I DOPO LA DEDICAZIONE - Domenica del mandato missionario - Mc 16, 14b-20


(At 8, 26-39; Mc 16, 14-20)

Ricorderete come la prima parola che Gesù rivolse ai discepoli sulle rive del lago di Tiberiade era stata: «Venite e vedete…», l’ultima invece è quella che abbiamo udito oggi: «Andate e annunciate…» e che dà il senso alla giornata missionaria.

I discepoli possono ascoltare l’imperativo di Gesù che li sospinge ad andare, perché prima hanno accolto l’invito a stare con lui, lo hanno seguito, hanno visto e sentito cosa faceva il Signore, hanno toccato con mano la sua libertà che gli permetteva di andare incontro a tutti, poveri e ricchi, malati e sani, religiosi e ipocriti … gli permetteva di prendersi cura di coloro cui nessuno dava retta, fossero essi lebbrosi o samaritani, comunque persone che non contavano. Insomma quando Gesù dice ai suoi: Andate e annunciate il Vangelo, essi sanno bene cosa significhi e a che cosa possono andare incontro!

Quando Marco scrive che Gesù siede alla destra del Padre, non vuol dire: fino a qui sono arrivato io, adesso andate avanti voi. Che il Cristo sieda alla destra del Padre, non indica la sua inoperosità. Se è vero che questa è l’ora in cui Gesù siede nella gloria di Dio ed è l’ora in cui i discepoli partirono e predicarono dappertutto, come dice Marco, subito però aggiunge: mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Non c’è un passaggio di testimone, ma un coinvolgimento da parte di Gesù dei suoi discepoli a continuare a fare l’azione storica che lui ha compiuto negli anni del suo ministero: andate e annunciate il Vangelo, ma io sono con voi e la verità della riuscita della missione è data dal fatto che il Signore conferma la Parola con i segni che la accompagnavano. E quali erano questi segni?

La domanda è importante anche per noi in un tempo in cui ammiriamo i missionari che vanno nei Paesi in via di sviluppo a portare il Vangelo, ma guardiamo con diffidenza ogni forma di proselitismo e prendiamo le distanze da tutti coloro che, approfittando magari di un nostro momento di debolezza, ci presentano facili soluzioni e sbocchi nei loro gruppi o quant’altro.

Da cosa possiamo sapere dunque se Gesù opera insieme con noi, o meglio se noi siamo sulla strada giusta indicata da lui? Ed è qui che viviamo la fatica più grande nella nostra Chiesa, ma direi della Chiesa di sempre al punto che anche l’ultimo Sinodo dei vescovi aveva a tema la cosiddetta nuova evangelizzazione.

Gesù indica alcuni segni nella pagina di oggi, che sono gli stessi segni che accompagnavano la sua missione. Non sono miracoli o effetti speciali, ma «segni» che confermano un cambiamento.

Sono cinque realtà molto concrete che ci appaiono come un po’ incontrollabili e in qualche modo ostili, cose di cui generalmente si ha paura e sono: scacciare i demoni, parlare nuove lingue, prendere in mano i serpenti, bere veleno e curare i malati.

Proviamo a leggere questi segni in chiave positiva per renderci conto che sono i segni dell’amore, della cura, della condivisione, di un nuovo modo di vivere, sono i segni che confermano che quella è la strada del Vangelo.

Ad esempio, lo scacciare i demoni non è cosa che riguarda solo gli esorcisti, ma quando aiuti un altro a vincere il male o la tristezza che lo perseguita, quello è vangelo. Quando aiuti l’altro a liberarsi dalla negatività che abita in lui, dai fantasmi cui uno dà diritto di cittadinanza e che lo rendono schiavo e pieno di paure, annunci il regno di Dio. Pensiamo al servizio prezioso di chi si occupa della psiche umana, ma anche quando più semplicemente aiutiamo uno a ritrovare un po’ di fiducia in se stesso.

Così quando Gesù afferma che parleranno lingue nuove. Cos’è questa pentecoste permanente se non il parlare quel linguaggio, che tutti comprendono, dell’umanità vera e autentica? Quando di fronte alle parole arroganti del prepotente, di fronte al «così fan tutti», di fronte alle chiacchiere che dividono, alle parole inutili del pettegolezzo e della critica vile il tuo parlare è «sì» e «no», fai tuo il linguaggio della mitezza e della semplicità.

Ne abbiamo ascoltato un esempio straordinario nella lettura degli Atti. Come non ammirare la bellezza di quel battesimo fatto in un ruscello lungo la strada: forse i nostri liturgisti avrebbero da ridire perché non è stato rispettato tutto l’apparato del rito e delle cerimonie, ma quello che conta sono state le parole di Filippo che a partire da quel passo della Scrittura, annunciò a lui (all’Etiope) Gesù al punto che all’Etiope non sembrò vero di potersi immergere nella vita del Cristo!

E così, quando si tratta di prendere in mano i serpenti: cos’è il serpente se non l’immagine di un male che striscia laddove mettiamo i piedi nel nostro incedere quotidiano? Il male lo vinci non se hai paura, ma appunto, come fanno quegli abili esperti prendendo in mano il serpente, cioè guardando in faccia le nostre paure, i nostri sensi di colpa, il rimorso che ci opprime. Oggi sono tanti i mali che avvelenano la convivenza civile: la corruzione, la bramosia di denaro, di potere… nessuno è esente da queste tentazioni, ma le vinciamo se impariamo dal Cristo che non è mai sceso a compromesso col potere.

E qual è l’antidoto al veleno dell’interesse e dell’utile che intossica le nostre relazioni se non la gratuità, il disinteresse, il dono che per Gesù arriva fino al dono di sé, della sua stessa vita? La generosità è un bene raro in tempi difficili per l’economia, ma è Vangelo per chi sta nell’angoscia del domani.

E poi annunciamo il Vangelo quando ci prendiamo cura dei malati, che significa abbandonare l’ebbrezza dei super uomini e lo stordimento delle star, quando vinciamo il narcisismo dell’apparire… per ascoltare il grido di fatica, di dolore magari della persona che sta sul nostro stesso pianerottolo. Quando guardiamo l’altro negli occhi e il suo sguardo rivela la nostra comune condizione di fragili figli amati dal Padre.

Ecco sono i cinque segni che Gesù ci indica come criterio di verità della nostra fede. Non credo che il Signore li esiga da noi tutti e cinque insieme, probabilmente basterebbe anche uno solo di questi per confermare che non stiamo cercando il nostro successo, non lavoriamo per il consenso a tutti i costi, non ci interessa di essere in tanti e di vantarci dei numeri. Ma ci interessa solo il Vangelo. Il Vangelo e nient’altro!

Gesù non dice: organizzate, occupate i posti chiave, mettete al potere tutti quelli che la pensano come voi … ma «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».

Non annunciate le vostre idee più belle, non la soluzione di tutti i problemi, non una politica o «una» teologia, non un gruppo o un movimento, queste sono cose belle, ma sono strumenti e sono veri solo se al servizio dell’unica parola che conta e che può salvare, il Vangelo.