II DOPO L’EPIFANIA - Gv 2, 1-11
Il nostro intento mentre siamo qui non vorrebbe essere quello di chi ha altri obiettivi e scopi se non di fare la fatica di pensare, di raccordare le cose, gli eventi, la vita con quelle parole e quei gesti che Gesù ha compiuto per aprirci una via di umanità, di pienezza. Questo è possibile però se siamo disposti a pagare il prezzo e l’ebrezza della profondità, dell’inquietudine, della domanda.
Cosa altrimenti difficile oggi perché, come scriveva il prof. Magatti della Cattolica, Oggi si parla di “tecniche del potere forte” che non cercano tanto di conquistare i cuori e le menti dell’avversario, quanto di manipolare e controllare un pubblico in un contesto ostile attraverso la distorsione volontaria delle informazioni.
Gli italiani hanno un problema: non leggono. Il teorema “con la cultura non si mangia” è diventato la madre di tutte le giustificazioni e ogni giorno ne registriamo le conseguenze nell’imbarbarimento della vita sociale e politica. L’ultima indagine Istat delinea un quadro inquietante: 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno[1].
Gesù non cerca consensi, non vuole manipolare le nostre coscienze e la narrazione delle nozze di Cana non è una storiella edificante, strepitosa per creduloni sciocchi. Esige piuttosto, quello cui non siamo quasi più abituati, vale a dire un atteggiamento e una curiosità che si fa domanda: cosa aveva in mente Gesù? cosa pensava Maria assumendosi la responsabilità di dire quello che ha detto? Perché gli sposi non dicono nulla?
Gesù non riceve nemmeno un grazie, non c’è nessuno che gli fa i complimenti. Alla fine chi si rende conto dell’accaduto sono solo i servi. Lo stesso direttore di sala ne attribuisce il merito allo sposo: Guarda che forte che sei! In genere il vino peggiore si lascia alla fine, quando la gente è già un poco bevuta e invece tu hai tenuto il vino migliore per la fine!
È Giovanni che ci fa sapere che Gesù è stato l’artefice di tutto, la gente non sembra rendersi conto di chi abbia operato questa trasformazione.
Gesù poteva benissimo utilizzare per sé l’inconveniente: manca il vino? di chi è la colpa? Non ci voleva molto a fare dello sposo il capro espiatorio di una situazione incresciosa e a dir poco drammatica… e così a quel punto Gesù avrebbe potuto fare il suo figurone davanti a tutti.
Invece Gesù è come se si nascondesse, come se volesse restare indietro e non pensiamo subito che lo abbia fatto per umiltà o per riservatezza… Il dettaglio che sfugge alla lettura superficiale e disattenta impedisce la comprensione della verità e della realtà.
Anche nella prima lettura Dio sembra essere nascosto, in disparte. La storia di Ester è interessantissima, tra l’altro la leggiamo pochi giorni dopo il 17 gennaio, dopo la Giornata per il dialogo ebraico cristiano, che quest’anno lo proponeva proprio come brano di riferimento.
Il racconto, seppure ambientato nel contesto storico della corte persiana del V sec a.C., è stato scritto intorno alla prima metà del II secolo a.C., quando l’imperatore persiano era stato sconfitto ormai da 150 anni e il potere straniero era rappresentato da Alessandro Magno. È come un romanzo che viene ambientato in un tempo antecedente, ma nel quale vengono riproposti problemi attuali. E la questione, o le questioni sono appunto come resistere al dominio dilagante, come mantenere i valori in cui crediamo, come tenere fede a ciò in cui si crede, vivendo in un mondo che va al contrario? Dio dov’è quando soffriamo?
Il nome di Ester è legato a una divinità stellare, come ci confermano le lingue europee: aster-astro, star, stern, ma i rabbini ci dicono che c’è un’allusione a Ester nella Torah, quando nel Deuteronomio si dice: Io nasconderò il mio volto, “astèr hastìr” (31,18).
Una profezia terribile nella quale si dice che a seguito dei peccati del popolo il Signore metaforicamente si ritrarrà da lui, il non mostrare il volto significa che si rende inaccessibile. È in qualche modo la chiave per l’interpretazione del negativo e del male nella storia, in cui la provvidenza divina smette di agire direttamente e lascia il corso degli eventi al caso.
In tutto il rotolo di Ester non si nomina mai il nome divino, come a dire l’apparente invisibilità e assenza dell’Eterno nella storia, in contrasto con la prepotenza del potere umano. Quando Dio sembra fare silenzio e non interessarsi alla vicenda umana, è come se Egli si ritraesse di fronte al dilagare dell’empietà, della crudeltà, dell’odio e della cattiveria di cui l’essere umano è capace. Quando diciamo che Dio fa silenzio, che Dio non c’è, che Dio è assente… in realtà diciamo che noi siamo diventati duri, crudeli, insensibili, incapaci di umanità e capaci delle più gravi crudeltà.
