NATALE DEL SIGNORE - messa nel giorno - Lc 2, 1-14
In che senso chiamiamo questa pagina di Luca Vangelo? Perché diciamo che è Vangelo quando ancora Gesù non dice nulla e non fa nulla?
Condivido con voi almeno tre possibili risposte.
La prima. Questa pagina di Luca è Vangelo nel senso letterale del termine, una buona notizia, perché annuncia la bella notizia della nascita di un bambino. Niente di eccezionale: nascerà un bambino come sempre è accaduto nel mondo, e già questo è un primo significato semplice, ordinario perché la nascita di un cucciolo d’uomo è sempre fonte di gioia, di speranza, è carica di luce per dirla con Luca.
Non solo, ma la tenerezza suscitata da un neonato è un riflesso della legge secondo la quale tutti nasciamo non autosufficienti, tutti nasciamo bisognosi di aiuto. Il semplice fatto di essere vivi attesta che qualcuno si è preso cura di noi.
Così quando diciamo che Maria diede alla luce il suo figlio, come lo diciamo di tutte le donne che partoriscono, affermiamo una profonda verità della nostra vita, una luce che non dovremmo spegnere mai. Anche se tante volte sembrano più le ombre a prevalere, ci pare come diceva Isaia di essere un popolo che cammina nelle tenebre.
E chi può dire di non sperimentare, di non aver sperimentato una qualche forma di tenebra? Di non aver vissuto almeno un’ombra?
Le tenebre di una pandemia che sembra non aver fine che si aggiunge ai mali di cui il nostro mondo già soffre: catastrofi ambientali e povertà drammatica dei due terzi dell’umanità.
Come si fa a celebrare la vita quando i bambini muoiono in baracche senza asini e buoi, oppure oltre i muri e il filo spinato al freddo e al gelo? È una notte dell’umanità in cui siamo precipitati. A Natale i bambini devono nascere e non morire.
Proprio questo popolo che camminava nelle tenebre, dice Isaia, vide una luce. Nella notte, in ogni notte, una luce rifulse. Non si tratta di una luce abbagliante, ma di una luce delicata, misurata come può essere nelle misure di un neonato. Dalle fragili membra di un bambino si espande una luce gentile, diventando egli stesso luce per noi.
Il Vangelo è scritto nella luce della nascita di Gesù, e continua a scriversi nella luce di ogni bambino che nasce, ma anche in noi che possiamo rinascere e possiamo ricominciare a vivere ogni volta.
E poi c’è un secondo motivo per cui questa pagina di Luca è Vangelo: perché dice che questo bambino Gesù è figlio di Dio.
Ora io non posso dimostrarvi che Gesù è figlio di Dio, né riesco a dirvi come Dio possa avere un figlio… perché questo è un cammino che ciascuno di noi dovrà compiere o ha già compiuto, seguendo le cose che questo bambino farà quando sarà grande, ascoltando le cose che questo bambino dirà quando sarà cresciuto.
Noi comprenderemo che Gesù è figlio di Dio non a priori, ma dopo aver visto come lui ha vissuto, come lui ha amato, come lui ha sorriso e gioito, come lui è stato di fronte alle fatiche e alle crisi della vita, come lui è cresciuto e ha vissuto la malattia e la morte…
Guardando questo bambino vediamo Dio. Nel particolare riconosciamo l’universale, nello spazio l’infinito, nel tempo l’eterno.
Una piccola luce, come quella emanata da questo bambino, è capace di fendere il buio nel senso che non guardiamo a un Dio eterno che si erge senza appello per dare giudizi e per emanare sentenze, ma a un bambino che di tutto ha bisogno, che accetta i nostri stessi limiti, nello spazio e nel tempo.
Lo dicono con la musica gli angeli che cantano: Gloria a Dio nei cieli e pace sulla terra agli uomini che egli ama. La gloria in cielo e l’amore sulla terra sono il segno di Dio.
Ce lo ricordava papa Francesco: Tutto ciò che è vita, tutto ciò che è bello, buono e vero viene da lì, da Dio che è amore, come dal cuore e dal grembo di una madre viene la vita umana, e come dal cuore e dal grembo di una Madre è venuto Gesù, che è l’Amore fattosi carne, fattosi uomo.
Infine c’è un terzo motivo per cui questa pagina è Vangelo: perché i primi ad accorrere dal neonato sono gli ultimi della terra, sono quei pastori che non venivano nemmeno presi in considerazione come testimoni di alcunché, per quanto erano ritenuti inaffidabili e inadeguati.
Gli ultimi sono i primi davanti a Gesù, e lo dirà apertamente appunto nel corso della sua vita. Questo è Vangelo nel senso che è davvero una buona notizia: quello che viene a farci visita è un Dio che ama i margini, non cerca il palcoscenico, non va nei palazzi, non cerca i migliori… ama gli ultimi e per questo possiamo sentirlo compagno, sentirlo vicino, sentirlo amico e fratello.
Così possiamo sentirci anche fratelli, fratelli tutti. Senza esclusioni, perché nessuno si salva da solo, l’umanità vive o muore assieme; compresi i più deboli che molti vorrebbero escludere, i migranti, gli anziani che consideriamo inutili…
È una buona notizia che davanti a Gesù, davanti a Dio, noi che ci sentiamo ultimi, ci sappiamo sbagliati, veniamo trasformati in primi! Siamo in un mondo che si trasforma ogni giorno e tra le trasformazioni ora abbiamo anche quella di un virus che si può definire specialista delle trasformazioni. In un certo senso dovremmo imparare da lui e trasformarci anche noi, ma nel senso della pazienza, della gentilezza, della dedizione alle premure più che ai guadagni.
Facciamo un piccolo esercizio, guardiamo questo Bambino, parola di Dio che si è fatta umana e, come scrive Novalis in uno dei suoi Canti spirituali:
Lascia che il suo sguardo mite
penetri a fondo la tua anima,
e dalla sua beatitudine eterna
tu dovrai esser rapito.
Tutti i cuori, gli spiriti e i sensi
inizieranno una danza nuova.
Buon Natale!
(Is 8,23-9,6; Lc 21-14)