I DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE - Lc 9, 7-11


audio 3 set 2023

La gente discute, Erode non sa cosa pensare, alcuni lo confondono con Giovanni il Battista o Elia… mentre intorno al Cristo le acque sono sempre più agitate, Gesù, scrive Luca, accolse le folle, prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

Insomma, mentre la gente chiacchiera e perde tempo, Gesù pare non curarsi di loro, e continua a fare cose che fa da sempre e che sono: accogliere la gente, parlare loro del regno di Dio e prendersi cura di chi sta male.

Questo è ciò che conta ed è già è un insegnamento importante per noi che quando avvertiamo un contrasto, una critica, o in un momento di crisi rimettiamo tutto in discussione, mentre Gesù ci insegna a stare lì, saldi, a non prendere decisioni affrettate, ma a continuare a fare ciò per cui siamo venuti al mondo, a perseverare.

Certo le tre cose che abbiamo ascoltato, sono tipiche e proprie della missione di Gesù, e forse pensiamo che non ci tocchino più di tanto, in quanto noi abbiamo da lavorare, mandare avanti la famiglia…

Ma pur senza farne una questione totalizzante come è stato per il Signore, queste tre dimensioni di vita, ci riguardano, possiamo declinarle anche noi, nelle modalità e nei tempi che sono i nostri.

Gesù accoglie la gente con le sue domande, le sue contraddizioni, i suoi dubbi e i suoi perché… non ci sono prerequisiti per essere accolti da Cristo. E noi non possiamo fare lo stesso? Vale a dire, accogliere, ascoltare, dare spazi di parola… accogliere il grido che sale dalle vite che abbiamo intorno. Quale è il grido che sale oggi? È il grido di quei cinque operai che sono morti in nome dell’efficienza e del calcolo economico: vite spezzate dal bisogno di fare in fretta e fare prima per evitare le penali. È il grido che sale dai nostri malati e che sono costretti ad aspettare mesi per un esame medico o una visita specialistica… perché prima viene il guadagno della sanità privata. Queste e altre grida salgono dall’umanità e chiedono che qualcuno le ascolti.

E dopo aver accolto e ascoltato il grido delle folle, cosa fa Gesù? Si mise a parlare loro del regno di Dio. Per dire che davanti a Dio la vita umana vale più del denaro, per dire che l’Eterno non invita alla rassegnazione e al silenzio, per dire che nella vita tutti si sbaglia ma ci si può rialzare, perché se non impari a riconoscere l’errore cresci nell’ipocrisia e nella falsità… Gesù parla come il poeta di Dio, a partire dalle cose di ogni giorno, per dirci come stare nella vita.

Il regno di Dio non è un’istituzione già data, è un dinamismo profondo, che innerva la storia. Non è un luogo, ma una condizione che è anzitutto di Dio: un Dio che si converte sempre all’uomo, che non si rassegna davanti ai nostri tradimenti e ai nostri errori, ma che dischiude sempre nuove strade e possibilità. Il regno di Dio è anzitutto il modo di fare di Dio, dice come Dio agisce e come Dio si relaziona. Gesù lo ha raccontato appunto con esempi di vita quotidiana, ha parlato di lui come di un Dio paterno e materno, misericordioso e giusto, che lascia crescere insieme il grano e la zizzania, che attende fiducioso il ritorno del figlio…

Ecco a Gesù sta a cuore il regno di Dio, la concretezza del modo di fare di Dio… il tempio può crollare, le regole si possono discutere… tutto serve, ma ciò che conta è parlare di come fa Dio, così come lo ha annunciato Gesù. Farne poesia.

C’è una certa leggerezza e sobrietà in questo modo di fare e di intendere Dio, di cui abbiamo tanto bisogno, proprio in questo nostro tempo dove a molti sembra di poter fare a meno di lui. Forse potranno fare a meno della chiesa, della parrocchia, del prete… oso dire anche dei sacramenti… ma non potranno fare a meno del Dio di Gesù.

Infine Gesù accompagna le parole sul regno di Dio col prendersi cura di chi ha bisogno. Appunto a una cultura della prestazione, dell’interesse economico, a una mentalità predatrice… che non fa altro che costruire una società in continua esclusione di chi rimane indietro, di chi è debole, fragile… Gesù invece mette al centro proprio gli scartati, quelli che non contano, quelli che non rendono.

Chi di noi non è rimasto attonito e sconvolto dai continui fatti di cronaca di violenza sulle donne, di stupri e di questa cultura che facciamo fatica ad estirpare dal tessuto sociale? La questione principale è quella relazionale, di come stiamo con noi stessi, con gli altri e con l’ambiente, e riconoscere che siamo rapaci, abili sfruttatori, impostori e disposti a tutto pur di ottenere quello che ci interessa. Qualcuno dirà: ‘non tutti gli uomini sono così’, come a voler distinguere, ma dobbiamo essere onesti e riconoscere che il problema vero è che come adulti non educhiamo a relazioni affettive ed emotive piene di rispetto e di attenzione. Basterebbe osservare come trattiamo l’ambiente, perché così trattiamo le donne: con l’obiettivo di possedere, rapinare, sfruttare. È una questione di relazioni, di capacità relazionale, ovvero di saper stare senza possedere a tutti i costi, di guardare con occhio puro e trasparente e imparare a condividere il desiderio e l’insoddisfazione che ci abitano con grande rispetto.

Gesù, il poeta di Dio, guarisce le nostre relazioni malate, si prende cura di noi perché possiamo credere di poter cambiare questo approccio alla vita, e aderire a quello di Dio che è un approccio poetico. Il verbo greco poieo, da cui poesia, significa ‘fare, creare’. Con la poesia si fa molto, si può fare molto: Dio ha creato tutto con poesia. Forse anche noi possiamo curare le nostre relazioni malate con la poesia del rispetto e dell’attenzione.

Tre cose dunque da fare come ha fatto Gesù: accogliere il grido della gente, parlare del modo di fare del Dio di Gesù e prenderci cura delle nostre relazioni malate.

(Lc 9,7-11)