II DOPO PENTECOSTE - Mt 5, 43-48


(Sir 17,1-4.6-11-14; Rm 1,22-25.28-32; Mt 5,43-48)

Dopo queste parole di Gesù viene subito da pensare a quello che dovremmo fare  noi, a ciò che facciamo fatica a fare… perché chi non ha nemici, chi non ha qualcuno che ci ha fatto del male, che ci ha fatto qualche torto?

Però la liturgia ambrosiana colloca il passo di Matteo dentro il contesto di altre due letture e di un salmo che sono importanti per noi per avere la giusta prospettiva da cui ascoltare la parola di Gesù. E la prospettiva non è subito quella di chiederci cosa dobbiamo fare noi, ma di che cosa vuol fare Dio!

Sia il salmo 103 che la prima lettura ci riportano al principio, ovvero al fondamento della creazione o potremmo dire al pensiero di Dio. Quindi prima di chiederci cosa dobbiamo fare c’è un’altra domanda che ci viene incontro ed è questa: ma qual è il pensiero di Dio – se così possiamo parlare- cosa ha in mente l’Eterno creando il mondo, l’uomo e la donna, la vita? Dove vuole che il mondo vada a finire?

Ma facciamo attenzione, non è una domanda intellettualistica, cerebrale come se dovessimo fare chissà quale sforzo mentale per entrare nel pensiero di Dio. Ci aiuta la prima lettura, una selezione di versetti tratta dal libro di Ben Sira, detto il Siracide. Il figlio di Sira, ben Sira appunto, un libro che tra l’altro il canone ebraico non include nella sua Bibbia, duecento anni prima di Gesù mette per iscritto a Gerusalemme le sue riflessioni e la sua sapienza, che non è la conoscenza di tante cose, ma il saper cogliere appunto la profondità della vita, infatti il libro in greco ha come titolo: «Sapienza di Gesù figlio di Sira».

In quegli anni il Mediterraneo era pervaso dall’ellenismo, si parlava greco un po’ ovunque, la cultura greca, la filosofia greca, il teatro greco erano egemoni in questa parte di mondo e Ben Sira dice: certo c’è la filosofia greca, c’è la conoscenza della scuola di Atene… ma è necessaria anche la sapienza che viene dalla parola di Dio. La pagina di oggi è esemplare da questo punto di vista. Sembra dire Ben Sira: guardate la creazione, è bello conoscere il movimento delle stelle, le regole che governano il creato e scoprire le regole matematiche di come funzionano le cose, ma non dimentichiamo che sono dono di Dio.

Ci sono delle cose che noi, per quanto siamo intelligenti e intraprendenti, non possiamo fare: le stagioni, il giorno e la notte…. E potremmo continuare, anche se meriterebbe già questa prima riflessione una pausa perché nel ritmo convulso della città a forza di fare, organizzare, programmare… non siamo più capaci di stupore per ciò che ci precede e che non facciamo noi.

Come dice bene al v.6: Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede all’uomo per pensare. Li riempì di scienza e di intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male. Pose il timore di sé nei loro cuori.

Ecco ben Sira questo Gesù che precede il Gesù di Nazaret di duecento anni ci dice: volete sapere il pensiero di Dio? volete conoscere cosa vuole da noi, cosa ha in mente nella creazione?

Anzitutto guardate a tutto con gli occhi della gratitudine perché tutto è dono suo e quindi: lodatelo, ringraziatelo (v.10) e poi al v.14: Guardatevi da ogni ingiustizia e a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo.

L’ingiustizia infatti è sempre dietro l’angolo. L’ingiustizia per l’uomo biblico è non riconoscere il dono di Dio per mettersi a spadroneggiare sul mondo e sul creato. Il salmo 103 ci insegna il giusto e vero atteggiamento per dire che cos’è giustizia nei nostri rapporti col creato.

E poi la seconda cosa che Dio vuole da noi oltre a mantenere la giustizia nei confronti di tutto quello che la vita ci da, c’è anche quello di prenderci cura del prossimo e quindi la cura dei rapporti tra di noi, perché anche gli altri vicini o lontani che siano, sono dono di Dio.

La questione però, dice Paolo nella lettera ai Romani, è che l’uomo può perdere questa coscienza, può illudersi sia nei rapporti con il creato che con gli altri di poterne usare a proprio uso e consumo pensando che non succeda nulla. Per usare un’immagine che ci ha accompagnato in questi giorni di pellegrinaggio nella terra del Santo, l’uomo che riceve in dono da Dio un giardino è capace di ridurlo a deserto. Siamo capaci di desertificare le foreste e le coltivazioni e questo succede purtroppo ancora, infatti siamo capaci di tutte quelle azioni che Paolo elenca dal v.29, ovvero siamo: colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia, pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia.

In questo lungo elenco possiamo trovare un poco di noi, dei nostri atteggiamenti sbagliati, ci siamo tutti. Ebbene, da qui come ne usciamo? Come è possibile ritrovare il disegno e il pensiero di Dio se noi siamo capaci di stravolgere la bellezza del suo giardino?

È qui allora che cogliamo la meteora evangelica di Matteo, tratta dal discorso della Montagna, dalla pagina delle Beatitudini. Cosa dice Gesù?

La prima cosa che mi suggerisce è di volgere il nostro sguardo a ciò che il Padre fa. E cosa fa Dio? Fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Cosa significa questa parola? Significa forse che Dio sia indifferente, che se uno fa’ bene o male non gliene importa nulla? O piuttosto che l’amore di Dio non si ferma davanti alle nostre povertà, non si misura sul nostro impegno, ma lui continua ad amare, è ostinato nell’amore.

Ecco la pienezza dell’amore, ecco la perfezione che ci chiede Gesù, che non è la perfezione dell’impeccabilità, di chi pensa di essere a posto, non è la perfezione morale di chi presume di essere talmente pio da non aver bisogno neanche di Dio, ma la perfezione del Padre è la pienezza di un amore che non si ferma davanti a nulla. Nemmeno davanti ai suoi nemici, nemmeno davanti agli atei, Dio ama tutti.

E allora noi come possiamo continuare l’opera del giardino perché non diventi deserto?

Anzitutto impariamo come diceva Ben Sira a lodare il Signore. In questo tempo ci è dato di avere un maggior contatto con la natura, con il mare, i monti… guardiamoli come dono di Dio, sappiamo ringraziare, riprendiamo magari questo salmo e anche altri che i nostri padri e le nostre madri nella fede hanno pregato prima di noi. E preghiamo perché possiamo essere capaci di consegnare alle nuove generazioni il giardino che Dio ci ha donato e non un deserto.

E poi prendiamoci cura degli altri, come diceva sempre Ben Sira, ma con quella marcia in più che ci ha indicato Gesù: guardiamo ai nostri nemici come li guarda Dio. Come è stato Gesù davanti all’ingiustizia e alla persecuzione? Continuando ad amare, senza mai smettere e pregando fino in fondo per chi lo stava perseguitando.

È solo così, vivendo come ha vissuto Gesù, che la terra può diventare il giardino di Dio, ovvero semplicemente più umana.