DOMENICA DOPO L’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE - Lc 4, 14-22


3 gennaio 2021

Gesù riavvolge il rotolo di Isaia e tiene la più breve omelia che si sia mai sentita: Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato.

Noi oggi siamo qui a riaprire quel rotolo, a riascoltare quella parola che ci viene a ricordare – caso mai ce lo fossimo dimenticato – lo scopo per cui Dio è diventato umano, il perché si è fatto uomo in Gesù: Per portare ai poveri il vangelo, la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, la libertà agli oppressi.

Oggi dobbiamo riaprire quel rotolo perché quello iniziato da Gesù è un lavoro mai completato. Ancora oggi e sempre ci sono poveri, prigionieri, ciechi e oppressi che attendono una liberazione.

Non rassegniamoci dunque: quante volte abbiamo abbassato il capo e la speranza di poter cambiare l’ordine delle cose? Quante volte ci siamo adattati di fronte ai poteri apparentemente invincibili che rendono schiavi gli esseri umani?

C’è una liberazione possibile. E non lo dico io, lo dice Gesù mentre fa sue le parole con le quali Isaia annunciava la fine dell’esilio e il ritorno a Gerusalemme. Gesù vive questa missione come il senso della sua vita. Matteo lo dice con il Discorso della montagna, le Beatitudini, Luca con queste parole pronunciate nella sinagoga di Nazareth, per dire che il senso della vita del Signore è tutto estroverso. Gesù realizza sé stesso, la sua missione, il suo essere al mondo nell’avviare un processo di liberazione, dicendo con la vita e la parola che il regno di Dio è vicino.

È vicino in tutti i sensi, ti è accanto, è arrivato, è con te che non ti senti mai all’altezza della situazione, che hai paura del giudizio degli altri, che sei incatenato nei tuoi complessi di colpa… insomma Dio è vicino proprio quando tu pensi che lui sia lontano da te, quando non te lo meriti.

Ma Dio non lo merita proprio nessuno. È lui che viene vicino a noi.

È questa saldatura tra Dio e l’umano che Gesù manifesta con la sua vita e che è fonte di liberazione. Per contro un Dio di cui si debba avere paura crea dei sudditi, dei dipendenti del sacro, persone infelici perché continuamente alienate dalla vita reale e dalla storia, alienazione pura dall’umano. L’opposto del messaggio di Natale.

Cosa c’è di più reale del «Portare ai poveri il vangelo»; «proclamare ai prigionieri la liberazione»; «la vista ai ciechi»; «rimettere in libertà gli oppressi»? Tutti gesti che generano novità di vita, luce, gioia, pienezza.

Si tratta di quattro categorie di persone in cui non facciamo fatica a identificarci: i poveri (ptokoi), gli anawim in ebraico, coloro che soffrono (come dice il testo originale di Isaia). Chi di noi non avverte una mancanza e non si sente povero in qualche modo? Siamo tutti mendicanti d’amore, poveri di futuro, di lavoro, di dignità, di amicizia.

I prigionieri, il nome in greco indica coloro che la guardia armata tiene bloccati con la lancia puntata. Quante persone vivono sotto il pungolo delle aspettative, delle prestazioni; prigionieri delle proprie dipendenze dalle sostanze, dalle droghe, dall’alcool, dal sesso, dal bisogno di essere riconosciuti socialmente e pubblicamente?

I ciechi, quelli che non sanno vedere futuro. Pensiamo a chi non sa vedere nel volto dell’altro un fratello in umanità, non sa vedere perché il suo sguardo è malato d’invidia, accecato dall’odio, dalla paura.

Infine ci sono quelli schiacciati dall’oppressione, «oppressi» traduce il vocabolo greco «traumatizzati». Dio sa quante sono le vittime di traumi sociali, morali, civili, psicologici, vittime della violenza, della segregazione.

Gesù viene per liberare e la sua predica non è più lunga di un respiro: Oggi si è compiuta la Scrittura quella che è entrata nelle vostre orecchie!

