NATALE DEL SIGNORE - messa nella notte - Gv 1, 9-14


Giovanni ci dice che nonostante la luce vera quella che illumina ogni uomo sia venuta nel mondo,  il mondo non l’ha accolta.

Spontaneamente  pensiamo subito che il mondo che non accoglie siano gli altri, coloro che non conoscono il Signore, i non credenti, quelli che non sono stati battezzati, ma in realtà questa parola è rivolta a noi perché noi stessi siamo nel mondo, anzi abbiamo dentro di noi una parte di mondo che vorrebbe fare a meno di Dio.

Nonostante abbiamo il vangelo, abbiamo questa parola che è luce ai nostri passi, che si è fatta carne luminosa, ancora non riusciamo ad accoglierla e ci troviamo a camminare come su due binari paralleli: da una parte quello che crediamo e dall’altra le scelte reali, le decisioni concrete, la vita.

A parole nessuno di noi rifiuta il vangelo di Gesù: chi non conosce le Beatitudini? O la parabola del samaritano?  Chi non ricorda le ultime parole del Signore prima della pasqua sulle quali saremo chiamati a rendere conto: avevo fame e mi avete dato da mangiare; ero malato e sei venuto a trovarmi; ero forestiero e mi avete accolto?

Eppure, qualche settimana fa, quando abbiamo saputo dello sgombero di alcune famiglie romene che si sono rifugiate poi nella chiesa di s. Ignazio e i cui bambini sono stati presi a carico da alcune famiglie delle parrocchie dei dintorni, mi sono chiesto: se quelle famiglie fossero venute qui nella nostra chiesa, cosa avremmo fatto noi? Quale sarebbe stata la reazione della mia gente?

Mi pongo questa domanda insieme a voi proprio nella notte di Natale perché questo dramma dell’accoglienza e del rifiuto è di perenne attualità e ci prende tutti e se ci poniamo questi interrogativi è perché non possiamo permettere che la società dei consumi dopo averci scippato il Natale, ci stravolga anche il Vangelo.

Nei nostri giorni nonostante Dio sia sulla bocca di tanti in realtà viene rifiutato, la luce, nonostante tutti la declamino, non è veramente accolta. La croce nonostante la vogliano esibire in molti, di fatto sono pochi a portarla davvero. Perché?

Si potrebbero dare tante risposte, ma data l’ora, richiamo una cosa soltanto che mi viene suggerita dal vangelo di Luca quando riporta le parole dell’angelo a Zaccaria, nel momento in cui gli annuncia che, nonostante la sua età, avrà un figlio Giovanni.

L’angelo dice: «Egli (tuo figlio Giovanni) camminerà innanzi a lui (al Messia) con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli … e preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1, 17). La missione di Giovanni era di preparare un popolo ben disposto verso il Cristo, ma quando arriva Gesù il popolo non sembra affatto ben disposto, anzi, se guardiamo la storia del mondo, il popolo non è mai ben disposto e questo lo possiamo dire anche di noi.

Perché? La motivazione che ci viene data dal vangelo di Luca, è perché i cuori dei padri non sono stati ricondotti verso i figli. Curiosa questa affermazione e mi ha fatto pensare molto in questi giorni. Perché l’angelo di Dio afferma che Giovanni preparerà un popolo ben disposto solo quando i cuori dei padri saranno ricondotti verso i figli?

Noi ci saremmo aspettati l’esatto contrario: un popolo è esemplare quando i cuori dei figli vengono ricondotti verso i padri, perché di norma sono i figli a disobbedire, a deludere, a non essere mai all’altezza delle aspettative, a trasgredire. Sono loro i figli a doversi rimettere in carreggiata secondo le aspettative dei padri.

Invece l’annuncio evangelico opera un’importante spostamento di prospettiva: Gesù non viene semplicemente ad insegnare dei buoni valori di convivenza o di buona educazione: per questo non c’era bisogno si scomodasse il Padre eterno e tanto meno c’era bisogno che mandasse il Figlio peraltro a morire sulla croce.

Se il Signore chiede che i cuori dei padri siano ricondotti verso i figli, questo ci fa pensare che i cuori dei padri si siano induriti, ripiegati sul loro particolare e non abbiano più speranza né futuro, siano cuori ormai senza compassione, senza misericordia.

I cuori di molti padri – e la triste cronaca di questi mesi lo mette in evidenza – sono malati di narcisismo e devastati dal vizio, dalla turpitudine. Cosa possiamo attenderci per il futuro dell’umanità se questi sono i cuori dei padri?

Certo fa bene ed è utile lasciare se è possibile un bel patrimonio ai figli … salvo che poi essi stessi sappiano non litigare e dividersi, ma il vero patris munus il vero dono del padre, è la responsabilità, è trasmettere la visione di un mondo più equo, più giusto, più rispettoso del creato, dell’ambiente, della libertà, delle idee dell’altro.

Il vero dono del padre è percorrere quelli che la prima lettura ci ha presentato come i sentieri di Isaia (come amava definirli Dossetti): spezzare le spade per farne aratri e le lance per farne falci.

Spezzare le spade significa trasformare la divisione e l’odio in convivenza e convivialità. Le spade si spezzano vincendo i pregiudizi e le paure con la cocciutaggine del dialogo e la perseveranza nell’ascolto.

Percorrere i sentieri di Isaia significa anche spezzare le lance in falci, ovvero anziché costruire strumenti di guerra, come i 131 cacciabombardieri che non servono assolutamente a nulla per 14 miliardi di euro, e realizzare piuttosto strumenti di lavoro.

Il cristianesimo non è soltanto questione di radici, di patrimonio culturale. Non è soltanto riti e tradizioni, il vangelo non è un monumento storico da proteggere contro i miscredenti o i diversamente credenti …

È un tesoro vivo portato da uomini e donne impegnati a costruire una società più giusta, più fraterna, più sobria.

Su questi sentieri inaugurati da Isaia e percorsi dal Cristo, ci possiamo stare tutti: sia chi è sicuro delle proprie convinzioni, come chi è attraversato dai dubbi; chi è impegnato nella Chiesa e chi sta esitante sulla soglia …

A noi discepoli di Gesù, forse come non mai nella storia dell’umanità, è chiesto di avere a cuore la costruzione di un mondo più unito, se è vero che la luce di Betlemme riverbera sul volto di ogni uomo, come dice il vangelo.

Che il Signore doni anche a noi, a ciascuno di noi, come ai pastori venuti ad inchinarsi davanti al bambino del presepe, di percorrere i luminosi sentieri di Isaia.