IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA B.V. MARIA - Lc 1, 26-28


Di fronte al peccato del mondo che sembra dilagare e sovrastare ogni desiderio di bene e di amore, in mezzo a tanta corruzione, violenza e perversione che sembrano dominare lo scenario della storia umana, come cristiani osiamo celebrare la concezione di Maria libera dal peccato originale, che è un annuncio di speranza: non è il peccato a vincere, non è il male a governare la storia.

La liturgia di oggi è per noi motivo per dilatare il cuore, per alleggerire il peso che il peccato del mondo schiaccia su di noi e ci rende tristi e angosciati per il futuro, come se Dio non fosse più interessato al mondo, perchè invece non siamo da soli a combattere la nostra lotta quotidiana contro il male e contro il peccato.

Anche nel quadro dell’Annunciata di Antonello da Messina sembra che Dio sia assente, fuori dalla scena. E potremmo dire che per molti oggi Dio è fuori dalla cornice della storia e della organizzazione dell’esistenza, per molti Dio è un estraneo e chi giunge a questa conclusione spesso lo fa perchè non regge lo scandalo del male e dell’ingiustizia.

Eppure anche se probabilmente non abbiamo molti motivi per essere allegri, le parole di Gabriele sono rivolte anche a noi, alla chiesa di Dio: «Rallegrati piena di grazia!».

E perchè mai dovremmo essere felici, rallegrarci, esultare, come amavano dire i profeti al loro popolo anche nei momenti più duri e faticosi?

Perchè a Maria l’angelo chiede di essere felice?

Anzitutto perchè è la piena di grazia e nessuno nella Bibbia è chiamato così, come a dire che in un mondo di disgrazia è possibile ancora trovare grazia, perchè è la grazia che viene da noi, come dice infatti Gabriele: il Signore è con te.

Il Signore non è fuori dal quadro, è il suo Spirito che rende leggibili le pagine anche più oscure e difficili della vita e che dona di continuare a scrivere una storia di salvezza, una storia sensata.

È il suo Spirito che sembra muovere le pagine delle Scritture, quelle Scritture che nel quadro Maria è intenta a scrutare per comprendere quello che accade.

Anche noi oggi invochiamo il dono dello Spirito Santo per leggere nella Parola di Dio la nostra vita, la nostra storia e poter arrivare un giorno a cantare con Maria anche noi il nostro Magnificat.

«Proviamo a chiederci se saremmo capaci di fare le affermazioni di Maria. Oppure se non saremmo tentati, guardandoci intorno, di fare affermazioni contrarie, scettiche e disperate; di dire, cioè che i superbi trionfano, i potenti spadroneggiano dai loro troni, gli umili sono calpestati, gli affamati si moltiplicano, i ricchi si arricchiscono sempre di più. Quella che noi chiamiamo “visuale realistica delle cose” viene qui rovesciata, nella contemplazione che Maria fa dell’opera di Dio» (C. M. Martini).

Quando fai l’esperienza della grazia, di essere amato da Dio puoi abitare le contraddizioni della vita con l’atteggiamento di Maria, che è il senso biblico del mondo. Come infatti dice Paolo nella seconda lettura con le parole: Benedetto sia Dio che ci ha benedetti in Cristo. Come Paolo può benedire Dio mentre è agli arresti domiciliari a Roma?

Da buon ebreo Paolo ha imparato che il primo modo di pregare è la benedizione: dire bene di Dio, ringraziare Dio, lodarlo, dopo il naufragio a Malta e nonostante sia prigioniero!

Questa preghiera di benedizione nasce da un cuore che guarda la vita, le cose, le persone con uno sguardo ampio, non semplicemente concentrato su quello che deve fare adesso o domani, ma con uno sguardo che, allentando una sorta di accanimento terapeutico sulle situazioni attuali, è in grado di vedere il disegno di Dio che comunque sa trarre il bene per coloro che lo amano, per coloro che si fidano di lui.

Non solo, Paolo benedice Dio, ma afferma anche che noi siamo benedetti in Cristo, dice che siamo benedetti con lui, partecipi della sua condizione di Amato, perchè la benedizione di Dio passa a noi mediante Cristo.

E questo è il pensiero, la volontà, il disegno del Padre che da prima della creazione ci ha scelti per essere santi e immacolati nell’amore.

Parole d’altri tempi: di santità se ne parla sempre in maniera individuale e la riconduciamo a una dimensione lontana da noi così che possiamo evitare di desiderarla. La santità è una dimensione propria di Dio, il tre volte Santo, non è primariamente una dimensione morale: essere santi, è una grazia, un dono.

Così come l’essere immacolati, non è uno stato primitivo e appartenente al nostro passato, quasi fosse un bene perduto con la nostra infanzia, ma è una promessa che il Signore ha per noi: siamo venuti al mondo per diventare santi e immacolati nell’amore.

Immacolata non significa preservata dalla lotta: anche Eva era immacolata eppure è caduta, con il cuore diviso.

Così Maria ha lottato, ha conosciuto la fatica del credere, la noia del quotidiano… Immacolata non significa senza tentazioni o senza la fatica del cuore, ma è la grazia che libera tutta quella luce che è sepolta in noi e che dobbiamo giorno dopo giorno liberare, quella luce che la benedizione di Dio ha messo in noi.

Essere santi e immacolati dunque nell’amore, come dice Paolo, cioè nelle nostre relazioni, nell’amore reciproco anzitutto, nell’essere capaci di benedire il Signore nella nostra vita personale e comunitaria, sociale, ma anche nei confronti delle cose, della natura, del creato.

È una preoccupazione crescente quella del nostro rapporto con le risorse naturali, con l’ambiente, il clima: credo che la celebrazione di oggi, che ci mette nel cuore la capacità di benedire l’Eterno per il suo disegno di amore, ci insegni a non dimenticare di benedirlo per la sua creazione, perchè è drammaticamente vero come a noi manchi il senso biblico del mondo, delle cose, dell’accoglienza cordiale del creato dalle mani del Creatore.

La lettura della Genesi ci ha ricordato la fame orgogliosa dell’uomo e della donna che da sempre vogliono farla da padroni sulle cose del mondo, la loro voracità, il non essere mai contenti li conduce a non benedire l’Eterno: prendono dell’albero per mangiare e basta, per soddisfare il loro istinto, ma vediamo dove conduce questo modo di vivere irresponsabile. È scritto nel Trattato delle benedizioni (Talmud Babilonese) che chiunque goda di qualcosa di questo mondo senza aver detto la benedizione commette peccato di appropriazione indebita.

Pensate ad esempio come diventerebbe diverso il modo di stare a tavola se imparassimo a benedire Dio per il cibo, che è sì frutto del nostro lavoro, ma non soltanto, perchè è dono di Dio e tutto è suo.

Come diventeremmo più attenti agli sprechi e agli abusi nel momento in cui, godendo delle risorse del mondo, imparassimo a benedire e ringraziare il Signore del creato.

Ci sentiremmo meno onnipotenti e meno padroni e più capaci di gratitudine, ma anche in grado di renderci conto di tanti piccoli comportamenti quotidiani che dobbiamo modificare.

Ecco la nostra eucaristia: diciamo grazie e benediciamo l’Eterno, e preghiamo perchè come a Maria anche a noi sia dato il senso biblico del mondo.

(Gen 3, 9-15.20; Ef 1, 3-6.11-12; Lc 1, 26-38)