La missione di Gesù è annunciare non un Dio arrabbiato, che si offende delle nostre miserie, ma un Dio che si china su di noi, sta dalla nostra parte.

Infatti, all’origine di queste quattro azioni esemplari c’è il dono dello Spirito santo, della forza di Dio. Non sono una semplice iniziativa di Gesù. È una forza dall’alto che lo sospinge, non è Gesù come uomo che si butta ad aiutare la gente dicendo: Ti do il segreto per una vita felice.

Gesù non dà una ricetta, non porta una nuova idea morale, ma avvia un processo di liberazione che continua sempre e ancora oggi, grazie al fatto che diventando umano non ci chiama fuori dalla realtà, dalla storia, ma traccia la strada possibile per tutti noi nel momento in cui agiamo e viviamo come lui, vale a dire, anzitutto dobbiamo chiamare le cose con il loro nome: siamo poveri, prigionieri, ciechi e oppressi, tutti, chi più chi meno. Tutti abbiamo bisogno di essere liberati.

Per poi scoprire che Dio è proprio lì che ci aspetta: la sua liberazione avviene dall’interno, Gesù fa esplodere le contraddizioni umane dal di dentro, scegliendo di stare dalla parte dei poveri, dei prigionieri, dei ciechi e degli oppressi.

Questo avviene sempre, ancora oggi. «Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». «Oggi» è una parola chiave nella vita di Gesù e nel vangelo di Luca. Ricordiamo il messaggio degli angeli ai pastori: «Oggi in Betlemme vi è nato un Salvatore» (Lc 2,11); in casa di Zaccheo: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa» (Lc 19,9); al ladro sulla croce: «Oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43).

«Oggi», adesso, perché ogni giorno è tempo di liberazione, ogni ora è possibile.

Oggi da che cosa devo essere liberato io stesso? Quali sono i miei desideri, le mie povertà? Cosa mi manca davvero? Sono povero di dignità, di amore, di amicizia? Non fare la vittima, non cedere al lamento: se Gesù ti porta il buon annuncio, il Vangelo, è perché ti devi giocare nel dono di te stesso. Ti senti povero? Dona. Ti senti bisognoso d’amore? ama. Come ha fatto Gesù.

Forse non credi di essere un prigioniero, perché non sei mai stato in prigione, ma puoi essere prigioniero del tuo carattere, delle tue dipendenze. La tua felicità dipende dalla droga, dall’alcool, dal sesso, dalla moda? Gesù ti libera dalle catene che ti impediscono di fiorire come capolavoro di Dio. Sii te stesso, non quello che la mondanità ti impone. Da questo ti libera Gesù.

E poi sei talmente accecato dall’odio che non credi più negli altri? Sei talmente annebbiato nella mente e nel cuore che non dai più fiducia, non sai vedere il bene che gli altri fanno? Gesù è la luce che purifica il tuo sguardo: guarda gli altri come li vede lui, osserva il loro cuore come lo vede Dio e guarirai il glaucoma che ti impedisce di vedere la speranza del domani.

Forse anche tu sei oppresso da qualche ferita, dai traumi del tuo passato, sei schiacciato sotto il peso di un dolore che ha segnato la tua vita, di una delusione… Gesù annuncia una liberazione degli oppressi e forse la prima liberazione è proprio della stessa psicologia aliena tante volte dalla storia come se la patologia delle persone si esaurisse sul piano individuale[1].

Il cambiamento, la liberazione avviene grazie all’iniziativa di Gesù che si muove a partire dal punto di vista dei prigionieri e non dei carcerieri, che ama dal punto di vista dei poveri e non dei ricchi, dei ciechi e non dei presunti vedenti, degli oppressi e non degli oppressori.

Oggi tocca a noi decidere da che parte siamo, o stiamo come ci dice Gesù dalla parte del Vangelo per costruire una storia di liberazione o stiamo dall’altra parte e continuiamo ad alimentare una storia di oppressione. Che lo Spirito di Gesù ci illumini.

[1] Ignatio Martin Baro, Psicologia della liberazione, 2018