rinasce, risorge, si rigenera nell’amore. Da qui allora usciamo con una voglia matta di aiutare ogni uomo e ogni donna a vivere e ad amare.

(Is 51, 4-8; Mt 24, 1-31)