PENULTIMA DOPO L’EPIFANIA detta "della divina clemenza" - Lc 7, 36-50


Cosa possiamo portare a casa dall’ascolto di questa parola di Dio? Se ci immergiamo nella scena raccontata da Luca, qual è il messaggio che ancora ci dona la storia di questa donna che è una delle tante donne anonime del vangelo di Luca (7,36-50)?

Non è da confondere con Maria di Betania, la sorella di Marta e di Lazzaro, o con Maria di Magdala dalla quale Gesù scacciò sette demoni, o persino con la donna adultera che si trovò nell’imminente pericolo di essere lapidata. Quello di Luca è il vangelo che narra in maggior numero, storie di donne. È l’unico che ci racconta di Elisabetta, di Maria, della vedova di Naim, anzi come dicono i versetti che seguono immediatamente il racconto di oggi: C’erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni (8,1-3).

Per non pensare alle donne inserite nei racconti delle parabole, come la donna che cerca la moneta perduta, la vedova insistente… eppure tra tutte queste donne di cui ci parla il vangelo di Luca, la protagonista del racconto di oggi è l’unica che riceve il perdono di Gesù. La donna del profumo non è cieca, né lebbrosa, né sordomuta, né paralitica, non ha perdite di sangue, non è posseduta dal demonio… è una peccatrice. E questo lo sanno tutti, lo sa bene il fariseo Simone che appena la vede intrufolarsi in casa sua e mettersi a fare quelle cose che Luca ha ben descritto, pensa tra sé: Se Gesù fosse davvero un profeta saprebbe che tipo di donna è… Il contrasto tra le due figure è fin troppo evidente, dice chiaro da che parte sta Dio, da quella del fariseo giusto e osservante.

Eppure queste due figure che sono contrapposte, Simone il fariseo e la donna del profumo, costituiscono una di quelle coppie cui il vangelo di Luca ricorre spesso come figura letteraria, così la coppia dei due figli di cui uno dice di sì e poi non fa e l’altro dice di no e poi invece è obbediente; oppure la coppia dei due figli del padre misericordioso, quello prodigo e il maggiore; fino ad arrivare all’ultima coppia quella dei due ladroni crocifissi accanto a Gesù.

Luca introduce queste coppie che ci coinvolgono perché dicono qualcosa anche di noi, del nostro modo ambivalente di avere fede, del nostro modo di stare al mondo, del nostro modo di guardare gli altri e di stare davanti a Dio.

Il contesto è quello di un banchetto, di un pranzo o di una cena non sappiamo, ma se pensiamo che le altre due occasioni in cui Gesù viene invitato dai farisei è sempre per un pranzo (11,37; 14,1), possiamo pensare che anche questa volta sia stato a mezzogiorno. E siccome normalmente si mangia con quelle persone che condividono o desiderano condividere uno stesso modo di vedere, gli stessi valori, perché la mensa condivisa rafforza la coesione e l’identità del gruppo, invitando Gesù il fariseo dimostra un atteggiamento aperto e cordiale verso colui che chiama «il Maestro» (v.40).

La donna irrompe sulla scena di sorpresa, di fatto nessuno l’aveva invitata, eppure nessuno ha il coraggio di mandarla via. Immaginiamo la scena: in casa di Simone tutti sono sdraiati sui loro divani, com’era l’usanza romana, tutti collocati uno di fronte all’altro. La donna invece è sul pavimento, dietro a Gesù, tocca con il suo capo i piedi del maestro. Gesù sta in alto, lei in basso, il più basso possibile. Tutti si guardano in faccia, lei vede soltanto i piedi di Gesù. E tra i due c’è una comunicazione silenziosa, la donna non riesce a parlare, parlano i suoi gesti. Compie infatti quattro azioni successive che hanno al centro i piedi di Gesù: li bacia, li bagna con le lacrime, li asciuga con i capelli e li unge con il profumo.

È indubbio che i gesti della donna sono gesti insoliti, inconcepibili. Erano gli schiavi o le schiave a ungere i piedi e le mani degli invitati… ma quello che dà fastidio non sono questi gesti, il fariseo Simone è irritato dall’atteggiamento di Gesù che lascia fare, che accetta baci e carezze profumate da una prostituta!

