ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - Lc 1, 39-55
(Ap 11, 19-12, 1-6.10; Lc 1, 39-55)
Due cose vorrei chiedere al Signore oggi, le chiedo per me e per ciascuno di noi. La prima cosa che domando al Signore è di imparare dall’atteggiamento di Maria così come lo abbiamo potuto cogliere nel Vangelo di oggi, nella preghiera del Magnificat: chiediamo al Signore di saper trovare le parole per dire «grazie»!
Ecco, noi che sempre abbiamo da domandare, da chiedere – e chi oggi non ha un qualche motivo per intercedere se non per sé, per le situazioni di casa o di persone che conosciamo? -. Noi che spesso ci rivolgiamo a Maria per affidarle le nostre angosce e i nostri dolori… dobbiamo imparare da lei a non indugiare al lamento, alla tristezza, ma a saper cantare, a saper dire anche noi il nostro «Magnificat».
Con una certa audacia proviamo a metterci nelle sue condizioni. Maria avrebbe potuto dire parole di desolazione: «Ma guarda cosa mi succede, proprio a me doveva capitare?», «Cosa dirà la gente?». Oppure poteva essere preoccupata per il futuro della creatura che portava in grembo: «Chissà che sarà di lui… crescerà bravo, sarà sano? Sarà amato? Riuscirà nella vita?». Questi sono i nostri sentimenti più frequenti e diffusi.
Non solo, ma mi viene da pensare che Maria avrebbe anche potuto inorgoglirsi e dire: «Sono una privilegiata, nessun’altra donna è come me… mi invidieranno tutte le altre del villaggio»… e invece lei non dice nemmeno: «Io magnifico il Signore», ma «L’anima mia magnifica il Signore», come se volesse dire: non sono nemmeno in grado di dire «io»! Perché quando uno ci fa del gran bene, tutta la nostra persona si sente come attratta a lui e diciamo: È una grande persona! Che è appunto come dire: L’anima mia magnifica il Signore! Così quando Elisabetta le dice: Benedetta tu Maria tra le donne… lei non accetta l’attenzione centrata sulla sua persona, anzi subito sposta lo sguardo sulla grandezza di Dio, a lui va tutta la nostra riconoscenza. È una «lieta passività» come dice Lutero.
Vi invito davvero a chiedere questa conversione «teologica», perché anche noi corriamo il rischio di guardare Maria isolandola dal disegno di Dio e di cedere a quel sentimentalismo che viene dal nostro bisogno di protezione, di accudimento, dal nostro eterno bisogno di una madre, ma poi non impariamo nulla da lei!
Infatti se noi guardiamo a ciò che di Maria dice la parola di Dio, possiamo correggere questo errore perché cosa fa Maria con il Magnificat ? non fa altro che aiutarci a conoscere bene il volto di Dio. Lei stessa spostando il nostro sguardo dice: Magnifichiamo insieme il Signore che ha fatto questo e quest’altro…
Magnificando il Signore ci rendiamo conto di una cosa straordinaria, di una cosa sempre nuova, che è il cuore stesso del Vangelo che Gesù tradurrà in gesti e parole, ovvero che Dio è colui che guarda gli umili, i miti, i semplici e i disprezzati.
Lo dico per assurdo, ma per avere più successo l’Eterno avrebbe dovuto scegliere la figlia dell’imperatore o avrebbe dovuto cercare una donna nobile della Galilea per far nascere il suo «royal baby» in un contesto più aristocratico… e invece Maria si rende conto che Dio rovescia le categorie mondane del successo e del potere, l’Eterno guarda il cuore dell’umile.
E lì c’è posto per tutti. Per me, per te, per il vicino della porta accanto che ti è antipatico, per quello che ti ha fatto una scorrettezza… mi viene da dire che prima o poi la vita ci fa fare l’esperienza dell’umiltà, ci fa fare i conti con la nostra fragilità, la nostra pochezza, la nostra reale consistenza, quella che magari per lunghi anni nascondiamo dietro insegne, titoli, curricula … L’umiltà, ci insegna Maria, è cosa delicata e preziosa, al punto che non può sopportare la vista di se stessa.
