Giovedì della Settimana autentica - Mt 26, 17-75
Luca non è stato uno dei discepoli, né degli apostoli che hanno conosciuto e seguito Gesù, questo evidenzia ancora di più la sua difficoltà nel dare una spiegazione chiara, come vorremmo, di ciò che va accadendo. Forse è l’amico medico, compagno di Paolo, forse è un discepolo di terza generazione…
Luca, pur non avendo conosciuto direttamente Gesù, ne ha fatto una ricerca e un’indagine accurata, come dice all’inizio al cap.1.
Lungo tutto il suo Vangelo, Luca racconta di Gesù che non ha mai sopportato i violenti e gli arroganti. Il suo è il vangelo della tenerezza, della misericordia… del Samaritano e del Padre misericordioso…
È il vangelo dell’amicizia (Marta e Maria), è il vangelo nel quale le donne hanno un ruolo particolare. È il Gesù della pianura e della preghiera. Non è la storia di un eroe, ma di un uomo che ha uno sguardo profondo sulla vita.
Nei capitoli 22-23 ci troviamo di fronte al mistero presente nella vita di tanti uomini e tante donne che soffrono ingiustamente. Il male è sempre ingiusto.
Al v.3 dice che Satana entrò in Giuda, il male entra nella vita. Il male è violenza e arroganza, perché quando entra il male in una persona, in una situazione, tutto va in confusione e il quadro che narra Luca va esattamente in questa direzione: si intrecciano tutte le declinazioni del male: tradimento, violenza, soldi, ambizioni…
Infatti Luca dice come mentre le acque sono agitate (22,1)… tuttavia si avvicina la festa di Pasqua, la festa di primavera. Nonostante tutto quello che sta accadendo, comunque è primavera, la festa della vita, il tempo della trasformazione.
Forse solo così possiamo capire perché la vita di Gesù si conclude in questo modo, se diamo credito alle parole di Isaia 55,8-9: I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie, dice il Signore.
Qual è il sentimento prevalente in Gesù durante l’ultima cena? A sembra che traspaia un sentimento che non saprei bene come definirlo di nostalgia, di malinconia, di tristezza…
È un banchetto che sa di qualcosa di incompiuto, come se si fosse sospesi e dovessimo aspettare che qualcosa debba ancora accadere.
È questa ‘tristezza’ la forza polemica di Gesù. La sua non è una polemica ideologica, ma è una polemica per tristezza perché pur sentendosi solo in questa passione, non cede di un passo nella sua determinazione ad amare, nonostante qualcuno continui a dire che hanno ragione loro!
Non ha neanche la comprensione dei discepoli che stanno lì a discutere e a chiedersi chi di loro sia il più grande!
Qui si condensa tutto il vangelo, con Gesù che ancora ai vv. 25-27 cerca di spiegare: Voi però non fate così.
Vi avevo chiesto di non portare né borsa né sandali… e non vi sarebbe mancato niente. Senza sandali perché ora la terra è abitata dal cielo, dalla Shekinah… con la presenza di Gesù non c’è bisogno di tante altre cose.
Ebbene qual è la risposta di Gesù all’incomprensione, al male che entra in Giuda e dentro il gruppo? Il male entra in Giuda, Gesù entra nel giardino del Getsemani per pregare, per stare con il Padre, é l’unico di cui possa fidarsi.
Il giardino luogo dell’incontro col Padre, della preghiera al Padre, diventa il luogo della nuova creazione, di una nuova possibilità, di una trasformazione.
L’arte e l’iconografia lo dipingono come un luogo oscuro, buio perché il tradimento avviene proprio lì di notte, ma in realtà è il luogo della primavera, della nuova vita.
Si apre un modo di vivere differente e come in un parto ci sono dei dolori da attraversare.
Si ripete l’oscurità ogni volta che ci sono uomini e donne che soffrono e che amano. Quando incombe la tristezza, i discepoli dormono, cosa d’altronde molto umana e molto comune.
Mentre la moltitudine viene avanti… uno dei suoi lo tradisce con un bacio. Gesù non si arrabbia, non litiga, non compie un passo falso di ira o di rabbia… il male moltiplica la paura, ma Gesù ancora guarisce! (Luca è medico).
Due consegne.
Due cose vorrei affidare alla vostra riflessione: la prima è un sentimento/emozione e la seconda un’immagine per gli occhi.
- Contempliamo il sentimento di Gesù, ovvero la sua nostalgia, la sua tristezza di fronte al male, quella che abbiamo respirato nell’ultima cena.
C’è un male che lo circonda (stanno per arrestarlo) e c’è un male dentro il cenacolo (tradimento, rinnegamento e ambizione), e Gesù risponde con una tristezza che sa rendere feconda, non deprimente… è la dignità di chi sa stare nel fallimento, dell’abbandono, nell’ingiustizia.
- Custodiamo nello sguardo l’immagine di Gesù nel giardino degli Ulivi: quel luogo di preghiera è di rinascita. Da lì nasce la primavera… dal rapporto con Dio, dalla preghiera.
Anche noi abbiamo bisogno di un luogo, di uno spazio, di un tempo di intimità con Dio, di preghiera per poter assumere la dignità del Cristo quando attraversiamo il buio, l’oscurità intorno a noi e dentro di noi.