Lo vediamo ogni giorno, purtroppo. Il cadavere del naufrago ha età apparente 14 anni, provenienza Mali. Indossa una giacchetta. All’interno della tasca una pagella cucita con cura. Ha ottimi voti. Questo ragazzino di cui non sappiamo e non sapremo mai il nome, aveva sperato in un lasciapassare per un mondo più libero e più giusto, un mondo più accogliente, con la sua pagella da “perla rara”.
Una pagella per dire al mondo: prendetemi con voi, studio e sono bravo.
Non è arrivato in tempo per dircelo. Chissà che uomo abbiamo perso: forse sarebbe diventato ingegnere, meccanico, fisico, matematico o poeta! Come sono buie, buie come il fondo del mare, le coscienze di chi non alza un dito davanti a questa strage.
Le regole antiche del mare dovrebbero essere, comunque, guida anche per gli uomini di governo, di potere. E quando, come ieri, 117 persone muoiono, senza speranza, senza aiuto, in un mondo in cui se si vuol vedere si vede tutto con grande anticipo, ogni parola in più rispetto all’umana pietà è solo sale su una cicatrice immane. Quando l’uomo si fa crudele, Dio appare sempre più silente e lontano: Dio nasconde il suo volto.
Ma rispetto alla disperazione che potremmo cogliere davanti a queste constatazioni e al fatto che Dio sembra ritrarsi di fronte alla nostra inumanità, Ester ci dona una speranza. Perché se è vero che il volto dell’Eterno si nasconde, questo però non significa che scompaia. Dio continua ad agire, anche in modo nascosto. Il lieto finale della storia – raro nelle vicende reali – dà un po’ di speranza.
Infatti proprio grazie ad Ester, donna coraggiosa e intelligente, la data fissata per la strage degli ebrei disobbedienti, diventa il giorno del trionfo di vita per loro e di morte per i loro accusatori: il funzionario Aman che aveva già fatto innalzare il patibolo per il capo degli ebrei, verrà impiccato proprio a quell’albero. Ecco il rovesciamento della sorte, il cambiamento delle parti.
Ancora oggi gli ebrei festeggiano Purim, così si chiama la festa, per dire il ribaltamento della sorte… e chi ha compiuto questo cambiamento? Indubbiamente Ester, con la sua perseveranza, intelligenza, pazienza e capacità di cogliere i momenti giusti… È attraverso l’amore di Ester per il suo popolo che agisce la mano di Dio, allora la gioia si fa irrefrenabile, e non a caso il Talmud prescrive che si beva fino a non distinguere più il bene dal male!
Vedete come l’esegesi cristiana del Primo testamento non può fare a meno dell’interpretazione ebraica e il rotolo di Ester ne è un esempio illuminante.
Guardiamo ora con occhi diversi quello che accade a Cana di Galilea, al primo dei segni che Gesù compie. Dio non solo non è mai assente, così come Gesù rimane distaccato se non fossero le parole di Maria a tirarlo in ballo. Gesù sembra rimanere distaccato di fronte all’enormità del male, delle negatività, della cattiveria umana, che possiamo vedere nell’enorme quantità di acqua che a un matrimonio non serve!
E lui si ritrae, sembra essere assente e aver distolto il suo volto dalla nostra umanità. Sembra lasciarci soli con le nostre anfore di pietra.
È la voce di donna, prima di Ester e poi di Maria e oggi dovrà essere quella della Chiesa capace di dire allo sposo: guarda che così non possiamo andare avanti. La festa finisce male. Fai qualcosa!
Noi siamo in questa condizione. Impariamo da Ester e impariamo da Maria: almeno non rassegniamoci a convivere con tutta questa paura, con tutto questo odio, con tutta questa indifferenza… interroghiamoci, domandiamoci, preghiamo: come possiamo venir fuori, Signore da questa palude, da questa condizione?
Impariamo dall’intelligenza, dalla pazienza e dalla determinazione che queste donne hanno da donarci per poter trasformare la vita in quella festa di nozze che dovrebbe essere la convivenza umana e che invece noi rendiamo ogni giorno un inferno.
Sì, perché questo è ciò che Gesù ci insegna: non vogliamo il ribaltamento delle sorti, non vogliamo la sofferenza e il male dei persecutori e degli odiatori, ma vogliamo imparare l’amore che trasforma l’odio, l’amore che vince la durezza e l’insensibilità e rende attenti alla sofferenza e al dolore di chi ci sta intorno…
Ora noi dobbiamo fare la nostra parte perché con Gesù il vino buono deve ancora venire, per questo celebriamo la Cena del Signore, perché è lì che vogliamo arrivare, al momento in cui il vino buono sarà disponibile per tutti.
(Es 5,1-1c2-5; Gv 2,1-11)
[1] Drastiche le percentuali al Sud, dove soltanto il 27,5% si annovera tra i lettori (mentre al Nord si sale al 48,7%). La classificazione indica come “lettori forti” i soggetti che leggono almeno un libro al mese, e sono soltanto il 14% della popolazione. E inoltre queste statistiche si basano sulla quantità, non sulla qualità della lettura. Per quanto possa essere soggettivo il valore di un libro, è giusto ricordare che in tali dati il libro di ricette di Benedetta Parodi e Delitto e Castigo hanno la stessa incidenza.