Non è anzitutto una posa dettata dalla volontà, ma dallo sguardo… per cui, come diceva l’Apocalisse tu puoi essere come quella donna vestita di sole (e questa donna vestita di sole per Giovanni è la Chiesa stessa che conosce la persecuzione), puoi avere a che fare con l’enorme drago rosso, il mostro con sette teste e dieci corna… ovvero con le convulsioni della storia, con i mille problemi della vita e le sue contraddizioni… Perché è vero alcune volte nella vita ci sembra di avere a che fare con dei mostri più grandi e potenti di noi, però ci insegna questa ragazza di Nazaret, se il cuore è rivolto a Dio, se lo sguardo è umile nella fiducia in Lui, sappiate che la prova dura 1260 giorni, dice l’Apocalisse, ovvero dura tre anni e mezzo, cifra simbolica (è la metà del numero 7 della completezza) per dire che non è per sempre! Ecco questa è la prima cosa che chiedo al Signore, proprio l’umiltà che ci insegna Maria per stare nella vita con questo sguardo che sa vedere nonostante le nostre difficoltà, i nostri problemi… la fedeltà dell’Eterno.
Poi, c’è una seconda cosa che mi viene suggerita dalla vita di queste settimane, nel senso che non possiamo celebrare questa festa dell’assunzione di Maria, di colei che è già partecipe della risurrezione di Gesù, senza ascoltare il grido di dolore che sale da tante donne che subiscono violenza, che sono sfruttate o che addirittura vengono uccise per una passione sbagliata, al punto che abbiamo coniato un neologismo il femminicidio.
Accogliamo l’annuncio evangelico e sgombriamo la nostra fede dal pregiudizio della sottomissione e della rinuncia della donna cui anche noi credenti spesso abbiamo indugiato in nome di un falso spiritualismo.
Maria è piuttosto una donna coraggiosa e non parla affatto di rassegnazione, di paura… piuttosto parla di un Dio che disperde i superbi nei pensieri del loro cuore: e non sono superbi coloro che si sentono superiori alla donna, che è dono di Dio?
Maria canta di un Dio che rovescia i potenti che si sono innalzati troni: non sono prepotenti coloro che pensano di essere padroni del corpo e di diventarlo anche dell’anima di una donna?
Maria infine annuncia la promessa di un Dio che svuota le mani dei ricchi, sì, proprio di coloro che avidamente pretendono prestazioni senza amore, perché incapaci di costruire relazioni umane.
Questi soggetti, che chiamiamo troppo facilmente «mostri», non sono semplificazioni lombrosiane, personaggi abbruttiti e abitualmente violenti. Sono persone che studiano, lavorano, guadagnano, si vestono bene… eppure coltivano dentro di sé la convinzione che la donna sia un oggetto a loro disposizione e per questo sono uomini tragici e pericolosi mascherati da persone prevedibili, capaci di violenza proprio perché non riconoscono il dono di Dio e trattano l’altra come oggetto, accecati dall’ossessione, dall’orgoglio e dall’egoismo.
Maria dà voce al grido di tante donne, perché si convertano i cuori degli uomini.
Maria è anche il grido di Dio perché ridiamo dignità e rispetto al suo dono, e nella festa dell’Assunta celebriamo la ricomposizione di quell’unità di anima e di corpo da custodire ogni giorno nel pudore, di cui Maria è icona anche per noi.
Scriveva nel suo Magnificat Alda Merini:
«Io, Maria,
sono il tuo grido, o Signore.
Col tuo grido mariano
Tu hai sconvolto le genti,
con i veli della mia castità
hai messo pudore
dove c’era vizio e odio» (Magnificat, 151).
Che sia così anche per noi, e tu Maria, intercedi per questa nostra umanità.