Ma come? certe persone non dovrebbero nemmeno entrare nella nostra casa! Devono stare fuori, in casa nostra, nella nostra chiesa, entrano solo persone per bene, che si comportano bene… dal punto di vista umano e religioso è una scena «oscena». È oscena per chi si considera migliore della prostituta. Simone e con lui anche noi, guardiamo questa donna un po’ dall’alto in basso. Noi siamo migliori di lei!

Per questo Gesù avrebbe dovuto ricordarle i comandamenti e richiamarla all’ordine… secondo i benpensanti che siamo noi e che sappiamo sempre quello che devono fare gli altri, avrebbe dovuto rinviarla per un periodo di penitenza e di conversione. E invece abbiamo ascoltato parole che solo Dio può pronunciare: «Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato». La differenza evangelica è proprio qui. La donna del profumo prima ancora di essere perdonata ha dimostrato per Gesù un amore che è passato attraverso le lacrime, la donna ha pianto su se stessa, ma ha potuto farlo sapendo che di Gesù poteva fidarsi, perché Gesù è il volto di un Dio diverso da quello che hanno in testa tutti i benpensanti invitati al pranzo!

Potremmo dire che nell’incontro con la donna del profumo, come con le donne del Vangelo di Luca, Gesù rivela il femminile di Dio. Ad essa viene più facile esprimersi con il linguaggio del corpo che con un discorso ben preparato. Non ha bisogno di tante parole, perché la tenerezza non si impara dalla legge, ma esce dal cuore; non si valuta dalla norma, ma dal perdono; non si spiega partendo dagli altri, ma dal di dentro di se stessi.

Simone manca di tenerezza. Il fariseo che continua a contare i suoi meriti e a gongolarsi nella sua presunzione, finisce per essere spietato con chi è diverso da lui. Invece quella donna che è entrata in casa quasi strisciando ai piedi di Gesù, senza dignità e senza approvazione da parte degli altri invitati se ne esce in piedi, capace di amare perché è amata da Gesù e perdonata. Questa donna che aveva fatto l’esperienza di quanto scriveva Osea: Il vostro amore è come una nube del mattino… adesso ha anche compreso che il Signore vuole l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti (6,1-6). Questa è la fede che salva.

Il fariseo Simone invece esce di scena silenzioso e non sappiamo se ha raccolto quelle parole che Gesù ha rivolto a lui, al v.47, quando dopo aver detto riferendosi alla donna: Guarda che a lei sono perdonati i peccati, perché ha molto amato, dice a lui – e quindi anche a noi – : Colui al quale si perdona poco, ama poco.

A questo punto il fariseo poteva a sua volta gettarsi ai piedi del Cristo e, con grande umiltà di cuore, riconoscere di essere peccatore e così imparare a guardare gli altri non dall’alto in basso, ma ponendosi sullo stesso piano; oppure poteva chiudere lì la questione, far finta di niente e continuare come prima.

Non ci è dato di sapere, ma volutamente la questione delle coppie evangeliche lascia aperta la storia, perché quel fariseo siamo noi, così come siamo uno dei due figli, come siamo uno dei due ladroni… noi ancora oggi siamo provocati da Gesù: o prendiamo le distanze dalla misericordia e dalla tenerezza di Dio e ci irrigidiamo nella nostra religiosità formale, oppure lasciamo che scendano anche le nostre di lacrime per tutti i nostri peccati e ci mettiamo ai piedi di Gesù.

Nel momento in cui ci mettiamo ai suoi piedi, impariamo il linguaggio della tenerezza e i gesti affettuosi della misericordia che ci permettono di chinarci a nostra volta sui piedi degli altri, del nostro prossimo, ma non perché siamo degli eroi e siamo bravi. Semplicemente perché teniamo viva nel cuore la consapevolezza di essere amati e perdonati.

Ed è per questo che Paolo scrive ai Galati (2, 19-3,7):  Non vivo più io, ma Cristo vive in me. Non perché è presuntuoso, piuttosto perché a sua volta ha sperimentato di essere stato perdonato e amato da quel Gesù che perseguitava e che proprio per questa esperienza di gratuità, può far propri quei sentimenti del Cristo che ci dicono il lato femminile di Dio, amare e perdonare.