II DI QUARESIMA o Domenica della Samaritana - Gv 4, 5-42


audio 13 mar 2022

Secondo una tradizione, più o meno leggendaria, il 13 marzo dell’anno 51 l’apostolo Barnaba sarebbe giunto nei pressi di Milano per predicare il Vangelo e vedendo un gruppo di persone adorare una pietra rotonda, prese due bastoni ne fece una croce e la infilò nella pietra. La leggenda dice che appunto la croce fiorì, qualche giorno appena prima dell’inizio della primavera.

L’ingresso di san Barnaba pare avvenne in zona di Porta Ticinese e da lì il Vangelo sarebbe appunto entrato in città, dove qualche tempo dopo sarebbe stata fondata la chiesa di sant’Eustorgio. Non a caso i nuovi vescovi di Milano fanno il loro ingresso in diocesi proprio a partire da lì per arrivare fino al Duomo.

Quest’anno la seconda domenica di Quaresima, domenica della Samaritana, cadendo proprio il 13 marzo[1], giorno in cui la nostra città ricorda l’inizio dell’annuncio del Vangelo, costituisce un invito a tornare anche noi al pozzo del nostro primo incontro col Signore.

Abbiamo bisogno di tornare alla sorgente, alla fonte perché il cammino è duro, la vita è difficile, la storia che viviamo ci prosciuga di ogni speranza.

Come la donna Samaritana abbiamo sete di amore, di fiducia, di pace per il futuro.

Ma non siamo solo noi ad avere sete, il vangelo ci dice che Gesù stesso ha sete, anzi è lui per primo a chiedere da bere. Per cui non si capisce più ad un certo punto chi abbia dell’acqua, se la donna sia riuscita ad attingere al pozzo, non sappiamo nemmeno se Gesù abbia bevuto… La sete d’acqua di Gesù dice di un’altra sete.

Come quando sulla croce, nell’ora del Calvario, ormai in agonia dirà: Ho sete (Gv 19,28). Anche in quell’occasione la reazione dei soldati fu del tutto ovvia: gli diedero aceto da bere, pensando all’arsura di un crocifisso. Ma la sete di Gesù era di portare a compimento il suo amore, di donare il suo Spirito, come infatti scrive Giovanni: Chinato il capo consegnò lo spirito (19,30).

Nei due racconti c’è come uno schema: prima Gesù rivela la sua sete, una sete umanissima, dato il contesto. A questa sete sia la donna che i soldati rispondono alla loro maniera perché intendono che abbia sete di acqua. In realtà, terzo elemento: sia alla donna di Samaria, sia sulla croce Gesù esplicita che la sua sete è donare l’acqua viva, donare lo Spirito.

I due momenti della vita di Gesù, letti in parallelo ci permettono di capire quale sia il desiderio profondo di Gesù. La sua sete è la sete di consegnare lo Spirito, di trasmetterlo, di comunicarlo. La sua sete è di fare dono dello Spirito, l’acqua viva capace di dissetare la nostra sete.

Tornare alla sorgente della nostra fede, significa tornare qui al dono dello Spirito, a questa sorgente. Certo il pozzo come il tempio segnano le tappe del cammino, della fede. Così come i nostri santuari o le chiese cui siamo legati affettivamente e spiritualmente, ma non possono ritenersi assolutizzazioni dell’incontro con Dio.

I samaritani si vantano del Garizim, i giudei ripongono la loro fiducia sul monte Sion. Gesù fa la sua scelta e li rifiuta entrambi. Perché questa è l’ora in cui né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre. Viene l’ora ed è questa in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Perché Dio è spirito.

Giovanni che scrive alla fine del primo secolo, mette in luce la tentazione sempre presente nei discepoli di Cristo di tornare al tempio, di ricostruire il culto antico, di darsi quelle certezze che tanto affascinano le persone religiose. Al punto che quando Giovanni nell’Apocalisse ritrae la Gerusalemme celeste la descrive priva del tempio, perché Dio stesso la riempie con la sua presenza, con il suo Spirito.

Il tempio ad un certo punto è più un ostacolo che un aiuto ad amare Dio, perché fosse stato per il tempio, quella donna meritava ben altra sorte. Invece la sete di Dio, che Gesù incarna, è la sete di riempire d’amore, di pace e di vita la sete di quella donna. E questo non avviene nel tempio. Ma nell’incontro, nel rispetto, nell’ascolto, nel dialogo.

Nel discorso della Montagna, che la liturgia feriale della quaresima ci propone, Gesù non raccomanda affatto di portarsi nella sinagoga, di andare più spesso al tempio, ma di essere giusti, misericordiosi, pacificatori… tutte opere buone che rendono il vero culto a Dio.

Dio non ha preferenze di luoghi e di edifici, il vero culto è quello che ci ricordava Paolo scrivendo ai Galati: chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. Non stanchiamoci di fare il bene.

I veri adoratori sono coloro che assecondano lo Spirito di Dio che chiede di agire senza stancarci mai di fare il bene.

Questa è l’ora dello Spirito anche per noi. Proviamo a pensare che il Signore oggi si sieda accanto a te, a me, a lei… e ci dica: Giuseppe, ho sete. Maria, ho sete. Michele, ho sete. Paola, ho sete.

La sua sete è arrivare a tutti con quell’acqua viva che è il dono dello Spirito, ciò che di più prezioso egli abbia da donarci. La sete di Cristo è sete di pace, di giustizia, di misericordia per questo nostro mondo.

Ma noi? Siamo ridotti ciascuno a pensare a se stesso, alla propria sete, a quella del proprio piccolo mondo. Vedete non ci mancano templi, né chiese, né pozzi… ci manca lo Spirito di Gesù, la sua visione delle cose, la sua intelligenza, la sua pazienza che lo ha fatto stare lì ore al pozzo di Giacobbe a parlare con quella donna e non ha avuto bisogno di fare un sinodo, tanto era abituato a dare importanza al dialogo e all’ascolto, al rispetto.

Questi sono i canali attraverso i quali l’acqua dello Spirito può entrare nelle menti ciniche e irrigare i cuori aridi. Se le nostre preghiere e i nostri atti di culto non ci fanno crescere nel rispetto, nell’ascolto e nel dialogo, non possiamo immaginare un futuro di pace per il nostro mondo?

Lo Spirito di Gesù ha bisogno che noi apriamo i canali del rispetto, dell’ascolto e del dialogo perché attraverso di essi possa immettere l’acqua del suo Spirito che sola può trasformare il deserto in giardino, può cambiare la violenza in riconciliazione e l’aggressività in pace.

(Gal 6,1-10; Gv 4,5-42)

[1] Ricorre oggi anche il 9° anniversario di elezione di papa Francesco.